sabato 16 febbraio 2013

Dai fotoni che rimbalzano alle onde gravitazionali.

Fonte: Le Scienze
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Gli effetti macroscopici del principio di indeterminazione di Heisenberg sono stati direttamente misurati in un esperimento condotto da tre ricercatori dell'Università del Colorado a Boulder e descritto in un articolo pubblicato su “Science”. Il risultato potrebbe consentire un miglioramento della sensibilità degli interferometri utilizzati nella ricerca delle onde gravitazionali. 
Il principio di indeterminazione di Heisenberg afferma che è impossibile determinare contemporaneamente con esattezza la posizione e la velocità di una particella: l'atto stesso di misurarne la posizione illuminandola con una fonte di luce, per esempio, provoca uno spostamento della particella microscopica in seguito alla sua interazione con i fotoni che la colpiscono.
Dai fotoni che rimbalzano alle onde gravitazionali
Monitoraggio laser delle vibrazioni di una membrana. (Cortesia Brad Baxley e Regal group, JILA/Science/AAAS)
Alcuni fenomeni collegati a questo effetto – noto come rumore associato alla pressione di radiazione - sono conosciuti da tantissimo tempo: fu Keplero il primo a ipotizzare che la ragione per cui la coda delle comete è sempre orientata in direzione opposta al Sole va cercata nell'azione meccanica della luce. E proprio sfruttando questo effetto, unito alla duplice natura corpuscolare e ondulatoria dei fotoni, Arthur Ashkin – insignito del premio Nobel per la fisica nel 1997 – riuscì a creare negli anni settanta la prima trappola ottica per particelle, aprendo le porte alla possibilità di ottenere il raffreddamento di strutture atomiche e subatomiche sfruttando il laser. Tuttavia, normalmente questo minuscolo effetto non è rilevabile a livello macroscopico perché è coperto da fonti di incertezza ben più imponenti, legate innanzitutto all'agitazione termica che si ha a temperatura ambiente.
Ora Thomas Purdy e colleghi sono riusciti a monitorare la posizione di una sottile membrana di nitruro di silicio strettamente ancorata a una cornice di silicio in un ambiente sottovuoto mantenuto a bassissima temperatura. Per misurare la posizione della membrana i ricercatori l'hanno illuminata con un fascio di fotoni emesso da una fonte laser, riuscendo a osservare la vibrazione della membrana, chiaro segno del rumore generato dalla pressione di radiazione. Calibrando accuratamente il fascio laser, gli scienziati sono riusciti a ottenere una retroazione sulla membrana di intensità paragonabile a quella delle forze termiche in azione nel sistema.
Dai fotoni che rimbalzano alle onde gravitazionali
L'impianto del Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory (LIGO) ad Hanford, nello stato di Washington. Oltre a questo, MIT e Caltech gestiscono un altro impianto per la rilevazione delle onde gravitazionali, del tutto simile, situato a Livingston, in Louisiana. (Cortesia LIGO Hanford Observatory)
Sfruttando questa tecnica, osservano i ricercatori, è possibile aumentare la sensibilità delle apparecchiature per il rilevamento ottico delle onde gravitazionali. Alcuni di questi strumenti, come LIGO, puntano infatti a rilevare cambiamenti nelle righe di interferenza fra due fasci laser che percorrono i bracci ortogonali di un interferometro: l'alterazione della lunghezza relativa dei bracci dovuta alle forze di marea esercitate dalle onde gravitazionali si riflette in quella delle righe d'interferenza. Tuttavia anche i laser accuratamente stabilizzati usati in questi rilevatori producono luce con fluttuazioni legate appunto al rumore associato alla pressione di radiazione. Ora la possibilità di tenerne conto e scorporarne gli effetti potrebbe portare la sensibilità degli strumenti al limite previsto dal principio di Heisenberg.

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