venerdì 16 settembre 2022

Bere con Socrate... con la potenza dei grandi numeri!

 

Esiste una vecchia stima di due numeri molto grandi che conduce a una conclusione capace di stupire persino chi è abituato alle sorprese della probabilità. Secondo voi, se si riempie un bicchiere di acqua di mare, quante delle molecole da cui è composta l'acqua nel bicchiere saranno state usate da Socrate, da Aristotele o dal suo allievo Alessandro Magno per sciacquarsi la bocca? In realtà, come vedremo, non importa quale bocca illustre scegliamo. Lì per lì si potrebbe pensare che la risposta sia zero: non vi è la benché minima probabilità che riutilizziamo anche solo uno degli atomi di quegli illustri personaggi, immagino direte. Ma, ahimè, vi sbagliate di grosso. La massa totale di acqua degli oceani terrestri è 10^18 tonnellate, che equivale a 10^24 grammi. Poiché una molecola di acqua ha una massa di circa 3 x 10^-23 grammi, ci sono circa 3 x 10^46 molecole di acqua negli oceani. Ignoriamo pure gli altri componenti dell'acqua marina, come i sali. Vedremo che queste semplificazioni e le cifre tonde che stiamo usando sono giustificate dai numeri molto grandi coinvolti nell'operazione.
Chiediamoci dunque quante molecole ci sono in un bicchiere di acqua. Un tipico bicchiere pieno d'acqua ha una massa di 250 grammi, quindi contiene approssimativamente 8,3 x 10^24 molecole. Vediamo pertanto che gli oceani contengono approssimativamente (3 x 10^46)/(8,3 x 10^24) = 3,6 x 10^21 bicchieri di acqua; molto meno del numero di molecole presenti in un bicchiere di acqua. Ciò significa che, se gli oceani fossero completamente rimescolati e oggi riempissimo con la loro acqua un bicchiere a caso, potremmo aspettarci che contenga approssimativamente (8,3 x 10^24)/(3,6 x 10^21) = 2300 delle molecole con cui Socrate soleva sciacquarsi la bocca nel 400 a.C. Fatto ancora più incredibile, è probabile che ognuno di noi sia composto da un considerevole numero degli atomi e delle molecole di cui era composto il corpo di Socrate. Tale è la potenza durevole dei grandi numeri.

domenica 4 settembre 2022

Un diamante è per sempre... con il taglio ottimale.

 


I diamanti sono pezzi di carbonio davvero straordinari. Sono il materiale più duro che si trovi in natura, eppure le loro proprietà più fulgide sono quelle ottiche, date dall'elevato indice di rifrazione di 2,4, molto maggiore di quello dell'acqua (1,3) o del vetro (1,5). Ciò significa che i raggi luminosi sono deviati (o "rifratti") di un angolo molto grande quando passano attraverso il diamante. Particolare ancora più importante, la luce che colpisce il diamante superando l'angolo critico di soli 24° rispetto alla verticale alla superficie, verrà completamente riflessa e non passerà affatto attraverso la gemma. Per la luce che viaggia dall'aria all'acqua, l'angolo limite oltre il quale essa non attraversa più il mezzo è di 48° rispetto alla verticale, nel vetro di circa 42°.
I diamanti si comportano in maniera estrema anche per quanto riguarda lo spettro ottico. Come chiarì per la prima volta Isaac Newton con i suoi famosi esperimenti con il prisma, la comune luce bianca è in realtà composta da uno spettro di onde luminose rosse, arancioni, gialle, verdi, blu, indaco e violetto, che viaggiano a velocità diversa (le rosse sono le più lente, le viola le più veloci) attraverso il diamante e sono rifratte secondo angoli diversi quando la luce bianca passa attraverso un mezzo trasparente. Nei diamanti vi è grande differenza tra la maggiore e minore rifrazione dei colori: è definita "dispersione" ed è responsabile dello straordinario "fuoco" di colori cangianti che si verifica quando i raggi luminosi passano attraverso un diamante tagliato a brillante. Nessun'altra gemma ha un tale potere di dispersione. Il difficile, per l'intagliatore, è tagliare il diamante in maniera che emani i raggi più belli e colorati possibile quando riflette la luce davanti all'occhio dell'osservatore.
I diamanti vengono lavorati da migliaia di anni, ma un uomo in particolare ha contribuito a farci capire quale sia il modo migliore di tagliarli, e la sua ragion d'essere. Marcel Tolkowsky nacque ad Anversa nel 1899 da un'influente famiglia di intagliatori e mercanti di diamanti. Era un ragazzo molto intelligente e, dopo essersi diplomato in Belgio, fu mandato all'Imperial College di Londra a studiare ingegneria. Nel 1919, mentre era ancora all'università, pubblicò un libro notevole intitolato "Diamond Design", che dimostrava per la prima volta come lo studio della riflessione e della rifrazione della luce all'interno del diamante, consentisse di capire come esso andasse tagliato e di ottenere quindi la massima lucentezza e il massimo "fuoco". L'elegante analisi fatta da Tolkowsky della traiettoria seguita dai raggi luminosi all'interno del diamante lo indusse a proporre un nuovo tipo di taglio: il taglio "a brillante" o "ideale"; che è ormai il preferito per i diamanti rotondi. Egli studiò le traiettorie dei raggi che colpivano la superficie superiore piana della pietra e calcolò secondo quale angolo dovesse essere inclinata la parte inferiore rispetto a tali traiettorie, per riflettere completamente la luce alla prima e alla seconda riflessione interna. Se la parte inferiore fosse stata inclinata in un certo modo, quasi tutta la luce sarebbe ritornata direttamente nel punto di incidenza della faccia superiore, producendo la maggiore lucentezza possibile.


Tolkowsky rifletté poi sull'equilibrio ottimale tra lucentezza riflessa e dispersione della luce, e sulle migliori forme per le varie facce. La sua analisi, che si avvaleva della semplice matematica dei raggi luminosi, portò alla ricetta per il bel "taglio a brillante" dalle cinquantotto faccette: una serie di proporzioni e angoli specifici nella gamma necessaria a produrre i più spettacolari effetti visivi quando la pietra viene mossa leggermente davanti agli occhi dell'osservatore. Ma, come si evince dalla figura sottostante, nella "ricetta" c'é più geometria di quanto non appaia a prima vista:


La figura mostra la classica forma che raccomandava Tolkowsky per il taglio ideale, i cui angoli vengono scelti nella ristretta gamma che ottimizza il "fuoco" e la lucentezza. Le proporzioni che riguardano specifiche parti del diamante (con i relativi nomi) sono espresse come percentuali del diametro della cintura, che è quello massimo. 

Bibliografia:
- John D. Barrow, "100 cose che non sapevi di non sapere sulla matematica e le arti", Mondadori, Milano, 2016 (pp.64-66).