sabato 24 ottobre 2020

Bioplastica tossica come la normale plastica? Lo suggerisce un nuovo studio.

 

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Le cosiddette “bioplastiche” già da qualche anno si stanno facendo strada proponendosi come alternativa più “verde” e sostenibile per la normale plastica. Un nuovo studio, pubblicato su Environment International, mostra però che anche le bioplastiche possono rivelarsi tossiche. Anzi la plastica fatta su base biologica, quella biodegradabile, non risulta più sicura delle altre plastiche, come spiega chiaramente Lisa Zimmermann dell’Università tute di Francoforte.

La Zimmermann, che è anche l’autrice principale dello studio, spiega che, durante le analisi che lei il suo team hanno condotto, questi prodotti a base di cellulosa e amido mostravano di poter contenere gran parte delle sostanze chimiche che contengono le plastiche normali. Anzi, in alcune particolari condizioni di laboratorio, innescavano delle reazioni tossiche anche più forti.
“Tre su quattro di questi prodotti in plastica contengono sostanze che sappiamo essere pericolose in condizioni di laboratorio, le stesse della plastica convenzionale”, spiega Martin Wagner, un professore del Dipartimento di Biologia dell’Università Norvegese di Scienza e Tecnologia che ha partecipato allo studio.

Secondo gli stessi ricercatori, lo studio rappresenta l’indagine più grande realizzata fino ad oggi fatta sulle sostanze chimiche presenti nelle bioplastiche e in tutte quelle plastiche fatte con materiali di origine vegetale. Queste sostanze possono essere tossiche in due modi, come hanno verificato i ricercatori in laboratorio: direttamente per le cellule oppure agendo come “ormoni” e quindi disturbando l’equilibrio di alcune funzioni del corpo.
Alcune delle plastiche analizzate contenevano così tanti composti chimici che praticamente risulta impossibile tenere traccia di ogni possibile effetto nocivo sul corpo umano di ogni singolo composto. Quello che è certo è che le conseguenze delle plastiche e delle bioplastiche sul corpo umano non sono ancora definite del tutto, o meglio, non è ancora chiaro quali siano i limiti considerabili come “sicuri” per il corpo.

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