lunedì 15 ottobre 2012

Fusione nucleare fredda ...i fisici trovano gli errori.

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Un nuovo capitolo nel romanzo senza fine della fusione fredda. Dopo la cella elettrolitica di Pons e Fleischmann e l'E-Cat di Rossi e Foccardi, che hanno scatenato una serie di aspre polemiche tra scettici, possibilisti e complottisti, oggi la questione della cosiddetta energia pulita torna sul tavolo a causa di un lavoro pubblicato su arXiv da sei fisici dell'Infn, delle Università di Roma e dell'Aquila e della Fondazione Tera.

L'articolo contesta i risultati di alcuni lavori precedenti (li trovate
qui, qui e qui), i cui autori mostravano come gli elettroni degli atomi di idrogeno intrappolati nel palladio avessero una certa probabilità di arrivare molto vicino ai protoni del nucleo e colpirli. A questo punto, i protoni si sarebbero convertiti in neutroni lenti e avrebbero innescato una reazione a catena, fondendosi con il litio 366 e rilasciando una grande quantità di energia.

Srivastava, Widom e Larsen (questi gli autori degli articoli contestati), hanno presentato il loro lavoro in parecchie conferenze internazionali, riscuotendo un discreto successo, finché non si sono imbattuti nei fisici dell'Infn, che, notando una serie di anomalie, hanno ripetuto i calcoli e smascherato gli errori.
Quelli di Srivastava, Widom e Larsen sono una serie di argomenti che, separatamente, sono plausibili”, racconta a Wired.it
Antonello Polosa, uno degli autori del lavoro. “Purtroppo, però, la probabilità di emissione dei neutroni lenti dichiarata nei loro articoli non è quella giusta. Abbiamo ricalcolato i processi nucleari in due modi indipendenti: il numero va ridimensionato di circa 300 volte, il che rende l'intero processo non efficiente dal punto di vista della produzione energetica”. Un errore nei calcoli e nell'interpretazione dei dati, dunque, che ha portato a sovrastimare l'energia prodotta e a illudersi, troppo in fretta, sulle potenzialità del fenomeno. È importante comunque rimarcare, a questo proposito, che nei lavori di Srivastava, Widom e Larsen non si fa mai esplicito riferimento alla fusione fredda: gli scienziati si limitano a indicare un meccanismo che, con una certa probabilità, innesca la produzione di neutrini lenti.

“Gli errori che abbiamo individuato sono di vario genere”, continua Polosa. “Ce ne sono alcuni abbastanza grossolani, legati alle conversioni tra unità di misura, e altri molto più sottili, relativi all'interpretazione delle forze nucleari in gioco. Ciononostante, sono convinto della buona fede degli autori: purtroppo, come capita spesso nella scienza, hanno commesso degli errori. Se i calcoli fossero stati giusti, avremmo fatto un grande passo avanti verso la fusione fredda, ma sfortunatamente non è così”.
Polosa e i suoi colleghi sottolineano, in ogni caso, la necessità di fare dei distinguo rispetto ad altri eclatanti casi precedenti: “Pons, Fleischmann, Rossi e Foccardi avevano ben poco di scientifico, o quantomeno non hanno saputo dimostrare alla comunità la reale efficacia delle loro scoperte. In questo caso, siamo davanti a un lavoro molto più dignitoso dal punto di vista della fisica”.

Fusione a parte, studi di questo tipo sono comunque molto utili alla scienza di base e applicata: l'intrappolamento degli elettroni nel palladio può servire a mettere a punto sistemi di trasporto dell'idrogeno, che da solo è molto instabile e soggetto a frequenti esplosioni, per alimentare i distributori di carburante delle auto del futuro.

Via: Wired.it

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