martedì 22 novembre 2016

Pochi secondi per caricare lo smartphone, ora diventa possibile: Con super condensatori.

Fonte: ANSA Scienze
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Ricaricare lo smartphone meno di una volta alla settimana impiegando soltanto pochi secondi: il sogno potrebbe diventare realtà grazie ai nuovi super condensatori flessibili sviluppati dagli esperti di nanotecnologie dell'Università della Florida Centrale.

Immagazzinare più energia e più a lungo
Questi dispositivi sono capaci di immagazzinare rapidamente più energia rispetto alle tradizionali batterie al litio, mantenendo la propria stabilità per oltre 30.000 cicli di ricarica: descritti sulla rivista ACS Nano, potrebbero rivoluzionare anche il settore delle tecnologie indossabili e delle auto elettriche.

Super-condensatori
Il segreto di questi super condensatori sta nell'impiego di nuovi materiali bidimensionali con lo spessore di un solo atomo. Molti gruppi di ricerca avevano già provato ad utilizzarli in passato, impiegando ad esempio il grafene, ma nessuno era riuscito a sfruttare il loro incredibile potenziale incorporandoli nei sistemi esistenti fatti con materiali tradizionali.

Milioni di microscopici fili
Il gruppo statunitense guidato da Yeonwoong 'Eric' Jung ha vinto questa sfida tecnologica sfruttando un nuovo approccio di sintesi chimica, che ha consentito di realizzare super condensatori composti da milioni di microscopici fili (con un diametro dell'ordine dei milionesimi di millimetro) rivestiti da materiali bidimensionali: in questo modo, il 'cuore' ad alta conduttività facilita il trasferimento degli elettroni per velocizzare la carica, mentre il rivestimento con i nuovi nanomateriali consente di avere maggiore densità di energia e di potenza.

Più di 30.000 cicli di ricarica E i vantaggi non finiscono qui: se le batterie al litio di un comune smartphone iniziano a 'perdere i colpi' dopo circa 1.500 cicli di ricarica, i nuovi super conduttori mantengono la loro stabilità per più di 30.000 cicli.

Una prova di principio
Il processo produttivo di questi dispositivi, che sarà presto brevettato, ''non è ancora pronto per la commercializzazione - ammette Jung - ma rappresenta un'importante prova di principio: il nostro studio dimostra il forte impatto che potrà avere su molte tecnologie''.

lunedì 14 novembre 2016

Un computer legge il pensiero e lo traduce in testi: Potra' rendere ancora piu' facile dialogare con Google o con Siri.

Fonte: ANSA Scienze
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Il computer 'legge nel pensiero' e traduce quello che abbiamo in mente in testi. E' possibile grazie a una speciale interfaccia che in futuro potrebbe aiutare le persone che non riescono a parlare a causa di malattie o che potra' rendere ancora piu' facile dialogare con Google o con Siri. L'interfaccia e' descritta sulla rivista Frontiers in Neurosciences da Christian Hertf e Tanja Schultz, dell'universita' tedesca di Brema. Per adesso funziona solo grazie a elettrodi impiantati nel cervello, ma e' un primo passo verso future interfacce cervello-computer da utilizzare nella vita di tutti i giorni.

L'esperimento condotto su pazienti con epilessia
''Per la prima volta abbiamo dimostrato che l'attivita' cerebrale puo' essere decodificata e utilizzata per le tecnologie di riconoscimento vocale automatico'', ha detto Hertf. Tuttavia, ha aggiunto ''l'attuale necessita' di impiantare elettrodi nel cervello rende il sistema ancora lontano dal suo utilizzo nella vita quotidiana''. I ricercatori hanno condotto un esperimento su pazienti con epilessia che avevano elettrodi impiantati nel cervello per trattare la loro condizione. I volontari hanno letto un testo mentre la loro attivita' cerebrale e' stata registrata grazie all'elettrocorticografia (Ecog), la tecnica che con degli elettrodi misurato i segnali elettrici delle cellule nervose direttamente sulla superficie del cervello. Nello stesso momento e' stato anche registrato l'audio del testo letto dai partecipanti e questo, grazie a un software, ha permesso di calibrare la cadenza di vocali e consonanti.

Un algoritmo traduce i segnali delle cellule in testo
Queste informazioni sono state utilizzate per mettere a punto e calibrare un algoritmo in grado di decodificare con molta precisione i segnali delle cellule del cervello e trasformarli in un testo. L'esperimento ha dimostrato inoltre che l'elettrocorticografia, per il momento, e' la tecnica piu' utile per mettere a punto questo tecnologia perche', a differenza delle altre tecniche che misurano l'attivita' cerebrale, cattura i segnali direttamente sulla superficie del cervello. Di conseguenza questi ultimi sono piu' 'puri' perche' non filtrati dal cuoio capelluto e dalla pelle.

giovedì 10 novembre 2016

Scimmie paralizzate camminano grazie a chip wireless: Entro 5 anni la sperimentazione sull'uomo.

L'interfaccia cervello-midollo spinale sperimentata con successo sulle scimmie paralizzate e applicata nella foto a un modello di cervello realizzato in silicone (fonte: Alain Herzog / EPFL)
Fonte: ANSA Scienze
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Due scimmie sono tornare a camminare dopo una lesione spinale: è stato possibile grazie a un by-pass wireless capace di raccogliere gli impulsi elettrici nel cervello e inviarli a un chip impiantato nel midollo spinale, 'scavalcando' il tratto interrotto. Coordinata da Grégoire Courtine, del Politecnico di Losanna (Epfl), erealizzata con il contributo degli italiani Silvestro Micera, della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e Epfl, e Marco Capogrosso, di Epfl, la ricerca è stato pubblicata sulla rivista Nature e potrebbe portare entro 5 anni alle sperimentazioni sull'uomo.
"Quando camminiamo il nostro cervello invia, attraverso il midollo spinale, dei comandi per attivare i muscoli. Ma se c'è una lesione nel midollo la trasmissione si interrompe e le indicazioni dal cervello non raggiungono i muscoli. Quello che siamo riusciti a fare è stato ripristinare il collegamento in modo artificiale", ha spiegato Micera.

L'esperimento:
Per farlo i ricercatori hanno impiantato, nella regione della corteccia cerebrale del coordinamento motorio, degli elettrodi capaci di inviare a un computer gli impulsi prodotti dal cervello. I dati in arrivo vengono elaborati e inviati a un altro dispositivo impiantato nel midollo spinale, a valle della lesione, permettendo così l'arrivo dei segnali ai muscoli. Il successo, il primo a farlo inviando i segnali cerebrali attraverso un chip impiantato nel midollo, è stato ottenuto su due scimmie paralizzate che hanno ripreso a camminare in pochi giorni.

Le ricadute per l'uomo:
Un lavoro pionieristico che promette di avere presto importantissime ricadute sull'uomo perché uno dei punti di forza dell'esperimento è quello di aver usato tutti dispositivi già approvati, a quasi, per l'utilizzo sull'uomo. "Impiantare elettrodi direttamente nel cervello e nel midollo spinale richiede attenzioni extra che sono allo studio - ha aggiunto Micera - ma in linea di principio traslare sull'uomo il lavoro già fatto non richiederà molto tempo. Già sono stati autorizzati studi clinici per alcuni aspetti del lavoro". Dal 2006, anno del primo esperimento pensato per registrare con elettrodi l'attività cerebrale per muovere un braccio robot, i progressi nel settore sono stati rapidissimi tanto anche secondo esperti estranei allo studio, come Andrew Jackson, dell'istituto di neuroscienze dell'università britannica di Newcastle, i primi dispositivi sull'uomo potrebbero arrivare già entro 5 anni.
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VIDEO

Pronta la carta del futuro, riscrivibile fino a 40 volte: E' una membrana sensibile alla luce.

Fonte: ANSA Scienze
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La carta cambia look: quella del futuro e' una membrana riscrivibile, che puo' essere stampata e cancellata fino a 40 volte mantenendo una buona risoluzione. L'ha ottenuta in Cina il gruppo dell'universita' di Shandong guidato da Ting Wang e Dairong Chen. Descritta sulla rivista Applied Materials & Interfaces e ripresa dal sito della rivista Science, la membrana ha un aspetto simile a quello della carta, ma e' qualcosa di diverso.

Una membrana flessibile:
I media digitali possono essere prevalenti nella societa' di oggi, ma a volte uno schermo elettronico non basta. La carta resiste ancora in molti campi, per esempio grandi manifesti e striscioni rimangono la norma in occasione di conferenze e fiere. Nel tentativo di ridurre l'impatto ambientale, i ricercatori hanno ottenuto una membrana flessibile a partire da un polimero solubile in acqua e impregnato di ossido di tungsteno: lo stesso materiale utilizzato nelle 'finestre intelligenti' per modulare la quantita' di luce e calore che vi passa.

Stampare con la luce:

La superficie della membrana viene stampata grazie alla luce: viene prima coperta con una matrice sulla quale e' stato intagliato il modello da stampare e poi viene esposta ai raggi ultravioletti, che fanno diventare l'ossido di tungsteno da incolore a blu solo nella parte da stampare. Il cambiamento di colore richiede solo pochi secondi, molto meno rispetto ai precedenti esperimenti con superfici riscrivibili. Inoltre, il modello stampato svanisce naturalmente nel tempo in presenza di ossigeno, ma rimane visibile per diversi giorni in condizioni atmosferiche normali. Le membrane possono anche essere sbiancate in meno di mezz'ora, esponendole all'ozono o al calore. Secondo gli autori la commercializzazione di questa tecnologia sarebbe relativamente semplice, perche' le materie prime necessarie sono tutte gia' disponibili a livello industriale.

martedì 8 novembre 2016

Valvole 'di luce' rendono vicino l'addio al silicio: Primo dispositivo microelettronico senza semiconduttori.

Fonte: ANSA Scienze
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Sempre più vicino il 'pensionamento' del silicio: grazie ai nuovi materiali capaci di 'giocare' con la luce si aprono le porte a una nuova era dell'elettronica con il superamento dei tradizionali semiconduttori e il ritorno delle vecchie valvole, ma in formato micro. E' quanto si prospetta grazie al successo ottenuto da Dan Sievenpiper, dell'università della California a San Diego, e pubblicato su Nature Communications, con il primo dispositivo microelettronico controllato dalla luce.

La 'corsa' alla riduzione delle dimensioni:
Grazie all'introduzione dei transistor, fatti con materiali semiconduttori come il silicio, l'elettronica ha potuto fare in questi decenni un enorme salto verso la miniaturizzazione che sarebbe stato impossibile con le tecnologie precedenti, ossia le valvole. La corsa alla riduzione delle dimensioni, e quindi della potenza degli strumenti a parità di dimensione, ha però ormai raggiunto un limite fisico di fatto invalicabile, limitandone sempre più i progressi. Uno dei maggiori limite è dovuto al fatto che i semiconduttori non permettono alle cariche elettriche di muoversi liberamente ma le sottopongono, nel loro tragitto, a continui 'blocchi stradali'. Una caratteristica necessaria ma che riduce le prestazioni.

'Microvalvole', tecnologia del futuro:
Una rivoluzione potrebbe arrivare però dal 'restyling' di una vecchia tecnologia, le valvole. Sfruttando le caratteristiche dei cosiddetti metamateriali, materiali capaci di manipolare fotoni e elettroni in modi finora impensabili, i ricercatori sono riusciti per la prima volta a costruire un dispositivo simile alle valvole ma miniaturizzato e soprattutto a farlo funzionare usando pochissima energia. Un successo che potrebbe portare nel futuro a sostituire i semiconduttori con queste 'microvalvole' e rivoluzionare il mondo della microelettronica.


venerdì 4 novembre 2016

Il futuro del cinema è la realtà virtuale ibrida: Il pubblico è immerso in uno schermo curvo con immagini 3D.

Fonte: ANSA Scienze
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Il futuro più probabile del cinema potrebbe essere la Realtà virtuale ibrida: il pubblico non indossa i classici caschi che finiscono per isolare gli individui, ma è immerso in uno schermo curvo con immagini 3D. E' come entrare dentro la scena e trovarsi faccia a faccia con i protagonisti.

Il nuovo ambiente virtuale 3D-Hyve è descritto sulla rivista ACM Digital Library dal gruppo dell'università canadese di Montreal coordinato da Tomás Dorta. Vi collabora anche l'italiano Davide Pierini Nei teatri virtuali, ha osservato Dorta, ''gli spettatori indossano caschi e sono isolati dagli altri. Ma questo è in contrasto con l'esperienza collettiva che cerchiamo quando andiamo al cinema''.

I ricercatori lo hanno dimostrato misurando le reazioni di 20 volontari che hanno vissuto entrambe le esperienze: l'immersione' nella realtà virtuale attraverso l'apposito casco e nell'ambiente virtuale ibrido. Il test ha mostrato che ''la gente preferisce la realtà virtuale senza casco perché - ha osservato Dorta - può interagire con gli altri spettatori in tempo reale e condividere le loro impressioni. Le persone che hanno partecipato all'esperimento, ha aggiunto, ''hanno apprezzato l'aspetto sociale dell'esperienza''.

Secondo il ricercatore il casco per la realtà virtuale costringe a guardarsi spesso intorno per esplorare la scena, e questo ostacola la narrazione e l'esperienza cinematografica, mentre con l'ambiente virtuale ibrido non si corre il rischio di perdere qualche azione e offrirebbe la stessa sensazione di 'immersione' e coinvolgimento. Questa tecnologia, inoltre, non è limitata al cinema e al settore dello spettacolo ma, utilizzando come interfaccia un computer, può essere usata anche per mostrare prototipi virtuali. ''Architetti e ingegneri per esempio - ha rilevato Dorta - possono presentare i loro progetti in questo modo. Si può vedere la casa in costruzione passo dopo passo: fino a entrare nelle stanze e persino spostare i mobili".

giovedì 3 novembre 2016

Al Cern la misura più precisa di una particella di antimateria: Misurata la massa dell'antiprotone.

Fonte: ANSA Scienze
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E' stata ottenuta al Cern di Ginevra la misura più precisa di una particella di antimateria, nella quale particelle e atomi hanno la stessa massa ma carica elettrica opposta rispetto a quelli della materia. Gli unici indizi per conoscere questa sorta di 'antimondo', del tutto indistinguibile dal nostro, sono misure di altissima precisione, come quella ottenuta al Cern dall'esperimento Asacusa, frutto di una collaborazione internazionale alla quale l'Italia partecipa con l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn).

Pubblicato sulla rivista Science, il risultato riguarda la misura dell'antiprotone, ossia della particella-specchio del protone. "E' un passo in avanti nella ricerca di possibili differenze tra alcune caratteristiche delle particelle e delle corrispondenti antiparticelle", ha osservato il coordinatore del gruppo italiano della collaborazione Asacusa, Luca Venturelli, dell'Infn e dell'università di Brescia.

La teoria prevede che le particelle di materia e quelle di antimateria abbiano la stessa massa e carica elettrica uguale ma di segno opposto. "Questo, però, deve essere verificato sperimentalmente", ha osservato Venturelli. Dopo il Big Bang materia e antimateria erano presenti nelle stesse quantità, ma poi la prima ha finito per prevalere per motivi ancora sconosciuti.

"Finora - ha osservato l'esperto - non è stata ottenuta nessuna evidenza sperimentale che ci siano differenze tra le caratteristiche di una particelle e di un'antiparticella. Se dovessimo trovare una seppur piccola differenza sarebbe necessario rivedere tutte le leggi dalle fondamenta. Sarebbe un risultato che ci aiuterebbe a spiegare perchè vediamo solo materia e non antimateria".

Le nuove misure della massa dell'antiprotone sono state ottenute utilizzando atomi di elio antiprotonico alla temperatura bassissima di 271 gradi sotto zero, ossia superiore di appena due gradi rispetto allo zero assoluto. In questo gas un antiprotone occupa il posto degli elettroni che orbitano attorno al nucleo e le basse temperature hanno permesso di osservare l'antiparticella con un dettaglio senza precedenti.

martedì 1 novembre 2016

Cemento 'vivente' si ripara da solo con batteri 'muratori': Per costruire fondamenta più sicure.

Fonte: ANSA Scienze
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Un cemento 'vivente', capace di riparare le lesioni provocate da eventi catastrofici grazie a batteri 'muratori' modificati geneticamente. E' stato progettato dai ricercatori coordinati da Martyn Dade-Robertson, dell'università britannica di Newcastle, e potrebbe essere utilizzato per costruire fondamenta più sicure, capaci di ripararsi e persino di fabbricarsi da sole. Sarà presentato il 29 ottobre negli Stati Uniti, nella conferenza dell'Associazione per la computer grafica (Cad) in Architettura, organizzata ad Ann Arbor.

Un batterio con il Dna sintetico
I ricercatori si sono ispirati al batterio realizzato da un gruppo di studenti della stessa università, chiamato BacillaFilla, in grado di riparare lesioni nel calcestruzzo grazie alla produzione di carbonato di calcio e una colla a base di zuccheri. Il gruppo di Dade-Robertson ha però utilizzato un batterio molto comune, l'Escherichia coli. Il primo passo è stato individuare in esso i geni che rispondono ai cambiamenti di pressione dell'ambiente .
Quindi il Dna è stato modificato in modo da produrre una proteina che si illumina quando si 'accendono' i 122 geni sensibili ai cambiamenti di pressione.
Il terzo passo in programma è sostituire il gene che produce la proteina fluorescente con geni che fabbricano sostanze simili a quelle prodotte dal BacillaFilla e che si dovranno attivare ogni volta che il batterio percepisce movimenti del suolo e cambiamenti nella pressione.

La produzione del 'biocemento' sarà, inoltre, controllata da un software in grado di prevedere come il microrganismo reagisce alle forze nel sottosuolo, come la pressione dell'acqua.
''E' un campo davvero emozionante'' ha osservato Robertson. ''Stiamo cercando di creare un materiale - ha aggiunto - che potrebbe avere ampie applicazioni architettoniche, ad esempio potrebbe essere usato anche per creare le basi degli edifici senza bisogno di scavare trincee e riempirle con il cemento''.