mercoledì 30 maggio 2018

La prima cornea stampata in 3D, con staminali umane: E' un prototipo, verso riserve illimitate per i trapianti.

Fonte: ANSA Scienze
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E' pronta la prima cornea stampata in 3D, ottenuta con uno speciale bio-inchiostro fatto di cellule staminali umane e sostanza aggreganti. Ottenuto nell'università britannica di Newcastle e pubblicato sulla rivista Experimental Eye Research, il risultato è un prototipo, come rilevano gli autori della ricerca, Abigail Isaacson, Stephen Swioklo e Che Connon. Dopo gli ultimi perfezionamenti la tecnica potrà "assicurare in futuro - dicono i ricercatori - una riserva illimitata di organi" per i trapianti di cornea.
Il risultato è considerato dagli stessi ricercatori britannici "Una prova di concetto", ossia una dimostrazione della fattibilità della tecnica. Le cellule utilizzate dal gruppo di Newcastle sono infatti quelle di uno degli strati che costituiscono la cornea, chiamato stroma, che si trova al di sotto di una membrana elastica e dell'epitelio, che è lo strato più superficiale.
Le cellule utilizzate nell'esperimento sono state prelevate da un donatore sano e mescolate con due sostanze aggreganti: il collagene e l'alginato. Questo mix è diventato un bio-inchiostro che, utilizzato in una normale stampante 3D, è stato distribuito in cerchi concentrici fino ad ottenere la forma della cornea umana nell'arco di dieci minuti.
"Molti gruppi di ricerca nel mondo sono in cerca del bio-inchiostro ideale per rendere questa tecnologia disponibile su larga scala", ha osservato Che Connon. Ci vorranno comunque "molti anni", ha aggiunto, prima di poter utilizzare le cornee stampate in 3D per i trapianti.

martedì 29 maggio 2018

I materiali che producono l'elettricità dal calore: Possono diventare fino a 5 volte più efficienti.

Fonte: ANSA Scienze
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Poter ricaricare la batteria dell'auto semplicemente grazie al calore generato dal motore, o produrre energia per la casa sfruttando il calore disperso dall'impianto elettrico: questi scenari futuristici potrebbero diventare realtà grazie a nuovi materiali che producono spontaneamente elettricità quando vengono riscaldati. Ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Mit), in uno studio pubblicato sulla rivista Science Advances, hanno trovato il modo di renderli cinque volte più efficienti per generare, potenzialmente, il doppio dell'energia.
"Se i nostri sogni più sfrenati si dovessero avverare, improvvisamente molte cose che ora sono troppo inefficienti diventeranno molto più efficienti", commenta Brian Skinner, alla guida del gruppo. "Potreste trovare nelle automobili dei piccoli apparecchi in grado di sfruttare il calore disperso dal motore per ricaricare la batteria, oppure negli impianti elettrici l'energia che ora va sprecata potrebbe essere recuperata e reimmessa nella rete".
La capacità di un materiale di generare energia dal calore si basa sul comportamento dei suoi elettroni: quando un lato del materiale viene riscaldato, gli elettroni acquisiscono maggiore energia e si accumulano tutti sul lato più freddo, ma in genere la quantità di elettricità prodotta è molto scarsa. I ricercatori si sono concentrati su una particolare famiglia di materiali chiamati semimetalli topologici, la cui struttura unica permette agli elettroni di accumulare energia più facilmente, e hanno scoperto che riscaldandoli con potenti campi magnetici il procedimento diventa molto più efficiente: "Si potrebbe generare sempre più energia semplicemente aumentando la potenza del campo magnetico", aggiunge Skinner.

Dall'Italia i cristalli per le comunicazioni del futuro: Ottenuti con una tecnica basata sul laser.

Fonte: ANSA Scienze
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Sono nati in Italia i minuscoli cristalli che promettono di accelerare le comunicazioni del futuro, basate sulle tecnologie quantistiche capaci di sfruttare le regole bizzarre che valgono nel mondo dell'infinitamente piccolo. I cristalli sono così piccoli da emettere una sola particella di luce (fotone) alla volta, sono descritti sulla rivista Advanced Materials.
Il risultato, che promette di avvicinare le future tecnologie quantistiche, si deve alla collaborazione tra il gruppo del dipartimento di Fisica e Astronomia dell'Università di Firenze guidato da Francesco Biccari, il gruppo dell'università Sapienza di Roma guidato da Marco Felici e il gruppo dell'Istituto di Fotonica e Nanotecnologie del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) guidato da Giorgio Pettinari. I nanocristalli realizzati dai ricercatori italiani sono i cosiddetti quantum dot (punti quantici) e sono considerati la base per moltissime tecnologie, dalle comunicazioni all'ottica, ai futuri computer superveloci o la diagnosi per immagini per la biomedicina.
Lo sviluppo di questo metodo rappresenta "un significativo passo in avanti per la realizzazione di circuiti fotonici completamente integrati, utili per le future tecnologie quantistiche", ha osservato Biccari. La tecnica che ha permesso di ottenere i nanocristalli consiste in una sorta di scrittura laser che controlla sia la posizione sia la lunghezza d'onda della luce emessa. Averli realizzati, rileva l'università di Firenze in una nota, è un passo in avanti notevole, anche se la strada da percorrere per realizzare su larga scala i dispositivi quantistici "è ancora molto lunga".
Il vantaggio dei minuscoli cristalli, osserva Biccari, è che "gli elettroni del materiale, risentendo delle piccole dimensioni in cui sono costretti, dell'ordine di pochi nanometri, mostrano effetti quantistici molto evidenti". Uno di questi, per esempio, è la "capacità di emettere un singolo fotone per ogni impulso ottico o elettrico ricevuto, caratteristica che li rende particolarmente adatti alle tecnologie quantistiche".
E' la prima volta che viene realizzato qualcosa di simile e con una tecnica semplice. La tecnica italiana che permette di farlo si basa sulle proprietà del materiale semiconduttore (arseniuro-nitruro di gallio idrogenato) e sulla possibilità di focalizzare su una piccolissima parte di esso un fascio di luce laser, usando una fibra ottica con una punta delle dimensioni di circa 100 milionesimi di millimetro (nanometri). La luce laser rimuove l'idrogeno nella zona illuminata creando i punti quantici; la possibilità di muovere la punta come si vuole permette di ottenere nanocristalli delle dimensioni volute e con diverse lunghezze d'onda.

I primi nervi per i robot, con una super-fibra: Permettono di percepire pressione e tatto.

Fonte: ANSA Scienze
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Costruiti i primi nervi per i robot, sono inseriti nelle loro dita e permettono di percepire pressione e tatto. Sono stati realizzati nell'Università Tecnica di Berlino con il materiale messo a punto nel Politecnico Federale di Losanna (Epfl), dal gruppo di Yunpeng Qu, e descritto sulla rivista Advanced Materials. 
Il materiale, che promette di aver applicazioni utili per realizzare sensori di nuova generazione e futuri computer indossabili, è una fibra super-elastica nella quale si possono incorporare elettrodi e nanosensori. E' in grado di rilevare anche la minima pressione e può sopportare una deformazione del 500% prima di ritornare alla sua forma originale. 
Integrate sulle dita robotiche, le fibre trasformate in nervi artificiali permettono alla macchina di assumere informazioni dall'ambiente esterno. Il gruppo del Politecnico di Losanna ha inoltre provato a integrare le fibre all'interno di tessuti per l'abbigliamento: "la nostra tecnologia può essere usata per realizzare una tastiera 'touch' integrata direttamente nei vestiti", spiega Fabien Sorin, uno degli autori dello studio.
La tecnica usata per realizzare il nuovo materiale è molto semplice e può essere utilizzata per produrne centinaia di metri in pochissimo tempo: le fibre vengono scaldate e allungate come se fossero plastica fusa, in modo da ottenere filamenti lunghi e sottilissimi. Il risultato è un materiale che presenta un'architettura microscopica estremamente complessa e proprietà straordinarie.