Vorrei qui rispondere
ad una domanda che dal giorno in cui ho scritto l’articolo sul dualismo Anima-Informazione, mi hanno posto in molti; ossia: “Cosa ne pensi del concetto di
Reincarnazione? Come si concilia la tua teoria con tale fenomeno, ipotizzando
ovviamente che esista?”.
In genere, quando si parla di Reincarnazione, si pensa
subito ad una determinata quantità di Informazione dinamica (Anima), che nel
momento in cui si dissocia da un corpo fisico (determinando la morte fisica
dell’entità biologica animata in questione, sia essa appartenente alla specie
umana o ad un’altra specie animale), vada a “confluire” in un altro corpo
appena nato, appartenente alla specie animale d’origine. Per certi versi, tale visione della realtà non
è del tutto sbagliata, ma occorre approfondire la questione, per poter offrire
ulteriori elementi su cui riflettere, anche ai più scettici.
Tra gli scettici, infatti, vi è sempre una grande
maggioranza di persone che, per demolire in partenza l’ipotesi della Reincarnazione, fa appello alla seguente domanda/riflessione:
“Ma se in origine sulla Terra , ossia diversi milioni di anni fa, eravamo solo
in poche migliaia di individui, ed ora siamo in ben sette miliardi, da dove
sono giunte tutte le altre anime, di individui di generazioni e generazioni che
si sono susseguite sin dalla notte dei tempi? Lo stesso discorso vale anche per
le altre specie animali”.
A questo punto, occorre quindi analizzare le cose tenendo
sempre fede agli assunti di base relativi alla mia teoria sul concetto di
Informazione potenziale (statica) e dinamica. Spesso ci si dimentica che è la
coscienza stessa (prodotta dall’attività cerebrale) a generare, col passare del
tempo (ossia degli anni), quel campo di Informazione dinamica (anima) , che ovviamente
accresce con l’accumularsi di percezioni sensoriali ed esperienze (dunque
attraverso un continuo flusso di Informazione che “assorbiamo” per tutta la
vita dalla realtà a noi circostante). Ma faremmo un errore madornale pensando che
Anima e Coscienza siano la stessa cosa! Occorre dunque considerare l’Anima,
come una sorta di “campo di risonanza”, prodotto dalla Coscienza. Tale “campo
di risonanza”, non è nient’altro che quel nucleo o campo di Informazione
dinamica che una volta generatosi ed “intensificatosi” nel tempo, rimane
immutabile ed “indistruttibile” poiché non influenzabile dai campi
elettromagnetici o da qualsiasi altra forza/forma di energia ad esso
circostante. Ecco perché non ci è
possibile rilevare la presenza dell’Anima, attraverso alcun mezzo fisico
attualmente disponibile dall’uomo.
Pensiamo ora alla possibilità che un determinato campo di
Informazione dinamica (sia esso l’anima di un essere umano precedentemente
defunto o appartenuta ad un’altra specie animale. Qui però occorre porsi le
seguenti domande: Fino a che punto deve
essere intensa e complessa l’attività cerebrale di un essere vivente del regno
animale, per poter generare un campo di Informazione dinamica? Oppure qualsiasi
tipo di attività cerebrale, anche la meno complessa di questo mondo, è in grado
di generare un “campo di risonanza”, benché minimo, e quindi immutabile nel tempo? Tutti gli animali hanno
dunque un’anima, oppure solo quelli più evoluti? Ovviamente su tali domande ci
si potrebbe speculare sopra parecchio), “confluisca” nel cervello di un
individuo appena nato. Esso potrebbe
tranquillamente “legarsi” al campo di Informazione dinamica di “bassa
intensità”, prodottasi nei pochi giorni di vita dell’individuo in questione. In
tal caso saremmo di fronte ad una condizione di interazione tra due campi di
Informazione dinamica: uno assai complesso (quello “invasivo”) e l’altro di
“bassa complessità/intensità” (quello formatosi nei primi giorni di vita
dell’individuo in questione) , in associazione con l’attività cerebrale del
neonato. I due campi di Informazione
dinamica, in ultima analisi, rappresenterebbero dunque una sorta di “risonanza
mnemonica” legata al continuo flusso di coscienza generata dai processi
cerebrali (neuronali). Durante i primi anni di vita del soggetto in questione
quindi, si avrà una predominanza del campo di Informazione “invasivo”, rispetto
a quello naturale che accresce proporzionalmente e parallelamente all’evolversi della coscienza
dell’individuo in questione. Col passare
del tempo (ossia degli anni), la predominanza del campo di Informazione “invasivo”
tenderà ad “amalgamarsi” con quello naturale del soggetto; questo avviene
gradualmente, man mano che il campo di Informazione naturale accresce nel
tempo, sino a raggiungere più o meno la
stessa “intensità” del campo “invasivo”; ossia fino al momento in cui i ricordi
legati alla comune esperienza percettiva e sensoriale quotidiana, che hanno
contribuito allo sviluppo dei due campi di Informazione dinamica
(principalmente di quello naturale e in minor misura di quello invasivo),
tendono ad essere tutti simili tra loro e dunque a creare quello stato mentale
in cui l’individuo si riconosce come un essere unico, dotato di un unico “bagaglio
di ricordi”, associato al suo percorso di vita attuale (senza alcun legame con
eventuali ricordi legati a vite di altri individui ormai defunti da mesi oppure
da secoli).
È possibile ipotizzare che il campo di Informazione dinamica di un essere
umano ormai deceduto da tempo, sia in grado di invadere un campo di Informazione dinamica
naturale di un individuo appena nato, in modo assai più semplice rispetto all’invasione
di un campo di Informazione dinamica di un individuo già adulto. Infatti , tra due campi di Informazione
dinamica della stessa “intensità”, è assai probabile che vi sia una certa
repulsione e dunque un’impossibilità di base all’interazione reciproca.
Diversamente invece, possiamo ipotizzare che tra un campo di Informazione
dinamica di notevole “intensità” ed uno estremamente più “debole”, la tendenza
sia quella che porta ad un “assorbimento” del campo più debole da parte del
campo più “forte”.
Alla luce di tutto quanto esposto ed ipotizzato sin qui, ora
possiamo quindi facilmente capire il motivo per cui alcuni bambini, nei loro
primi anni di vita, tendono a ricordare eventi ed episodi di vita, appartenuti
ad altri individui vissuti prima di loro (in epoche recenti o assai remote
rispetto alla loro). Il motivo per cui tali ricordi, relativi ad altre vite
vissute da altri individui in epoche diverse, tendano a scomparire col passare
degli anni (in genere dopo i 10-12 anni di età), è già stato da parte mia
spiegato poc’anzi. Nel momento in cui i ricordi relativi alle vite di altri
individui vissuti in epoche passate svaniscono completamente, poiché vengono “confusi”
e “amalgamati” con quelli più recenti,
propri della vita del soggetto in questione (ossia formatisi nei primi 10-12
anni di vita), egli tenderà, come già detto, a riconoscersi come un essere
unico, la cui vita è iniziata solo 10 o
12 anni prima …e non ovviamente in un recente o remoto passato, di cui non
sarebbe neppure più in grado di descriverne i vari aspetti di natura sociale e
ambientale, in quanto volti e luoghi d’altri tempi, non apparterrebbero più
alla sua dimensione mentale.
Fausto Intilla, 19 giugno 2012