sabato 18 giugno 2011

Il sapore mutevole dei neutrini.

Fonte: Le Scienze

I ricercatori parlano di indizi e non di scoperta perché il terremoto che ha colpito il Giappone il 11 marzo 2011 ha costretto a sospendere l'esperimento per i danni all'acceleratore J-PARC, sito a meno di 200 chilometri da Fukushima. Dopo un tragitto sotterraneo di 295 chilometri, un fascio di neutrini sparato dal Proton Accelerator Research Complex (J-PARC), situato sulla costa orientale del Giappone, ha raggiunto il rivelatore Super-Kamiokande, situato sulla costa occidentale, che ha rilevato un cambiamento del loro "sapore". Se la scoperta verrà confermata, potrebbe contribuire a spiegare perché l'universo è fatto di materia, piuttosto che anti-materia. I neutrini sono particelle elementari che si possono presentare in tre modalità, o "sapori": muonici, elettronici e tau. In esperimenti precedenti, i fisici hanno misurato il cambiamento di neutrini muonici in neutrini tau e di neutrini elettronici di neutrini muonici e neutrini tau."Ma nessuno aveva visto neutrini muonici trasformarsi in neutrini elettronici", ha detto Chris Walter, della Duke University, che partecipa alla collaborazione internazionale T2K, volta specificamente allo studio di queste sfuggenti particelle. I ricercatori hanno determinato il sapore dei neutrini prima in prossimità dell'acceleratore e quindi al loro arrivo al Super-Kamiokande: sei delle 88 particelle che sono stati in grado di rilevare avevano iniziato la loro vita come neutrini muonici per trasformarsi strada facendo in neutrini elettronici. "Così com'è, questo risultato è estremamente interessante, ma siamo solo agli inizi," ha detto Walter, spiegando che purtroppo è stato possibile eseguire solamente il due per cento delle misurazioni previste a causa del terremoto che ha colpito il Giappone il 11 marzo 2011 e ha costretto alla sospensione di T2K, che si spera possa riprendere entro la fine dell'anno. Intanto, i risultati preliminari sono stati presentati per la pubblicazione sulle Physical Review Letters.Oggetto della misurazione è un parametro fondamentale,il cosiddetto theta-13, che controlla il passaggio da neutrino muonico a elettronico. "La buona notizia è che abbiamo indizi che theta-13 è grande, e che può essere 'abbastanza' grande": se theta-13 è grande, può permettere agli scienziati di misurare la differenza fra le oscillazioni dei neutrini e degli anti-neutrini. Nell'universo primigenio, spiega Walter, "qualcosa ha causato l'esistenza di un po' più di materia rispetto all'anti-materia. Quando materia e anti-materia si sono annientate, è rimasto quel po' di materia in più, che è tutto ciò che vediamo oggi. Ma non si capisce come sia successo. La differenza tra le proprietà di neutrini e anti-neutrini che potremo misurare negli esperimenti futuri potrebbero dare indizi su come la materia sia stata generata in eccesso." (gg)

Un filmato in 3-D del modo in cui cambia il cervello mentre si sviluppa l'azione di un farmaco anestetico.

Fonte: Le Scienze

I risultati di uno studio corroborano l'ipotesi secondo cui la coscienza sarebbe la manifestazione di una efficiente collaborazione di differenti gruppi di cellule cerebrali. Per la prima volta un gruppo di ricercatori è stato in grado di osservare che cosa succede al cervello nel momento in cui si perde conoscenza. Grazie a sofisticate apparecchiature di imaging sono stati in fatti in grado di ricostruire un filmato in 3-D del modo in cui cambia il cervello mentre si sviluppa l'azione di un farmaco anestetico. Il filmato è stato presentato e illustrato al Congresso europeo di Anestesiologia in corso ad Amsterdam.Secondo i ricercatori, diretti da Brian Pollard dell'Università di Manchester, la perdita di coscienza implica un cambiamento in profondità di attività elettrica cerebrale, con un'alterazione dell'attività di alcuni gruppi di neuroni che ostacola la comunicazione tra le diverse parti del cervelloI risultati sembrano così corroborare l'ipotesi secondo cui la coscienza sarebbe la manifestazione di una efficiente collaborazione di differenti gruppi di cellule cerebrali, in funzione anche degli stimoli sensoriali disponibili, e che essa non costituisca uno stato "tutto o niente", ma che sia paragonabile piuttosto a un varialuce, che si modula in rapporto a crescita, umore, farmaci ecc. Quando una persona viene anestetizzata, diversi piccoli gruppi di neuroni o collaborano meno o inibiscono la comunicazione con altri gruppi. Per realizzare il filmato, i ricercatori sono ricorsa a una variante della tecnica di imaging tomografia a impedenza elettrica (EIT), chiamata FEITER (functional electrical impedance tomography by evoked response), che consente la visualizzazione ad alta velocità e il monitoraggio in profondità dell'attività elettrica cerebrale."Siamo stati per la prima volta in grado di vedere in tempo reale una perdita di coscienza in regioni anatomicamente distinte del cervello. Stiamo lavorando per cercare di interpretare i cambiamenti che abbiamo osservato. Ancora non sappiamo esattamente che cosa succeda al suo interno quando si verifica una perdita di coscienza, ma questo è un altro passo nella direzione della comprensione del cervello e le sue funzioni", ha concluso Pollard. (gg)

Realizzato un fascio laser con una lunghezza d'onda di 1,2 Angstrom, la più breve mai misurata.

Fonte: Le Scienze

Laser con lunghezze d'onda così brevi permettono di osservare direttamente e di manipolare oggetti a scala atomica, con uno spettro di applicazioni che va dalla medicina alla progettazione di nuovi farmaci. Il centro di ricerca giapponese RIKEN e il Japan Synchrotron Radiation Research Institute (JASRI) hanno realizzato un fascio laser con una lunghezza d'onda di 1,2 Angstrom, la più breve mai misurata.
L'incredibile risultato è stato raggiunto utilizzando il SACLA (Spring-8 Angstrom Compact free electron Laser) un laser a elettroni liberi a raggi X (XFEL), presentato presso il RIKEN nel febbraio di quest'anno ad Harima, in Giappone, che apre al strada allo studio della struttura di atomi e molecole a un livello di dettaglio mai raggiunto finora.
L'uso della radiazione laser per indagare la struttura della materia, inconcepibile fino a pochi anni fa, sta letteralmente trasformando le tecniche di visualizzazione del mondo atomico. Grazie a lunghezze d'onda molto più brevi e intensità molto maggiori rispetto ad altri laser, l'XFEL permette di osservare direttamente e di manipolare oggetti a scala atomica, con uno spettro di applicazioni che va dalla medicina alla progettazione di nuovi farmaci.
Il SACLA, uno dei due dispositivi al mondo a offrire questa nuova sorgente di luce, ha la capacità di produrre radiazione un miliardo di volte più energetica e con impulsi mille volte più corti di qualunque altra sorgente di raggi X. Nel marzo di quest'anno, l'impianto ha posto una prima pietra miliare con accelerazioni di fascio fino a 8 GeV e generazione spontanea di raggi X di 0,8 Angstrom.
Solo tre mesi dopo, è stato raggiunto un secondo risultato fondamentale: il 7 giugno il SACLA ha incrementato con successo la densità del fascio di elettroni di alcune centinaia di volte e lo ha diretto con una precisione di alcuni micron per produrre un laser a raggi X con una lunghezza d'onda di soli 1,2 Angstrom. La nuova misura è ben oltre il precedente record di 1,5 Angstrom stabilito nel 2009 nell'unica altra struttura operativa di XFEL del mondo, il Linac Coherent Light Source (LCLS) degli Stati Uniti. (fc)

Il ruolo del rame nel Parkinson

Fonte: Le Scienze

Scoperto il modo in cui il rame determina un anomalo ripiegamento di una proteina, l'alfa-sinucleina, portando alla formazione delle fibrille che caratterizzano la malattia. Il modo il cui il rame induce un ripiegamento anomalo di una proteina associata alla malattia di Parkinson, portando alla formazione delle caratteristiche placche fibrillari è stato chiarito da una ricerca condotta presso la North Carolina State University. La proteina coinvolta, l'alfa-sinucleina, è infatti il componente principale delle placche fibrillari.Da tempo si era scoperto che alcuni metalli, fra cui il rame, possono aumentare il tasso di ripiegamento anomalo di questa proteina, aumentandone la deposizione in fibrille, ma non eran noti i meccanismi che intervengono nel processo. "Sapevamo che il rame era in grado di interagire con una certa sezione della proteina, ma non avevamo un modello di ciò che stava accadendo a livello atomico", osserva Rose Frisco, prima firmataria dell'articolo pubblicato su Nature Scientific Reports che descrive la ricerca.Il problema del modo in cui si ripiegano le proteine per assumere la specifica conformazione indispensabile alla loro funzionalità rappresenta un problema estremamente complesso anche dal punto di vita matematico, tanto che fino a pochi anni fa era considerato alla di fuori delle possibilità di elaborazione dei più potenti computer. In questo caso a tale complessità si aggiungeva quella di identificare i possibili siti di interferenza da parte del rame. Per poter fra fronte alla mole di calcoli necessari per risolvere le equazioni che descrivevano il processo, i ricercatori sono dovuti ricorrere al supercomputer Jaguar dell'Oak Ridge National Laboratory."Comprendere il meccanismo molecolare della malattia di Parkinson potrebbe aiutare i ricercatori nello sviluppo di nuovi farmaci che curino la malattia e che non si limitino ad alleviare i sintomi", ha osservato Jerzy Bernholc, coautore della ricerca. (gg)

Ciascuno di noi nasce con circa 60 nuove mutazioni genetiche, assenti nel genoma dei genitori.

Fonte: Le Scienze

Ciascuno di noi nasce con circa 60 nuove mutazioni genetiche, assenti nelgenoma dei genitori. E' questa la stima fatta sulla base dei risultati delle prima ricerca che abbia misurato direttamente le nuove mutazioni nel genoma umano provenienti da madre e padre, diretta da Matt Hurlesdel Wellcome Trust Sanger Institute e Philip Awadalla del 1000 Genomes Project, e pubblicata su Nature Genetics. Sebbene la maggior parte delle specificità di un individuo derivi dal rimescolamento dei geni dei genitori, anche le nuove mutazioni sono una importante fonte di variazione e novità. Trovare nuova mutazione è tecnicamente molto impegnativo, perché, in media, solo 1 su 100 milioni di lettere di DNA viene alterata ogni generazione.Finora le misurazioni sui tassi di mutazione nell'essere umano erano state ottenute come medie fra i sessi e/o su diverse generazioni, mentre non era mai stata tentata una misurazione delle nuove mutazioni fra un genitore e un figlio su più soggetti o famiglie. Il risultato deriva da un attento studio di due famiglie: i ricercatori hanno cercato nuove mutazioni presenti nel DNA dei bambini ma assenti nel genoma dei genitori, distinguendo fra quelle che si sono verificate durante la produzione di spermatozoi o uova dei genitori e quelle che possono essersi verificate nel corso della vita del bambino. In una famiglia il 92 percento delle mutazioni derivava dal padre, mentre nell'altra questa percentuale era appena del 36 per cento. "Da tempo i genetisti umani hanno ipotizzato che i tassi di mutazione potrebbero essere differenti fra i sessi o fra le famiglie", osserva Hurles. "Ora sappiamo che in alcune famiglie la maggior parte delle mutazioni deriva dalla madre, mentre in altre deriva dal padre, e questa è una sorpresa poiché molti si aspettavano che in tutte le famiglie le mutazioni derivassero per lo più dal padre visto il numero di volte maggiore che il genoma deve essere copiato per produrre uno spermatozoo, a differenza di quanto avviene per le cellule uovo.""Oggi, siamo stati in grado di testare le teorie precedenti grazie allo sviluppo di nuove tecnologie sperimentali e di nuovi algoritmi di analisi. Questo ci ha permesso di trovare queste nuove mutazioni, che sono come aghi molto piccoli in un pagliaio di grandi dimensioni", ha aggiunto Awadalla. (gg)

domenica 12 giugno 2011

Vita: gli ingredienti li hanno portati i meteoriti

Fonte: Galileo.it

A più di un decennio dal loro arrivo sulla Terra, i frammenti del meteorite di Tagish Lake hanno cominciato a “parlare”. E hanno confermato una delle ipotesi più accreditate sulle origini del materiale organico - cioè a base di carbonio, l’elemento costituente degli organismi viventi - presente nel nostro Sistema Solare: deriverebbe tutto da una stessa fonte, e precisamente dal cosiddetto mezzo interstellare (ISM). Significa che le molecole probiotiche come gli aminoacidi, da cui si è poi originata la vita sulla Terra, potrebbero effettivamente essere giunte in sella agli asteroidi. Dove si sarebbero anche differenziate grazie a processi idrotermali.
A ricostruire la storia di queste molecole è stato un gruppo di ricerca del Dipartimento di Magnetismo Terrestre della
Carnegie Institution (Stati Uniti) e dell'Università di Alberta (Canada), i cui risultati sono stati pubblicati su Science. Ciò che contraddistingue questi reperti – hanno spiegato i ricercatori - è il fatto di contenere campioni dei materiali che verosimilmente presero parte alla formazione dei pianeti del nostro Sistema Solare, circa 4,6 miliardi di anni fa”.
Gli studiosi, guidati da Christopher Herd, hanno preso in esame quattro campioni della pioggia di meteoriti che nel gennaio del 2000 si riversò nell'area del lago Tagish, nell'estremo Nord del Canada. I campioni sono considerati tra i più incontaminati mai giunti in laboratorio: caddero sulla superficie ghiacciata di un lago, furono raccolti senza contatto manuale e da allora sono sempre rimasti ghiacciati. Proprio queste loro caratteristiche li hanno resi il banco di prova ideale per indagare l'origine della grande variabilità nel tipo di materiale organico presente nei vari frammenti meteoritici di tutto il mondo.
Dalle analisi condotte da Herd e colleghi è emerso che l’elevata variabilità è il risultato di un'attività idrotermale che ha avuto luogo nell'arco di qualche milione di anni dalla formazione del Sistema Solare, quando i meteoriti erano ancora parte di corpi celesti più grandi, verosimilmente asteroidi. La scoperta, dunque, suggerisce che la diversità organica all'interno di uno stesso meteorite, o tra più meteoriti, sia dovuta principalmente a processi chimici e termali avvenuti nell'asteroide di origine.
Il team si è concentrato sia sulle molecole organiche non solubili sia su quelle solubili. In queste ultime è stata registrata un'altissima concentrazione (da 10 a 100 volte più elevata del normale) di molecole di “interesse probiotico”, come aminoacidi, nucleobasi, acidi monocarbossilici (MCAs), zuccheri e idrocarboni policiclici aromatici. “La tipologia e l'abbondanza degli aminoacidi presenti nei campioni, in particolare, sono coerenti con l'ipotesi di una comune origine extraterrestre”, precisano gli autori. “Allo stesso tempo, sono chiaramente influenzati, secondo dinamiche complesse, dalle storie dei meteoriti da cui derivano. Campioni come quelli ritrovati nel lago canadese possono ancora fornirci indizi preziosi sulla fonte del materiale organico – e dunque della vita – sul nostro pianeta”.
Riferimento:
DOI: 10.1126/science.1203290
Credit Immagine: Michael Holly, Creative Services, University of Alberta

Nuove proprietà ottiche per il grafene

Fonte: Le Scienze

Le eccezionali doti di questo materiale potrebbero essere sfruttate in modo conveniente nelle applicazioni elettroniche. La possibilità di metamateriali bidimensionali - ovvero costituiti da uno strato monoatomico - è stata proposta dai ricercatori del Department of Electrical and Systems Engineering dell'Università della Pennsylvania, secondo uno schema che prevede l'utilizzo di grafene.
Lo studio dei metamateriali è un campo interdisciplinare tra scienza e ingegneria che è cresciuto notevolmente in anni recenti: esso si basa sull'idea che i materiali possano essere progettati in modo che le loro proprietà ondulatorie siano determinate non solo dal materiale di cui sono costituite, ma anche dalla disposizione, dalla forma e dalle dimensioni delle irregolarità, note anche come inclusioni o “meta-molecole”, che sono presenti nel materiale “ospite”.
“Calibrando le proprietà delle inclusioni, così come la loro forma e densità, è possibile ottenere proprietà d'insieme che difficilmente si trovano in natura”, ha commentato Nader Engheta che ha guidato la ricerca e firmato l'articolo di resoconto sulla rivista Science.
Queste proprietà inusuali hanno a che fare generalmente con la manipolazione delle onde elettromagnetiche o di quelle acustiche; in questo caso si tratta delle onde nell'infrarosso. Del cambiamento di forma, velocità e direzione di questo tipo di onde si interessa un sottocampo della disciplina noto come “ottica di trasformazione” e può trovare applicazione in molti ambiti, dalle telecomuniczioni all'elaborazione dei segnali.
Engheta e colleghi hanno ora mostrato come l'ottica di trasformazione possa essere ottenuta utilizzando il grafene, un “foglio” di atomi di carbonio di spessore monoatomico.
Molti ricercatori, tra cui quelli della Penn University, hanno cercato in anni recenti di sviluppare nuovi metodi di produzione e manipolazione del grafene, poiché le sue eccezionali doti di conducibilità potrebbero essere sfruttate in modo conveniente nelle applicazioni elettroniche. L'interesse di Engheta e colleghi era focalizzato sulla capacità del graenene di trasportare e "guidare" le onde elettromagnetiche oltre alle cariche elettriche.In quest'ultimo studio, si è dimostrato come l'applicazione di una tensione elettrica al foglio di grafene possa cambiare sia la conducibilità elettrica, sia la trasmissione delle onde elettromagnetiche realizzando in sostanza un'ottica di trasformazione. (fc)

X fragile: chiariti alcuni meccanismi chiave

Fonte: Le Scienze

Nella sindrome, l'assenza della proteina FMRP porta a un iperattivazione dei cammini di segnalazione e a una disregolazione nella produzione di proteine in corrispondenza delle sinapsi. La FMRP, proteina mancante nella sindrome dell’X fragile – la più comune forma di insufficienza mentale ereditaria – agisce da interruttore molecolare nei neuroni: ora una nuova ricerca pubblicata sulla rivista Molecular Cell ha chiarito i particolari di tale processo.In combinazione con una classe di molecole denominate microRNA, la FMRP è infatti cruciale per attivare o interrompere la produzione di altre proteine in risposta ai segnali chimici, come hanno scoperto i ricercatori della Emory University School of Medicine, autori dello studio.“Affinché possano aver luogo i processi di pensiero e di memoria, i neuroni necessitano di produrre in particolari sinapsi e in modo localizzato nuove proteine su richiesta”, ha spiegato Gary Bassell, professore di biologia cellulare e neurologia della Emory University School of Medicine e autore senior dello studio. “A quanto sembra, l’FMRP si è evoluta per utilizzare il microRNA per controllare la sintesi delle proteine nelle sinapsi".Nella sindrome dell'X fragile, l'assenza dell'FMRP porta a una iperattivazione dei cammini di segnalazione e a una disregolazione nella produzione di proteine in corrispondenza delle sinapsi, le quali in risposta subiscono una modificazione strutturale e un deficit nella capacità delle cellule di rispondere ai segnali chimici, che a sua volta si ripercuote sui meccanismi di apprendimento e memoria.
Bassell e colleghi hanno focalizzato la loro attenzione in particolare sulla proteina PSD-95, la cui produzione – si era scoperto precedentemente – è regolata dalla FMRP, sebbene non si sapesse in che modo venisse esercitato tale controllo. Il PSD-95 sembra avere un ruolo importante nel legame tra molecole di segnalazione nelle sinapsi, le parti dei neuroni direttamente coinvolte nell'apprendimento e nella memoria.
“Probabilmente, la mutazione delle sinapsi non non è causata dall'iperproduzione di una singola proteina”, sottolinea Bassell. “Ma riteniamo che perdere la possibilità di produrre la PSD-95 sia una componente importante. (fc)

sabato 11 giugno 2011

Al via l'acceleratore Super B, nascerà vicino Roma

Fonte: ANSA e INFN

Nascerà vicino Roma, nell'area dell'università di Roma Tor Vergata, l'acceleratore Super B, uno dei 14 progetti bandiera previsti dal Programma Nazionale per la Ricerca varato in aprile dal Ministero per l'Istruzione, l'Università e la Ricerca
L'annuncio che dà il via al progetto internazionale è stato dato dal presidente dell'
Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), Roberto Petronzio, nel convegno che riunisce nell'Isola d'Elba 300 fisici di tutto il mondo per dare il via ufficiale al progetto. Finanziato con 600 milioni e gestito dall'Infn, l'acceleratore Super B lavorerà in modo complementare all'accelratore più grande del mondo, il Large Hadron Collider (Lhc) del Cern di Ginevra, e potrà anche essere utilizzato da altri settori della ricerca, come biologia molecolare e nanotecnologie.
Rispetto al suo ''fratello maggiore'' Lhc, l'acceleratore Super B funzionerà come una sorta di zoom. I fasci che si scontreranno al suo interno saranno infatti corti, ma estremamente densi. Grazie a questa caratteristica un evento raro osservato dall'Lhc, con il suo anello da 27 chilometri, potrà essere analizzato in dettaglio nell'anello sotterraneo del Super B, dalla circonferenza di 1,5 chilometri e nel quale si scontreranno elettroni e positroni. Per le loro dimensioni, le due macchine possono essere considerate il Davide e Golia della fisica, ma la loro non sarà una competizione. L'obiettivo comune è studiare alcune delle grandi questioni della fisica contemporanea, come i meccanismi che hanno prodotto la scomparsa dell'antimateria poco dopo il Big Bang o le forze che tengono uniti i componenti fondamentali della materia.
L'acceleratore Super B occuperà un'area di circa 30 ettari del campus dell'università di Roma Tor Vergata e sarà ben collegato con i vicini Laboratori Nazionali di Frascati dell'Infn. I risultati che potrà ottenere saranno fondamentali per la fisica, ma non solo: contribuirà anche a ricerche in campi diversi, come fisica della materia, biologia, nanotecnologie e biomedicina. ''E' la prima volta che una macchina acceleratrice viene progettata fin dall'inizio per soddisfare allo stesso tempo le esigenze della fisica fondamentale e di quella applicata'', ha osservato Petronzio. ''L'università di Roma Tor Vergata si propone di accogliere questa struttura di ricerca in quanto è in grado di offrire un'area sufficientemente vasta (30 ettari) necessaria per la sua realizzazione'', ha osservato il rettore, Renato Lauro. Nell'università romana, ha aggiunto, ''sono presenti ricercatori eccellenti nell'ambito della ricerca di base e fisica applicata, che potranno naturalmente avvalersi della vicinanza fisica e culturale dell'Infn'' e ''per l'operatività di SuperB sarà coinvolta, a pieno regime, una comunità scientifica di oltre mille scienziati e tecnici''.
L'acceleratore SuperB è una fabbrica di leptoni tau e di Mesoni B e D, particelle complesse che al loro interno contengono i quark "bottom" e "charm". Tau, bottom e charm sono alcuni dei mattoni fondamentali del modello standard.
Lo schema della SuperB è simile a quello di molti altri
acceleratori per la ricerca, detti collisori (collider) poiché fanno continuamente scontrare particelle elementari per studiarne le loro proprietà.
Il primo elemento del complesso SuperB un
iniettore lineare (LINAC) dove sono prodotti cinquanta miliardi di particelle elementari in un secondo: elettroni e le loro antiparticelle, i positroni.
Il LINAC inietta continuamente (50 volte al secondo) pacchetti di elettroni e positroni in un piccolo anello, detto accumulatore, dove vengono immagazzinate per alcuni milioni di giri e quindi estratti ed inviati a due grandi anelli sovrapposti (~1.3 km), dove sono accumulate e collidono le une contro le altre.
Lo scopo dell’accumulatore è di migliorare le caratteristiche delle decine di miliardi di elettroni e positroni contenuti in ogni pacchetto: a ogni giro le particelle perdono parte della loro energia sotto forma di
luce di sincrotrone che è restituita dalla cavità a radiofrequenza. La radiofrequenza è un campo elettromagnetico variabile nel tempo che agisce sul fascio di particelle come una buona onda oceanica su un gruppo di surfisti, confusamente distribuiti. I surfisti, catturati dal fronte d’onda, si muoveranno tutti insiemi verso la riva. Questo processo, che avviene nell’accumulatore milioni di volte in un secondo, permette di “compattare” i pacchetti di particelle ottimizzandone le caratteristiche spaziali ed energetiche (emittanza).
I pacchetti di elettrono e positroni, sono quindi estratti dall’accumulatore e trasportati fino ai due aneli principali, dove sono iniettati in direzioni opposte.

Nei due anelli sono accumulati duemila pacchetti di cinquanta miliardi di positroni ed elettroni. I pacchetti s’incrociano in un unico punto nel quale avviene la collisione (collider hall), dove si trova il rilevatore che costantemente acquisisce e analizza con potentissimi calcolatori tutti gli eventi prodotti durante l’interazione.
Elettroni e positroni sono “strizzati” nel punto in cui collidono a delle dimensioni mai raggiunte fino ad oggi (36 milionesimi di millimetro) grazie alla tecnica del “Crab Waist” sviluppata recentemente presso i
Laboratori Nazionali di Frascati sull’acceleratore DAFNE nel 2009. Questo rende la SuperB, l’acceleratore con la capacità di produrre eventi da studiare (luminosità) più potente del mondo, aprendo inesplorate frontiere per la conoscenza del mondo subatomico.
Il processo di emissione di
luce di sincrotrone continua anche nei due grandi anelli di collisione, e anche qui a ogni giro le particelle riacquistano l’energia persa grazie a della cavità a radiofrequenza. La luce di sincrotrone prodotta dalla SuperB ha delle caratteristiche molto vicine a quelle dei più innovativi e potenti acceleratori dedicati alla produzione della sola luce nel mondo (III generazione). La luce di sincrotrone prodotta dalla SuperB è quindi di fondamentale importanza negli studi di biochimica, biofisica, nanotecnologie, struttura e caratteristiche dei materiali Italiani ed Europei.
Le caratteristiche tecniche e le prestazioni della SuperB sono il massimo che oggi l’uomo può pensare e progettare, e per questo è necessario per la sua realizzazione di un team internazionale di scienziati e ingegneri provenienti da molti paesi del mondo e ci si aspetta un'alta
ricaduta tecnologica.