giovedì 24 ottobre 2013

Intelligenza Artificiale, tra emozioni e sentimento.

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Nel 1985, nel suo libro “La società della mente”, Marvin Minsky scrisse: “Non dobbiamo chiederci se le macchine intelligenti possano avere delle emozioni, ma se tali macchine possano essere intelligenti senza di esse”. Fino a non molti anni fa, lo studio sull’intelligenza artificiale  ignorava l’importanza delle emozioni nello sviluppo delle risposte artificiali in quelle che potremmo tranquillamente chiamare: “macchine semi-pensanti”. Ma in questi ultimi anni però, le cose sono cambiate. Rosalind Picard, direttore del gruppo di “Calcolo Affettivo” (Affecting Computing Research) del MIT, in un’intervista spiegò che il “calcolo affettivo” definisce “il settore che si occupa dei calcolatori che sono in grado di riconoscere, esprimere e generare progressivamente emozioni umane”, aggiungendo inoltre che “esso include l’assegnazione alle macchine di abilità di intelligenza impressionabile”; e non escludendo infine l’ipotesi che un giorno, determinate “risposte oggettive e standardizzate, potrebbero definire dei comportamenti superiori a quelli umani”.
Quando un essere umano, è in grado di superare delle prove di intelligenza con eccellenti risultati, ma senza contemporaneamente provare alcuna emozione, emerge una condizione patologica denominata: “sindrome frontale” (a volte chiamata anche "sindrome di Damasio"). Tali persone prendono delle decisioni su basi esclusivamente logiche, senza alcuna mediazione emotiva (con risultati generalmente disastrosi). La “sindrome frontale” è caratterizzata da alterazioni nel lobo frontale, con interessamento di una zona chiave della corteccia che comunica con il sistema limbico. I malati di “sindrome frontale”, ottengono normalmente eccellenti risultati nella prove di intelligenza, ma sono persone con forti incapacità emotive nei loro approcci. Quindi prendono decisioni che non possono essere considerate intelligenti. Se una persona normale, dopo una determinata azione logica, non ottiene il risultato atteso, cercherà un’altra soluzione; ma questo non avviene nel malato di “sindrome frontale”, che ripeterà continuamente ciò che gli sembra logico, anche se i risultati sono sempre e palesemente disastrosi. Non esiste quindi per tali persone, un “circuito di controllo” delle sensazioni, in grado di migliorare i loro processi cognitivi (apportando maggiore informazione o ridefinendo quella già esistente a livello intuitivo) e dunque di rendere del tutto logica ogni successiva azione intrapresa. Come ben spiega Sara Sesti in un eccellente articolo su tale argomento: “Tanto Edith Stein, quanto Max Scheler, anche se in modi differenti, avevano individuato nell’empatia (per Scheler “immedesimazione affettiva”) il modo di conoscere umano; ossia la capacità di cogliere affettivamente il vissuto altrui. Prima di qualsiasi altro scambio, l'empatia costituisce il primo momento e la base di ogni comunicazione e rappresenta la capacità di comprendere l'altro senza bisogno di simboli o parole, ma attraverso gli atti intenzionali. La forma di percezione nella quale consiste la comprensione empatica non è la semplice percezione passiva e ricettiva, ma contiene in sé il momento attivo della rielaborazione del percepito”.
Secondo la ricercatrice Javier Movellan: L'aspetto affettivo della comunicazione arricchisce la pura comunicazione verbale di messaggi che altrimenti rimarrebbero inespressi. Anzi, la comunicazione affettiva è a volte sufficiente affinché avvenga la comprensione tra due esseri viventi". Nel suo articolo sulle “emozioni artificiali”, la Sesti prosegue affermando che: Il computer, attraverso l'acquisizione e l'elaborazione delle centinaia di migliaia di informazioni relative al volto umano e ai suoi movimenti, impara a riconoscere nei volti reali delle persone sentimenti come la gioia, la rabbia, la tristezza o la curiosità. Marian Bartlett, che svolge il suo dottorato di ricerca presso il Machine Perception Laboratory e si occupa direttamente del progetto di riconoscimento facciale, afferma che oggi i loro computer sono in grado di riconoscere le dodici principali espressioni facciali con la stessa accuratezza di un esperto (umano) del settore. Il trucco utilizzato dai ricercatori è quello di mimare il funzionamento della retina umana suddividendo l'immagine in piccole celle, che vengono poi esaminate per individuarne i cambiamenti. I problemi da risolvere riguardano ancora, però, la capacità del computer di seguire i movimenti di un volto in una situazione comune e quindi in presenza di elementi di disturbo. Il trucco adottato in questo caso consiste nel far seguire al computer i colori della pelle che rappresentano una piccola banda dello spettro luminoso. Naturalmente, come per ogni scoperta tecnologica, sono già stati previsti gli usi e le applicazioni dell'Informatica Affettiva. La capacità dei computer di riconoscere gli stati d'animo degli uomini potrebbe essere fruttuosamente applicata alla diagnosi di alcune patologie psichiche, quali la depressione e certe forme di schizofrenia, che potrebbero essere individuate nelle loro manifestazioni dalla macchina prima che dal terapeuta. Oltre alle applicazioni nel campo della medicina si prevedono ottimi risultati nell'utilizzo dell'Informatica Affettiva nell'ambito dell'insegnamento a distanza. L'insegnante elettronico potrebbe adattare il metodo d'insegnamento per ogni allievo a seconda delle sue risposte emotive. Altrimenti, nel caso dell'insegnamento a distanza nel quale comunque sia mantenuta la presenza di un insegnante umano, l'applicazione della nuova tecnologia permetterebbe a quest'ultimo di essere cosciente delle reazioni dell'allievo e del suo interesse. Altro ambito nel quale si intravede la reale possibilità di utilizzo è quello dell'interazione con oggetti d'uso quotidiano: dal giocattolo che si accorge della tristezza del bambino e lo invita a giocare, all'automobile che suggerisce al guidatore stanco di accostare e riposarsi”.
Fatta questa premessa, su come sia possibile, per una “macchina”,  riconoscere ed interpretare correttamente determinate emozioni umane e rispondere di conseguenza (mimando tali stati emotivi), rimane però ancora una questione fondamentale da risolvere; ovvero: Ma tali macchine, un giorno, saranno in grado di replicare perfettamente i processi cognitivi umani? E se la risposta è sì, in tal caso, le loro emozioni, saranno “reali”? Qual è il confine tra “reale” ed “irreale/artificiale”, quando parliamo di “stati mentali”? Perché di questo si tratta, ossia di stati di elaborazione dell’informazione così complessi, da poter essere considerati dei veri e propri “stati mentali”! Ebbene io qualche idea a tal proposito ce l’avrei.
Sul fatto che un giorno l’uomo riuscirà a costruire delle “macchine” in grado di replicare perfettamente i processi cognitivi umani (attraverso forme d’ intelligenza addirittura superiori a quelle tipiche degli esseri umani dotati di straordinarie capacità intellettive), in grado di muoversi autonomamente ed autoalimentarsi  (immaginiamo degli androidi estremamente evoluti, a titolo d’esempio), non ho alcun dubbio.  Ciò mi porta ad ipotizzare che il “sistema pulsante”, l’ “elaboratore centrale” di informazione relativa a tutti i processi cognitivi di  tale “macchina pensante”, potrà essere costruito ed operare su diverse tipologie di substrato ; per cui potrebbe essere di natura chimico-biologica, del tutto composto da elementi di natura inorganica, oppure ibrido (dove l’elettronica si fonderebbe con elementi di natura chimico-biologica).  Da tale ipotesi, non posso far altro che andare oltre e pormi le seguenti domande:  Ma tali “macchine pensanti”, raggiunto un certo livello di complessità (in materia di processi cognitivi), potranno manifestare anche un comportamento emotivo o addirittura “provare” del sentimento verso persone, animali  o altre “macchine pensanti” simili a loro? Emozioni e sentimento, necessitano  forzatamente di una “mente biologica”, oppure no?  Se ad un essere umano viene trapiantato un cuore artificiale (di materiale plastico-inorganico), i suoi sentimenti nei confronti dei suoi cari restano immutati. Non diventa improvvisamente insensibile o privo di quei meccanismi che regolano i suoi processi empatici. Lo stesso discorso si potrebbe fare per quelle persone alle quali vengono impiantati altri organi artificiali di natura inorganica oppure delle protesi in sostituzione degli arti inferiori o superiori; tali persone non diventano delle macchine, senza emozioni, sentimento, empatia e principi morali! Dunque tutto lascia credere che sia solo il cervello, a dare origine ad emozione  e sentimento; ossia che tutto dipenda dal nostro “elaboratore centrale” di informazione relativa a tutti i nostri processi cognitivi!  Nonostante queste considerazioni però, la domanda di partenza rimane sempre la stessa:  Emozione e sentimento, necessitano  forzatamente di una “mente biologica”? Ovvero, tutti i processi cognitivi, per manifestare determinate forme  di espressività comportamentale legate ad emozione e sentimento, debbono necessariamente prendere forma e svilupparsi attraverso un substrato biologico? Ma cosa sono in realtà le emozioni, che cos’è in realtà il sentimento?  Sono degli stati mentali, che portano a delle manifestazioni corporee, ma non sempre!  In alcuni individui infatti, tali stati mentali vengono “interiorizzati”, e dunque possiamo accorgerci della loro esistenza soltanto attraverso una comunicazione verbale con il soggetto interessato. Ma uno stato mentale possiamo però definirlo attraverso la tipologia delle onde cerebrali emesse in un dato istante e delle aree del cervello interessate durante tale processo cognitivo. Si tratta dunque di rilevare determinate onde elettromagnetiche e di determinare alcune aree del nostro cervello chiamate in causa durante uno specifico evento preso in esame (un gesto d’affetto, un grido di gioia,…). Ma se le onde elettromagnetiche emesse da un apparato tecnologico di natura inorganica , fossero della stessa natura (stessa frequenza e lunghezza d’onda) di quelle emesse da un cervello umano (quindi da un substrato biologico); se tali onde (dell’apparato tecnologico) emergessero inoltre, solo ed esclusivamente da determinate parti (o aree) del dispositivo artificiale (dunque secondo degli schemi  analogicamente equiparabili a quelli presenti nel cervello), a dipendenza della natura dell’onda stessa e della sua “affinità” con determinate aree dell’elaboratore artificiale; e se infine l’intero processo di elaborazione dell’informazione, fosse identico a quello prodotto da una mente umana, in che modo potremmo accorgerci della differenza?  Possiamo immaginare dunque l’esistenza di stati mentali di natura artificiale (non biologica); ma ci è difficile immaginare che onde elettromagnetiche della stessa natura (uguali in entrambi i sistemi di riferimento: cervello e apparato artificiale), e altrettanti processi di elaborazione dell’informazione anch’essi identici nei due sistemi di riferimento (cervello e apparato artificiale), possano dare origine a degli stati mentali umani e non umani! E se un giorno scoprissimo che amore e sentimento sono dei principi universali legati a qualsiasi “entità pensante” dell’Universo (sia essa di natura biologica o meno)? Ebbene sarà solo l’evoluzione della scienza e della tecnologia nell’ambito dell’intelligenza artificiale, che in futuro potrebbe portarci verso una risposta definitiva ed esauriente a tale domanda; per ora possiamo solo limitarci a cercare il modo di accrescere e diffondere tali principi tra i nostri simili, i quali, anche se non fossero universali, sono comunque in grado di rendere l’animo umano più nobile ed aperto ad ogni eventuale comunione (in futuro), con altre “entità pensanti” di natura diversa dalla nostra (fossero esse terrestri, dunque costruite dall’uomo, o provenienti da altri mondi). 
Nel libro “Il Principio Antropico”, gli autori John D.Barrow & Frank J.Tipler, sostengono che: “"L'opportunità di creare esseri intelligenti superiori agli esseri umani viene messa spesso in discussione, in quanto si dice che tali esseri non sarebbero dei servitori ma dei padroni. Noi riteniamo, al contrario, che sarebbe saggio dal punto di vista economico che i membri di specie evolutesi per via naturale costruissero dei robot intellettualmente molto superiori a se stessi. Ricordiamo che ogni ricchezza è in ultima istanza Informazione. Robot dall'intelligenza superiore aumenterebbero la quantità di Informazione a disposizione di una civiltà ben al di là di quanto potrebbero fare i soli sforzi dei creatori. La cooperazione tra robot super-intelligenti e membri della specie che li ha creati, porterebbe ad un aumento della ricchezza disponibile per entrambi i gruppi, e la specie creatrice sarebbe più ricca con i robot che senza. Che la cooperazione tra due entità economiche A e B, con A superiore a B sotto tutti i punti di vista, comporti un miglioramento economico per entrambe, è una ben nota conseguenza della teoria del vantaggio relativo in economia. Noi esseri umani non dovremmo avere paura dei nostri discendenti robot più di quanto ne abbiamo di quelli fatti di carne e sangue, che un giorno l'evoluzione renderà diversi dall'Homo sapiens. Decisamente non sarebbe saggio attaccare o tentare di ridurre in schiavitù i robot intelligenti nostri discendenti. Non dimentichiamo che nel racconto originale Frankestein era inizialmente un essere gentile e generoso, diventato malvagio solo per lo spietato trattamento ricevuto dagli uomini". Io aggiungo semplicemente questo: Tutto vero …purché le cose vadano sempre nel “verso giusto”.
Le ricerche più recenti (nonché le rispettive applicazioni) nel campo dell'intelligenza artificiale, atte alla realizzazione di robot umanoidi, implicano anche un miglioramento tecnologico in grado di fornire a queste "macchine" (un domani), una sorta di intelligenza emotiva sulla cui base possa svilupparsi ciò che comunemente chiamiamo: autocoscienza. Paradossalmente comunque, in base ai parametri più "deterministici" della teoria dell' "Oggettività Forte", il fenomeno dell'autoconsapevolezza non esiste (in quanto il nostro Ego viene considerato come una sorta di entità fittizia); tutto è quindi definibile in termini di "complessità auto-organizzantesi". Tuttavia, non è possibile intraprendere alcun tipo di studio o ricerca sull'intelligenza umana o artificiale, sulla base del modello deterministico della realtà.
A mio avviso, è possibile definire il concetto di "sentimento" come una sorta di input alla cooperazione, il cui fine ultimo è quello di migliorare la qualità dell'Informazione onde poter raggiungere livelli sempre più alti sulla nostra scala evolutiva. Nel caso specifico della specie umana quindi, tale fenomeno ("sentimento") porta a dei rapporti di coppia (uomo-donna) stabili i cui frutti (prole) saranno in grado di garantire una certa continuità della specie e quindi in ultima analisi, un miglioramento della qualità dell'Informazione (che come abbiamo precedentemente visto, rappresenta la nostra reale "ricchezza"). Amore ed Amicizia quindi, giocano un ruolo importantissimo nel processo evolutivo di una specie. Se un giorno quindi i nostri cari androidi diverranno sufficientemente evoluti da poter addirittura auto-riprodursi, possiamo facilmente intuire che non esiteranno un solo istante ...a mettere in pratica tale opportunità.  

martedì 22 ottobre 2013

L'evoluzione delle idee, attraverso i sentieri delle probabilità.

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Due amici, in un parcheggio per automobili…
“Ma guarda un po’ quell’auto, ha alcune impronte bianche di zampa di gatto sul cofano; e sembrerebbe persino vernice! …non vorrei essere nei panni del proprietario di quell’auto; riverniciare il cofano gli costerà probabilmente oltre mille euro!”
“Guarda che le cose non stanno come pensi. Conosco il proprietario di quell’auto; quelle impronte sul cofano le ha dipinte lui di proposito, pensando di rendere più simpatica la sua vettura”.
"Però …non l’avrei mai detto. E quell’auto accanto, tutta a pallini rossi su vernice bianca, l’hai vista?...il proprietario dev’essere sicuramente una persona molto estroversa…”

“Conosco anche il proprietario di quell’auto. Sono stati due ragazzini dispettosi, due sere fa, durante la notte, a ridurgliela così”.
“Ma è incredibile questa coincidenza! In uno stesso parcheggio, vi sono le auto di due persone che conosci personalmente …e che ovviamente hai subito riconosciuto dalle loro strane caratteristiche!”
“Trovi? …io invece ritengo più incredibile il fatto che un proprietario dipinga sulla sua automobile, solo tre impronte di zampa di gatto …invece di ricoprirla interamente di tali impronte; come ritengo altresì incredibile che due ragazzini, durante la notte, siano stati in grado di compiere in breve tempo un lavoro così accurato e preciso, come tu stesso puoi osservare con i tuoi occhi”.
“E quindi, cosa vorresti dirmi, che mi hai mentito?”
“E su che cosa, ti avrei mentito? Sul fatto che conosco i proprietari delle automobili, o sulle strane caratteristiche estetiche  delle loro vetture? Che io ti abbia mentito oppure no, sul fatto che conosco i proprietari, inciderebbe in qualche modo sulle probabilità che io ti abbia mentito anche su tutto il resto?”
“Bè, se tu mi avessi mentito sul fatto che conosci i proprietari, molto probabilmente anche tutto il resto sarebbe solo frutto della tua fantasia!”
“Già …questo è ciò che la nostra mente ci induce a credere e che col tempo abbiamo imparato persino a quantificare, in termini di probabilità, attraverso le regole dell’inferenza bayesiana. Per gli esseri umani risulta sempre molto difficile credere che possano esistere delle “verità isolate”, che non siano a loro volta figlie di una verità “centrale” più grande ed omnicomprensiva; tutto dev’essere sempre giustificato da un rapporto di causa-effetto o perlomeno da supposte (dunque soggettive) analogie tra i vari oggetti, pensieri, osservazioni ed eventi che compongo il puzzle di un determinato contesto preso in considerazione (che per quanto vasto possa essere, dovrà pur sempre avere dei limiti). Nel presente quindi, debbono sempre figurare degli elementi che ci ricollegano inevitabilmente al passato; affinché il tutto abbia un’aria di credibilità e sia quindi accettabile ed utilizzabile come terreno per ulteriori indagini (a titolo d’esempio, basti pensare al fatto che nel campo dell’astronomia, ci vollero circa 1300 anni per passare dalle idee di Tolomeo a quelle di Copernico!). Ciò ovviamente non può far altro che rallentare ogni eventuale progresso lungo il nostro percorso evolutivo, in ogni ambito dell’attività umana. Ma è un bene che le cose stiano così, altrimenti sulla Terra regnerebbe il caos; sia nel mondo delle idee (in ambito scientifico, filosofico, politico, economico, etc.) che in quello pratico relativo alla vita quotidiana di ogni essere umano che si rapporti con i suoi simili, all’interno di una collettività. Un mondo pieno di gattini ciechi non gioverebbe proprio a nessuno, ma starebbe solo a simboleggiare, forse come monito per l’intera civiltà umana, che la strada verso un’estinzione prematura, se non stiamo bene attenti, potremmo iniziare a costruircela da soli …e probabilmente senza neppure accorgercene”.  

domenica 20 ottobre 2013

Il mondo dei "vincenti".

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Dopo la riunificazione delle due repubbliche tedesche, federale e democratica (il 3 ottobre del 1990), le persone residenti nella Germania Est iniziarono a fare a gara nel trasferirsi il più presto possibile nella confinante Germania Ovest; la “terra promessa” in cui chi aveva la fortuna di approdare, poteva godere di tutte le meraviglie del capitalismo. I più audaci quindi, spinti dall’illusione della “libertà” e dal desiderio di sperimentare sulla loro pelle, quell’eccitante sensazione data da una libera competizione verso ricchezze e potere, sostenuti solo dalla loro vanità e avidità, si riversarono in massa  nella terra che avevano sempre sognato. Chi riuscì a realizzare i propri sogni, grazie alle proprie doti intellettive ed intuito negli affari (ma grazie anche ad una buona dose di fortuna e in molti casi anche di astuzia e disonestà), si convinse quindi della validità e degli innumerevoli pregi del sistema capitalistico; portandone alta la bandiera . Ed oggi sono proprio i nuovi ricchi del est (ormai non più giovani), coloro che durante la loro infanzia vissero sotto regime comunista, ad ostentare maggiormente le loro ricchezze. Per tali persone, il successo (denaro e potere a volontà), è figlio indiscusso della selezione naturale; visto che per raggiungerlo, occorre passare per la competizione (ad ogni costo, con ogni mezzo, calpestando chiunque intralci il loro cammino). I più forti vincono, i più deboli soccombono, così vuole la dura legge della natura; questa è la loro filosofia di vita. Ma è fin troppo facile adottare questa filosofia di vita quando si è dei “vincenti” e rinnegarla invece quando  si è dei “perdenti” (elogiando in tal caso il buon vecchio regime comunista). Un “vincente” quindi dovrebbe mostrarsi sempre coerente con le proprie idee e nel caso in cui il destino dovesse tradirlo (o metterlo alla prova?) facendogli perdere ogni ricchezza materiale, avere almeno il coraggio di suicidarsi. Invece il più delle volte capita che tali signori, invece di fare ciò che per coerenza con le loro idee dovrebbero fare (togliersi di mezzo), improvvisamente, trovandosi sull’orlo di un precipizio (o essendoci già finiti dentro), al culmine della loro ipocrisia, diventino dei “buonisti”; dei docili, simpatici ed amichevoli “fratelli” in cerca dell’ “Unità”. Ma forse è un bene che sia così; tutti hanno il diritto (o il dovere?) di capire, quando il fato ci mette duramente alla prova, che in realtà non esistono né perdenti e né vincitori, a questo mondo, ma solo persone che meritano di vivere dignitosamente. La selezione naturale (almeno quella legata alla competizione per le risorse, poiché quella legata agli adattamenti ambientali ed epidemiologica, non dipende dal livello evolutivo di alcuna specie animale) possiamo tranquillamente lasciarla alle specie animali meno evolute della nostra; poiché tali specie non sanno ciò che fanno e i loro comportamenti, sono quindi giustificabili; ma gli esseri umani sanno esattamente ciò che fanno, ne sono pienamente consapevoli, ed è per questo motivo che sono tutti biasimabili. Ma forse sono ancora io a sbagliarmi; infatti, finché negli esseri umani prevarranno determinati “impulsi neurogenetici di antico stampo”, le cose non potranno mai cambiare in meglio; e la realtà che osserviamo oggigiorno a livello sociale, è solo il risultato di un livello evolutivo ancora piuttosto basso, della nostra specie animale.

sabato 19 ottobre 2013

Tecnologia e salute ...l'alto prezzo dell'evoluzione.

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Circa trent’anni fa (nel 1986), il biologo ed antropologo sudafricano Lyall Watson, nel suo libro “Beyond Supernature” (tradotto per la prima volta in italiano solo nel 1992), così scriveva a proposito dell’inquinamento ambientale elettromagnetico e delle sue interazioni (tutt’altro che positive) con tutti gli esseri viventi che popolano la Terra (con particolare riferimento al genere umano): “Siamo, senza volerlo ma con nostra tacita approvazione, i soggetti di un gigantesco esperimento elettrico; di cui non possiamo scorgerne la fine. La densità delle onde radio attorno a noi è ora cento milioni di volte superiore al naturale livello che proviene dal Sole [e non era neppure iniziata l’era dei telefoni cellulari! I quali cominciarono a diffondersi su scala globale, solo a partire dalla metà degli anni novanta, avendo un vero e proprio boom di vendite nel 2000; nel 2007 il 50% della popolazione mondiale aveva un cellulare, all'inizio del 2009 la percentuale è salita al 61%! N.d.A]. Quando verranno introdotti [in massa, poiché già utilizzati sin dalla fine degli anni ‘60, N.d.A] i cavi di superconduzione[1], la forza del campo attorno alle linee elettriche aumenterà di venti volte. Le macchine elettriche e i veicoli mossi grazie alla levitazione magnetica aggiungeranno fonti completamente nuove di inquinamento elettrico al caos in cui siamo già immersi. Nel frattempo, i primi risultati della sperimentazione cominciano a trasparire, e sembra che non esista alcun luogo dove nascondersi. Fin dal 1982, è stata riportata un’alta frequenza di casi di leucemia, in tre indagini separate condotte su persone in California, Inghilterra e Galles, esposte ad alte frequenze elettromagnetiche: gli operatori radiofonici, i tecnici elettronici, i lavoratori delle linee elettriche, i fonditori di alluminio, gli ingegneri elettronici. Un’aumentata predisposizione al cancro è stata registrata in bambini le cui abitazioni sono vicine a linee elettriche ad alto voltaggio. (…) Sembra che le donne americane in stato interessante (ma anche inglesi e canadesi), che lavorano come operatrici di terminali video siano soggette ad aborti, a nascite di bambini morti o deformi, con una percentuale più alta di quella di tutta la popolazione nel suo complesso. Ovunque, un gran numero di persone operanti in ambienti altamente elettrici lamenta emicranie, perdita d’appetito e frequente affaticamento”. Proseguendo poi nella pagina successiva: “Ci svegliamo e ci addormentiamo, sudiamo e tremiamo, oriniamo e respiriamo in sintonia con tracce cosmiche che sono spesso così deboli da non poter essere prese seriamente in considerazione dalla scienza medica. Durante l’ultima decade questa tendenza a sottovalutare l’influsso dei campi elettromagnetici ambientali, è stata invertita da una marea di studi sull’insonnia, sulle irregolarità mestruali e sullo stress nei pazienti con disturbi ciclici. È ora largamente accettata la teoria che l’integrità funzionale, i processi fondamentali della crescita e del controllo e l’efficiente funzionamento del sistema nervoso centrale, siano tutti in gran parte regolati dal nostro ambiente elettromagnetico”.
Oggigiorno (a causa degli interessi miliardari che ruotano attorno alle lobbies legate soprattutto al mondo delle telecomunicazioni), a distanza di circa trent’anni da quanto era già più o meno noto in ambito scientifico (ma in parte anche popolare), sui potenziali rischi ed effetti negativi dell’elettrosmog, "gli studi che sostengono di aver trovato correlazioni statistiche significative tra l'esposizione a radiazione elettromagnetica a bassa frequenza e l'insorgenza di effetti a lungo termine (quali leucemia e vari tipi di tumore), vengono spesso contestati sulla base della presunta non significatività statistica dei risultati (dovuta principalmente alla ristrettezza del campione scelto o a tempi di studio non sufficientemente lunghi)". (Fonte: Wikipedia)
Ora, col passare degli anni, dei lustri e dei decenni, è ovvio che la situazione andrà via via peggiorando sempre di più (a meno che non assisteremo ad una lenta e graduale involuzione nel campo della tecnologia e dei suoi vari campi d’impiego, con un progressivo ritorno a mezzi elettronici e tecnologici meno evoluti usati nel passato; una cosa estremamente improbabile, per non dire impossibile). È assai probabile quindi (per non dire scontato), che attorno al 2050 avremo ormai raggiunto dei livelli esponenziali di elettrosmog, su scala mondiale! E il problema è che non vi è alcun modo per porvi rimedio, né ora come neppure in futuro; la corsa è inarrestabile. Anzi, in futuro il genere umano disporrà di una rete di telecomunicazioni così fitta, ramificata e presente in ogni angolo del globo terrestre, che probabilmente sarà addirittura in grado di auto-alimentarsi! Ovvero di assorbire autonomamente l’energia necessaria attraverso “scambi d’eccedenze” tra i vari sistemi di trasmissione e ricezione dei segnali elettromagnetici usati appunto per le telecomunicazioni. E non si tratta di fantascienza; molti studi in tale direzione sono già stati eseguiti, e i primi risultati li potremo appurare molto probabilmente già entro il 2018, quando sul mercato inizieranno a comparire i primi telefoni cellulari senza batteria! L'università di Washington sta infatti lavorando ad una tecnologia rivoluzionaria denominata:  Ambient Backscatter (radiazione di ritorno ambientale), che permetterà in un prossimo futuro di far funzionare i dispositivi elettronici, telefoni compresi, senza l'ausilio della batteria. Per farlo i dispositivi sfrutteranno le onde elettromagnetiche già presenti nell'ambiente, come quelli dei ripetitori televisivi, i network Wi-Fi  e le reti cellulari.   
La salute degli esseri umani (ma non solo la nostra, anche quella di molte altre specie animali), non potrà che essere compromessa sempre di più, in un prossimo futuro (e la medicina ovviamente, anche tra vent’anni, non sarà ancora in grado di fare miracoli). Quindi, a fare la differenza, a decidere quale parte dell’umanità sopravviverà, di generazione in generazione, nel corso dei secoli a venire, e quale invece soccomberà (a causa di leucemie, tumori maligni ed altre patologie assai gravi legate principalmente all’inquinamento ambientale elettromagnetico; ma anche a quello classico dovuto alle polveri fini, in costante aumento in ogni angolo del nostro pianeta), sarà semplicemente la cara e vecchia …selezione naturale (che solo nel corso delle decine di migliaia di anni, potrà evidenziare un percorso evolutivo della specie umana, verso una maggiore intelligenza; mentre nel corso dei secoli a venire, preserverà soltanto gli individui meglio predisposti da un punto di vista biologico e genetico, ai cambiamenti ambientali (di natura elettromagnetica, climatica o epidemiologica). 


[1] Un cavo superconduttore permette di trasmettere una quantità di energia elettrica tra tre a cinque volte maggiore di quella di un cavo in rame di pari dimensioni, con una significativa riduzione delle perdite.

mercoledì 9 ottobre 2013

Dimensioni parallele ...e strani sogni.

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L’alieno lo prese per mano e gli disse: “Vieni, non avere paura, ti accompagnerò in un’altra dimensione”. L’essere umano accettò l’invito e salì con l’alieno sull’astronave. Pochi istanti dopo si ritrovarono entrambi in un posto incantevole, ma palesemente non terrestre. Scesero insieme dalla nave spaziale e l’essere umano cominciò a guardarsi attorno, tentando di toccare con le mani gli oggetti ad egli circostanti. Subito notò con grande stupore, che le sue mani, così come il resto del suo corpo, passavano attraverso gli oggetti come se questi fossero degli ologrammi, delle entità evanescenti; e dunque non vi era modo di toccare o afferrare proprio nulla. L’umano a quel punto si rivolse all’alieno: “Ma dove mi hai portato? Non capisco, com’è possibile che io riesca a camminare, in un posto simile…” e iniziò a premere le sue dita sulle sue braccia, per essere sicuro di avere ancora una “consistenza solida”; dopo essersene accertato, esclamò: “Ma sono sempre lo stesso, la mia consistenza non è cambiata! Ho ancora un corpo solido!...e allora come mai non sprofondo?...la mia densità è molto più alta rispetto a tutto ciò che mi circonda, è molto strano tutto ciò”. A quel punto intervenne l’alieno: “Sprofondare? E in cosa o dove, dovresti sprofondare? Qui non esiste la forza di gravità, ma solo la forza di volontà. Prova a pensare di conficcare il tuo piede destro nel suolo su cui stai camminando”. L’essere umano provò a fare ciò che gli era stato chiesto e ancora una volta con suo grande stupore, scoprì che era possibile, solo con la propria forza del pensiero, continuare a camminare su di un suolo evanescente, oppure immergervisi dentro!  Ma ad un tratto l’alieno interruppe quel suo stato mentale che oscillava costantemente tra la gioia, lo sconcerto e l’euforia, rivolgendosi ad egli con le seguenti parole: “E se ora io ti dicessi che tu in realtà sei morto e tutto ciò non è reale, mi crederesti?”. L’umano, quasi stizzito e con tono deciso rispose: “Ma no ovviamente! Mi ci hai portato tu qui; come faccio ad essere morto?”. Al che l’alieno rispose: “E se invece ti avessi portato qui a tua insaputa, magari prelevandoti nel cuore della notte, durante il sonno, e poi qui qualcuno ti avesse detto che in realtà sei morto?”. L’umano si prese un attimo per riflettere e poi disse: “Bè,  non ci avrei creduto ugualmente e avrei sicuramente pensato che stessi sognando. Però la cosa francamente mi spaventa, perché quel sogno avrebbe potuto continuare per moltissimo tempo, e io non avrei mai potuto accorgermi di nulla”. L’alieno abbozzò un sorriso e disse: “Già, non avresti potuto mai accorgerti di nulla, a meno che io ad un certo punto, non ti avessi riportato sulla Terra. Ma se ti fossi risvegliato lentamente nel letto in cui dormi abitualmente, a cosa avresti creduto, ad un sogno, o ad un evento reale?”. L’umano a tal punto si strinse nelle spalle e mestamente rispose: “Senza alcun indizio su cui poter riflettere, probabilmente avrei pensato di essermi finalmente risvegliato da un brutto sogno”.