giovedì 31 dicembre 2015

Il cervello innamorato ...tra chimica e ragion pura.

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Numerosi processi cerebrali sono coinvolti nei diversi stadi della nostra vita sentimentale, come l'innamoramento, l'eccitazione sessuale, il senso di attaccamento che spinge verso un legame duraturo tra i partner e il comportamento materno e paterno. Malgrado non fosse questa l' "intenzione" di Madre Natura, possiamo constatare ogni giorno che tali stadi possono manifestarsi in maniera perfettamente indipendente l'uno dall'altro.
Nessuno che sia ancora in grado di ricordare l'evento improvviso e violento di un intenso innamoramento definirà la scelta del partner come una "libera scelta" o una "decisione ben ponderata". L'innamoramento a prima vista capita e basta, è pura biologia, che si manifesta con euforia e violente reazioni fisiche, come palpitazioni, insonnia e sudorazione, dipendenza emotiva, concentrazione dell'attenzione, pensiero rivolto ossessivamente al partner e alla sua protezione possessiva e sensazione di grande energia. Anche Platone riteneva che si trattasse di un processo autonomo. Egli considerava l'impulso sessuale come la quarta forma dell'anima, localizzata sotto l'ombelico e da lui definita così: "totalmente irrazionale, un'anima, tra l'altro, che non accetta nessuna disciplina".
L'innamoramento costituisce la base dell'accoppiamento per gli esseri umani in tutto il mondo. Si potrebbe pensare che per una cosa così importante come la scelta del partner per creare una famiglia, la nostra corteccia cerebrale proceda ad individuare la "persona giusta" con la massima consapevolezza; e invece no, durante il profondo innamoramento, in cui tutte le nostre attenzioni ed energie sono rivolte ad un unico partner, a portare a termine il compito sono aree che si trovano nella parte più profonda del cervello, lontano dunque dalla corteccia (si tratta di strutture che guidano i processi inconsci). La risonanza magnetica del cervello di persone che hanno avuto episodi recenti di intenso innamoramento, ha evidenziato che alla vista di una fotografia della persona amata, si attivano esclusivamente strutture cerebrali ubicate lontano dalla corteccia. In particolare in tali casi ad attivarsi è soprattutto il sistema della gratificazione, che provoca effetti piacevoli ed utilizza la dopamina come neurotrasmettitore. Si tratta di un sistema cerebrale orientato al conseguimento della gratificazione, in questo caso rappresentata dalla conquista di un partner. Tale sistema non è coinvolto solo nell'innamoramento, ma in tutto ciò che sperimentiamo come piacevole, anche nella dipendenza da determinate sostanze. Ciò spiega anche il fatto che, quando una relazione intensa di questo tipo si interrompe, si manifestino potenti "sintomi di disintossicazione". Questo sistema si attiva soprattutto nella parte destra del cervello in relazione con l'attrazione esercitata dal volto raffigurato nella foto e con l'intensità della passione amorosa.
Inoltre, gli innamorati presentano una più elevata concentrazione nel sangue dell'ormone dello stress, il cortisolo, a dimostrazione della situazione carica di tensione in cui si trovano. La stimolazione delle ghiandole surrenali in questa risposta allo stress provoca un aumento del testosterone nelle donne e una sua diminuzione negli uomini. Solo quando l'innamoramento perdura nel tempo, si attiva anche la corteccia prefrontale, la parte anteriore del cervello con la quale si pianifica e si effettuano valutazioni, e quando la coppia si stabilizza l'attivazione dell'asse dello stress e i cambiamenti nella concentrazione del testosterone scompaiono. Naturalmente, l'elaborazione sensoriale che avviene nella corteccia ha giocato un ruolo durante quel periodo eccitante, in fin dei conti quel partner lo abbiamo visto, toccato e ne abbiamo percepito l'odore. Ma non si tratta di una scelta cosciente rivolta esattamente a quella persona. Il vecchio sistema evolutivo della gratificazione ci indica qual è quello "vero", e associa la riproduzione al partner che almeno per quel momento è quello "giusto". Solo quando l'intenso innamoramento è terminato la corteccia cerebrale prende il sopravvento. Quindi se uno dei vostri figli si è innamorato della persona "sbagliata", non rimproveratelo dicendogli che doveva usare il cervello. L'ha fatto, ma quelle parti della corteccia cerebrale che dopo un'attenta e ponderata riflessione avrebbero potuto portare a una scelta diversa, come la corteccia prefrontale, purtroppo intervengono nel processo ...quando ormai è troppo tardi.

Bibliografia:

- Dick SWAAB, Noi siamo il nostro cervello, Castelvecchi, Roma, 2011, pp. 96-98.

giovedì 24 dicembre 2015

Il primo chip che funziona con luce ed elettroni: Apre la strada a computer ultraveloci.

Fonte: ANSA Scienze
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Realizzato il primo microprocessore che usa la luce per comunicazioni ultraveloci. Descritto sulla rivista Nature, è stato realizzato dal gruppo dell'università della California a Berkeley, guidato da Vladimir Stojanovic. I ricercatori sono riusciti a combinare insieme elettroni e particelle di luce (fotoni) all'interno di un singolo chip, aprendo la strada a computer più veloci e a basso consumo.



''E' una pietra miliare" ,commenta Stojanovic. "E' il primo processore - aggiunge - in grado di usare la luce per comunicare con il mondo esterno''. I ricercatori sono riusciti a combinare elettroni e fotoni comprimendo due nuclei di processori con oltre 70 milioni di transistor e 850 componenti ottiche in un unico chip di 3 per 6 millimetri, con un design facilmente applicabile su scala industriale.
Rispetto ai cavi elettrici, le fibre ottiche sono in grado di sostenere una maggiore larghezza di banda, trasportando più dati ad una velocità maggiore, su distanze più lunghe e con meno energia. Finora il trasporto di particelle di luce nei chip si era rivelato difficile, perchè nessuno era riuscito a capire come integrare strumenti fotonici nei processi di fabbricazione dei chip senza cambiare il processo stesso.
Il nuovo chip ha dimostato di funzionare con diversi programmi informatici, dimostrando di avere una densità di banda larga di 300 gigabit al secondo per millimetro quadrato, circa 10-50 volte in più dei microprocessori elettrici ora sul mercato. E' inoltre efficiente dal punto di vista energetico, visto che consuma solo 1,3 watt per trasmettere un terabit di dati al secondo.
Negli esperimenti, i dati sono stati inviati a un ricevente dieci metri lontano e poi tornati indietro. ''Con l'ottica, con la stessa quantità di energia - aggiunge Chen Sun, uno dei ricercatori - si possono percorrere centimetri, metri o chilometri. Per far viaggiare un segnale elettrico per 1 chilometro invece servono migliaia di picojoule per ogni bit''.

lunedì 21 dicembre 2015

Rischio hacker per i dati sensibili nascosti nella luce: Anche la crittografia quantistica può essere violata.

Fonte: ANSA Scienze
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Sono possibili falle perfino nella forma di crittografia considerata la più sicura in assoluto, quella quantistica, che permette di trasmettere informazioni in codice sfruttando la luce. Se finora si era sempre pensato che i suoi messaggi fossero inviolabili, perché ogni tentativo di intrusione avrebbe alterato il segnale venendo automaticamente scoperto, ora questa convinzione sembra incrinarsi: il sistema in realtà può essere hackerato e le informazioni possono essere 'rubate' di nascosto. A dimostrarlo è un esperimento pubblicato su Science Advances dalle università svedesi di Stoccolma e Linkoping.
 ''Questa falla nella sicurezza consente di intercettare il traffico di informazioni senza essere scoperti'', spiega Jan-Ake Larsson, dell'università di Linkoping. ''Lo abbiamo compreso grazie a calcoli teorici - aggiunge - e i colleghi di Stoccolma sono riusciti a dimostrarlo sperimentalmente''.
 In laboratorio hanno infatti svelato il punto debole del metodo che oggi è alla base di molti sistemi di crittografia quantistica, il cosiddetto entanglement energia-tempo. Il suo funzionamento, estremamente semplificato, prevede che due pacchetti di luce (fotoni) vengano emessi dal mittente nello stesso momento in direzioni diverse: se l'informazione contenuta nel loro stato quantistico viene intercettata da un 'orecchio' spia, il segnale viene disturbato, e questo 'rumore' viene scoperto applicando un teorema noto come 'disuguaglianza di Bell'; se invece la connessione è sicura e libera da rumore, si possono usare i dati (fotoni) rimanenti come chiave per criptare e proteggere il messaggio.
 Quando la fonte di fotoni viene sostituita con una sorgente di luce tradizionale, però, l'hacker può identificare la chiave e quindi decifrare il messaggio senza essere scoperto. Questo problema, però, può essere risolto. ''Nel nostro articolo - ricordano gli autori - proponiamo una serie di contromisure, che vanno da semplici soluzioni tecniche alla ricostruzione dell'intera macchina''.

mercoledì 16 dicembre 2015

'Intravista' al Cern una nuova particella mai osservata finora e forse più pesante del bosone di Higgs.

Fonte: ANSA Scienze
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Una nuova particella, mai osservata finora e forse più pesante del bosone di Higgs, è stata 'intravista' in due esperimenti condotti nel più grande acceleratore del mondo, il Large Hadron Collider (Lhc) del Cern di Ginevra. I segnali, rilevati dagli esperimenti Atlas e Cms, non possono essere considerati una scoperta: per un'eventuale conferma servono alti dati, che potranno essere raccolti a partire dalla primavera 2016.
 Sono dati preliminari, riferiti dalla rivista Nature nel suo sito, presentati nei seminati organizzati a fine anno dal Cern. "Quello che vediamo è un piccolo eccesso locale, con una massa sei volte maggiore rispetto a quella del bosone di Higgs, ma potrebbe ancora essere una fluttuazione e non abbiamo ancora un'evidenza statistica sufficiente", ha detto la responsabile dell'esperimento Atlas per l'Italia, Marina Cobal, dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). "Sicuramente - ha aggiunto - è qualcosa di interessante e da tenere sott'occhio".
 Il funzionamento dell'Lhc all'energia da record di 13.000 miliardi di elettronvolt apre le porte a un territorio inesplorato della fisica. "Ormai siamo in una zona di frontiera nella quale nessuno sa che cosa troveremo", ha detto il fisico teorico Fabio Zwirner, della sezione di Padova dell'Infn. L'entusiasmo è già alle stelle: basti pensare che sono già una decina i lavori teorici che tentano le prime possibili spiegazioni dell'ipotetica nuova particella: "probabilmente andranno rivisti tra sei mesi - ha rilevato - ma sono il segnale dell'interesse che c'è per questa fisica di frontiera, che esplora i confini delle nostre conoscenze".