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Lo psicologo svizzero Jean Piaget ha elaborato un quadro assai convincente del modo in cui i concetti matematici si evolvono e si radicano nella mente del fanciullo, nei suoi primi anni di formazione. L'estensione di questo modello allo sviluppo di ogni altra forma cognitiva (come l'intende Piaget) risulta piuttosto precaria, ed è dubbia l'opportunità di applicarlo a culture troppo lontane da quelle europee, in cui Piaget fece le sue osservazioni; nondimeno la descrizione dello sviluppo che ne discende è persuasiva.
Secondo l'idea di base di Piaget, tutto ciò che sappiamo del mondo e gli stessi itinerari lungo i quali perveniamo a tale conoscenza derivano, almeno nelle prime fasi, dalle nostre azioni fisiche sulle cose: dal fatto di afferrare, toccare e maneggiare gli oggetti. I bambini che hanno meno di due anni toccano gli oggetti, li tengono in mano e imparano a riconoscerli dopo esserne stati separati; in tal modo sviluppano un attaccamento personale alle cose, ma soltanto dopo i diciotto mesi circa comincia una fase essenziale del loro sviluppo psicologico; si accorgono che una cosa è la stessa quando si sposta altrove o quando la rivedono in un momento successivo, e quindi cominciano a comprendere che le cose hanno un qualche tipo di esistenza indipendente dalle loro azioni su di esse. Ora possono pensarle come oggetti a pieno titolo, e confrontarle con altri oggetti. Così i bambini acquistano la capacità di raggruppare insieme cose simili: tutti gli animali dotati di pelliccia, o tutte le automobili, possono essere riuniti in una collezione. Questa capacità di raggruppare dimostra che si è pervenuti al concetto di insieme, o classe di oggetti simili; da questo si può passare all'idea che alcune collezioni sono più grandi o più piccole di altre. All'inizio la valutazione sarà basata più che altro su impressioni: un bambino a cui vengano mostrati due gruppi di cioccolatini può essere indotto a scegliere quello che ne comprende di meno, se è disposto in modo da coprire un'area maggiore o da sembrare "più grande" per qualche altro aspetto che salta subito all'occhio. A questo stadio si manifestano soltanto una nozione generale di quantità e una capacità di distinguere numeri piccoli; non c'è alcuna nozione di una sequenza uniforme di grandezze determinata dall'addizione ripetuta di un'unica quantità. Questa capacità si sviluppa , agli inizi, come capacità soprattutto linguistica di imparare a memoria i numeri. Soltanto verso i quattro o cinque anni di età l'apprendimento meccanico dei numeri comincia ad essere collegato alla precedente identificazione di collezioni e insiemi di oggetti; allora il bambino comincia a capire che la successione dei numeri può essere trasferita mentalmente facendola corrispondere a una disposizione di oggetti in modo che l'ultimo numero contato nella sequenza dia il numero totale degli oggetti (1). Inoltre queste operazioni non dipendono da altre proprietà delle cose contate. Verso i sei o sette anni di età, possono entrare in gioco nozioni più elaborate: il bambino è in grado di contare due collezioni diverse e, a differenza dei compagni più piccoli, è in grado di confrontarle e di identificare con sicurezza quella che contiene un maggiore numero di oggetti, senza farsi fuorviare dalle loro dimensioni. Questo procedimento rappresenta una novità, perché significa che nella mente si sono formate due immagini che possono essere confrontate anche se le collezioni reali non sono più sotto gli occhi, l'una accanto all'altra.
In seguito a questo passo, operazioni più complicate possono essere eseguite, trasferite ad altre situazioni o impiegate in riferimento a collezioni di oggetti reali. In questa fase vengono gettate le basi del ragionamento matematico: questo ha avuto origine dalla manipolazione di oggetti consueti, ma il processo è stato gradualmente interiorizzato nella mente, cosicché è possibile ricordarlo o riprodurlo, e non reagire soltanto quando è presente.
Dopo questa fase, in cui ci si impadronisce di alcune operazioni concrete sulle cose e le si interiorizza, alla semplice esperienza delle proprietà delle collezioni di oggetti si affianca una crescente consapevolezza di certe verità necessarie riguardanti la natura della realtà. Si apprende che, se si toglie un elemento da ciascuna di due collezioni uguali, esse rimangono uguali; che due collezioni abbiano lo stesso numero di elementi oppure no; che l'ordine in cui le cose vengono contate non influenza il totale che si ottiene.
Raggiunta l'età di nove o dieci anni, sembra che questa consapevolezza divenga trasferibile a nozioni meno concrete. Si vede qui una fonte esplicita di intuizione matematica negli oggetti materiali del mondo e nelle loro interrelazioni. Gradualmente, negli anni della prima adolescenza, diviene possibile effettuare insiemi di operazioni mentali su rappresentazioni delle cose; queste vengono sostituite da simboli, e su tali collezioni di simboli può operare la mente. La precedente gamma di verità necessarie su operazioni come la sottrazione e l'addizione diventa applicabile ai simboli che rappresentano grandezze. Diviene dunque possibile una disciplina come l'algebra, dove un simbolo come la lettera x può rappresentare qualunque numero che possa essere sommato a entrambi i membri di un'equazione, proprio come numeri uguali di monete possono essere aggiunti a collezioni uguali. Questo passo rappresenta il cuore di tutta la matematica successiva. In seguito, alla mente sarà possibile inventare nuove regole per manipolare simboli che non sono connessi ad alcun insieme empirico di operazioni eseguibili con oggetti reali. A questo stadio, l'elaborazione mentale delle rappresentazioni simboliche di oggetti concreti ha spiccato il volo come una libellula, lasciandosi alle spalle la crisalide dell'esperienza passata; non è più in alcun modo limitata dall'esperienza delle manipolazioni concrete, ma soltanto dalla capacità dell'immaginazione di trovare insiemi di regole per la manipolazione dei simboli. L'unico requisito che si impone a queste invenzioni è che siano "coerenti" nel senso voluto dai formalisti.
Questo è, molto in breve, il quadro delineato da Piaget per lo sviluppo mentale dell'intelligenza matematica: essa trae origine dalle attività del bambino con gli oggetti del mondo circostante, che egli mescola, separa e confronta. Viene scoperta e quindi interiorizzata nella mente la nozione di quantità, che diventa così un mezzo per rappresentare le cose in forma simbolica; questi simboli vengono poi manipolati in modo analogo alle cose stesse; in seguito le regole per la loro elaborazione divengono le caratteristiche essenziali dell'attività, sostituendosi alle cose stesse.
Note:
(1) Ciò vale per la situazione che si ha nella lingua italiana e in altre lingue indoeuropee, ma non altrove. In Giappone, per esempio, i numeri usati per contare non sono gli stessi che si impiegano per descrivere il numero totale degli oggetti di un insieme che si sta contando. È come se si potesse contare fino a dodici, ma la parola da usare per descrivere un insieme di dodici cose fosse sempre "dozzina".
Bibliografia:
J.D. Barrow, "La luna nel pozzo cosmico", Adelphi, Milano, 1994 (pp. 280-284).