domenica 4 gennaio 2015

Un mondo fisico algoritmicamente comprimibile.

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Sappiamo che il mondo presenta dei particolari processi caotici che non sono algoritmicamente riducibili, proprio come esistono operazioni matematiche che non sono calcolabili. Ed è proprio questa visione fugace della casualità che ci dà un'idea di come potrebbe essere un mondo totalmente irriducibile. I suoi scienziati non sarebbero matematici ma bibliotecari, e catalogherebbero un fatto dietro l'altro senza che tra essi ci fosse alcuna connessione; il guaio è che i fatti, come qualcuno ha rilevato una volta, sono incredibilmente numerosi.
Vediamo la scienza come tentativo di ridurre algoritmicamente il mondo dell'esperienza, e la ricerca di un'unica Teoria del Tutto in grado di render conto di tutti i fenomeni come l'ultima espressione della profonda convinzione di alcuni scienziati che la struttura dell'Universo, nel suo complesso, possa essere algoritmicamente ridotta. Ma riconosciamo che la mente umana gioca un ruolo non irrilevante in questa valutazione. Inestricabilmente legata all'apparente riducibilità algoritmica del mondo, è la capacità della mente umana di operare riduzioni. Il continuo processo di selezione naturale ha, almeno in parte, affinato le nostre menti e le ha portate all'attuale stato evolutivo. La sensibilità della mente umana nei confronti dell'ambiente e la sua capacità di sopravvivenza è ovviamente collegata alla sua abilità nell'operare riduzioni algoritmiche. Più un organismo è capace di immagazzinare e codificare la propria esperienza del mondo naturale, più è in grado di combattere i pericoli che l'ambiente presenta. Nella fase più recente della storia dell'uomo come homo sapiens, questa abilità ha raggiunto nuovi livelli di sofisticazione. Siamo ormai capaci di pensare all'atto stesso del pensare. Invece di apprendere semplicemente dall'esperienza, come è sempre avvenuto nel processo evolutivo, abbiamo ora la capacità mentale di simulare o immaginare i possibili risultati delle nostre azioni. Con questo sistema la nostra mente simula l'esperienza passata all'interno di nuove situazioni. Ma per fare questo correttamente è necessario che il cervello sia finemente calibrato: è ovvio che la capacità mentale deve essere superiore a un certo livello per poter generare un'efficace riduzione algoritmica e i nostri sensi devono essere ricettori abbastanza sensibili da raccogliere una quantità significativa di informazioni dall'ambiente, ma intuiamo facilmente perché non siamo diventati troppo bravi in questo. Se infatti i nostri sensi fossero così affinati da raccogliere tutte le informazioni possibili dalle cose che vediamo o sentiamo (tutte le minuzie dell'ordinamento atomico), la nostra mente sarebbe sovraccarica di informazioni. L'elaborazione sarebbe più lenta, i tempi di reazione più lunghi, e sarebbe necessaria tutta una serie di circuiti aggiuntivi per vagliare le informazioni e distribuirle a vari livelli di intensità e profondità. 
Il fatto che la nostra mente accetti di avere dei limiti nel raccogliere informazioni e nello sviluppare le sue capacità di elaborazione, significa che il cervello effettuerebbe una riduzione algoritmica sull'Universo anche se questo non fosse intrinsecamente comprimibile. In pratica il cervello compie questa operazione per troncamento. Senza alcun aiuto, i nostri sensi sono soltanto capaci di assorbire al massimo una certa quantità di informazioni sul mondo, fino ad un certo livello di risoluzione e di sensibibilità. Anche quando utilizziamo sensori artificiali come i telescopi e i microscopi per ampliare il raggio d'azione delle nostre facoltà, questa eestensione presenta sempre dei limiti fondamentali. Spesso questo processo di troncamento viene formalizzato e diventa una branca della scienza applicata. Un buon esempio a tale riguardo è la statistica. Quando studiamo un fenomeno ampio o molto complicato, a volte tentiamo di ridurre algoritmicamente le informazioni che abbiamo a disposizione utilizzando una campionatura selettiva. Coloro che sono incaricati di fare un sondaggio per sapere che cosa voterà il pubblico alle elezioni, dovrebbero in teoria chiedere ad ogni singolo abitante del paese per chi voterà. In parica lo chiedono ad una sezione rappresentativa della popolazione e invariabilmente ottengono una previsione sorprendentemente buona dei risultati completi delle elezioni. 
Dato che il mondo fisico è algoritmicamente comprimibile, la matematica è utile per descriverlo: è infatti il linguaggio dell'abbreviazione delle sequenze. La mente umana ci permette di entrare in contatto con quel mondo perchè il cervello possiede l'abilità di comprimere sequenze complesse di dati sensoriali in una forma abbreviata (ridotta). Queste abbreviazioni fanno sì che esistano il pensiero e la memoria. I limiti naturali di sensibilità che la natura impone ai nostri organi sensori, ci impediscono di sovraccaricarci di informazioni sul mondo. Questi limiti funzionano come valvole di sicurezza per la mente. Tuttavia dobbiamo ancora tutto alla notevole capacità del cervello di sfruttare la riducibilità algoritmica del mondo. E la cosa più sorprendente è che il cervello è uno stato più complesso ed evoluto di quello stesso mondo la cui complessità cerca di comprimere, anche se non conosce ancora bene la propria, di complessità. 

(Tratto da: "Perchè il mondo è matematico?" di John D. Barrow, Editori Laterza, Roma, 1992, pp. 94-97)

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