mercoledì 28 dicembre 2016

Costruita con due atomi la radio più piccola del mondo: Realizzata ad Harvard sfruttando le proprietà dell'azoto.

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Realizzata ad Harvard sfruttando le proprietà dell'azoto, che capta le onde elettromagnetiche delle trasmissioni e le trasforma in luce. Avrà applicazioni di ogni tipo, promettono i suoi ideatori: dalle missioni spaziali ai pc quantistici.

ROMA - Grazie alla sua robustezza potrà essere usata in ogni tipo di ambiente, dalle sonde spaziali per Marte fino al corpo umano, nei pacemaker di nuova generazione, e potrebbe diventare un elemento base per i futuri pc quantistici. La microradio è il risultato del lavoro guidato da Marko Loncar, della Scuola di ingegneria e scienze applicate di Harvard, pubblicato sulla rivista Physical Review Applied.

Nel cuore di tutte le radio, per farle funzionare, deve essere presente un qualche dispositivo capace di "sentire" le onde elettromagnetiche e convertirle in un segnale che possa poi essere inviato alle casse. A svolgere questo ruolo nella nuova radio è un piccolo diamante con al centro una coppia di atomi di azoto. I due atomi sono sensibili alle onde radio in arrivo, a quando vengono "colpiti" vibrano emettendo luce. Un convertitore trasforma poi questi segnali luminosi in corrente elettrica che mette in azione le casse, riproducendo in suono il segnale radio.

Una radio "tradizionale", ma con un cuore piccolissimo e super resistente, che ne rende possibile l'impiego in qualsiasi situazione, dai dispositivi che devono funzionare all'interno del corpo umano, come possono essere i pacemaker oppure i futuri nano-trasportatori di farmaci, a situazioni "estreme" come quelle che deve affrontare una sonda spaziale.

Trasformando il segnale elettromagnetico in luce, il nuovo strumento potrebbe trovare anche applicazioni nei futuri computer quantistici con una funzione simile a quella dei tradizionali modem wi-fi. Il team di Loncar ha anche realizzato un video per spiegare l'idea alla base dell'invenzione. 

Ottenuta la prima cellula staminale sintetica: Offre tutti i benefici evitando i rischi.

Fonte: ANSA Scienze
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Funziona la prima cellula staminale sintetica. È stata realizzata per ottenere tutti i benefici delle cellule staminali, eliminando i rischi. Questa prima versione è una cellula cardiaca, ma la tecnica permette di ottenere cellule staminali artificiali di molti altri organi e tessuti. Descritto su Nature Communications, il risultato si deve al gruppo coordinato da Ke Cheng, della North Carolina State University.

Un approccio innovativo
''E' un approccio interessante e innovativo'' ha osservato il genetista Giuseppe Novelli, rettore dell'università di Roma Tor Vergata. E’ interessante anche, ha aggiunto, ''che sia stato sperimentato sia in vitro sia su topi''. Trapiantate infatti nei topi con infarto del miocardio, queste cellule si sono legate ai tessuti cardiaci e hanno riparato quelli danneggiati, con una efficacia paragonabile a quella delle cellule staminali cardiache.

Una strategia promettente nella medicina rigenerativa
Le terapie con le cellule staminali rappresentano una strategia promettente nel campo della medicina rigenerativa. Queste cellule, infatti, possono riparare tessuti o organi danneggiati, grazie alla secrezione di proteine con proprietà rigenerative. Tuttavia il trapianto di queste cellule è associato con il rischio di sviluppo di tumori e rigetto immunitario. Le cellule staminali artificiali invece hanno le stesse funzioni delle cellule staminali nella riparazione dei tessuti, senza i rischi.

Ottenute con materiale biodegradabile e biocompatibile
Sono state ottenute con un materiale biodegradabile e biocompatibile chiamato Plga (acido lattico co-glicolico) nel quale sono stati aggiunte le proteine prodotte da cellule staminali cardiache umane in coltura. Infine, queste cellule sono state rivestite con la membrana delle cellule staminali cardiache. ''Abbiamo preso il contenuto e il guscio delle staminali - ha osservato Cheng - e li abbiamo confezionati in una particella biodegradabile''. 

lunedì 12 dicembre 2016

Presto etichette 'parlanti' e finestre con previsioni meteo: Grazie a nuova tecnologia per circuiti stampabili.

Fonte: ANSA Scienze
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Finestre 'intelligenti' capaci di mostrare le previsioni meteo della giornata in base alle condizioni esterne. O ancora, etichette 'parlanti' che comunicano la temperatura dei cibi e il loro stato di conservazione. Tutto questo potrebbe diventare realtà grazie ad una nuova tecnologia che permette di stampare circuiti su superfici rigide e flessibili con costi ridotti e una risoluzione dieci volte maggiore a quella offerta dalle tecniche attuali. L'hanno sviluppata i ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Cambridge (MA, USA), che pubblicano i risultati dei primi esperimenti su Science Advances.

Una nuova tecnologia
Il 'cuore' della nuova tecnologia sta in un 'timbro' spugnoso grande  quanto l'unghia di un mignolo, realizzato grazie  ad una 'foresta' di nanotubi di carbonio rivestiti da una sottilissima pellicola di polimero: questi microscopici cilindri sono stati disposti in maniera ordinata per ottenere disegni più sottili di un capello umano. Grazie a questa porosità,  il 'timbro' può essere attraversato da un 'inchiostro' elettronico formato da una soluzione contenente nanoparticelle di argento, ossido di zinco o nanocristalli semiconduttori. Per rendere il processo di stampa più efficiente, i ricercatori del Mit hanno messo a punto un macchinario con un rullo motorizzato dove scorre il substrato su cui apporre i circuiti: il sistema consente di stampare ad una velocità di avanzamento di 200 millimetri al secondo,  comparabile con quella delle attuali tecnologie di stampa industriale.

sabato 10 dicembre 2016

Come in Matrix, il cervello può interagire con la realtà virtuale: Con stimoli diretti, è riuscito a giocare con un videogioco .

Fonte: ANSA Scienze
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Non e' piu' solo fantascienza l'idea del cervello collegato direttamente al mondo virtuale di una macchina senziente, come immaginato nel film Matrix. I ricercatori guidati da Rajesh Rao, dell'universita' di Washington, sono riusciti a compiere il primo passo per dimostrare, attraverso un  videogioco, che gli esseri umani possono interagire con la realta' virtuale tramite la stimolazione del cervello. Sulla rivista Frontiers in Robotics and AI, gli studiosi descrivono quella che e' la prima dimostrazione di uomini che giocano un semplice videogioco, servendosi dei soli input dati dalla stimolazione del cervello, senza affidarsi a nessun tipo di segnale offerto da vista, udito o tatto.

Come in Matrix
I partecipanti allo studio dovevano farsi strada in 21 diversi labirinti, con due scelte, cioe' se muoversi avanti o sotto, sulla base di quello che sentivano attraverso la stimolazione visiva di un fosfene (cioe' un fenomeno visivo per cui dei puntini luminosi vengono percepiti come macchie o barre di luce). Per segnalare in quale direzione muoversi, i ricercatori  hanno generato un fosfene attraverso la stimolazione magnetica transcraniale. ''La domanda fondamentale e' - si chiede Rao - se il cervello puo' usare informazioni artificiali mai viste prima, e consegnategli direttamente per navigare in un mondo virtuale o eseguire compiti utili senza stimoli sensoriali. La risposta e' si'''. Le cinque persone studiate hanno compiuto i giusti movimenti nei labirinti il 92% delle volte, quando hanno ricevuto il segnale direttamente con la stimolazione al cervello, contro il 15% delle volte in cui non hanno avuto questa guida. Cio' dimostra anche che nuove informazioni che arrivano da sensori artificiali o generati da mondi virtuali possono essere elaborati e fatti arrivare, in modo non invasivo, al cervello per risolvere dei compiti. ''In futuro questa tecnica potrebbe essere usata per aiutare persone con deficit sensoriali, oltre che ad aprire la strada ad una realta' virtuale piu' realistica'', conclude Rao.

mercoledì 7 dicembre 2016

Il motore 'impossibile' EMDrive supera i test alla Nasa: Crea energia dal vuoto violando leggi della fisica.

Fonte: ANSA Scienze
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Il motore 'impossibile' EmDrive capace di produrre energia dal vuoto supera i primi test al centro Johnson della Nasa. I primi risultati pubblicati sulla rivista Journal of Propulsion and power indicano che il dispositivo, che viola alcuni dei principi cardine della fisica, funziona anche se debolmente. Risultati che mettono in fermento l'intera comunità scientifica ma i dubbi sono ancora molti.

Una rivoluzione per l'intera civiltà?
 "Sembra troppo bello per essere vero. Se fosse così sarebbe una rivoluzione per l'intera civiltà", ha detto all'ANSA l'esperto di propulsione spaziale Giancarlo Genta, del Politecnico di Torino. Nato da un'idea dell'ingegnere britannico Roger Shawyer il motore EmDrive sarebbe in grado di produrre una spinta senza espellere nessun propellente. Una tecnologia, che se fosse davvero funzionante, rivoluzionerebbe di fatto l'intero mondo della fisica.

La Nasa ci mette la faccia
Accolto inizialmente dagli addetti ai lavori con ovvia freddezza, EmDrive si sta però adesso ritagliando uno spazio sempre più ampio nel dibattito scientifico. I test fatti in questi anni avevano sempre lasciato spazio ai critici ma le nuove misure eseguite al centro Johnson potrebbero essere un punto di svolta. “Nonostante la spinta misurata sia piccola, sembra esserci davvero qualcosa”, ha aggiunto Genta. “E' ovvio avere ancora tutti i dubbi del caso, un sano scetticismo – ha proseguito – ma adesso c'è uno studio pubblicato su una rivista autorevole e con un'istituzione che ci mette la faccia”. 

lunedì 5 dicembre 2016

Ripartita la caccia alle onde gravitazionali: Con rivelatori più potenti.

Fonte: ANSA Scienze
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E' ripartita la caccia alle onde gravitazionali, le 'vibrazioni' dello spaziotempo, la cui scoperta e' stata annunciata nel febbraio 2016. E' infatti tornato in azione il rivelatore americano Ligo, ulteriormente potenziato e pronto a mettersi in ascolto, e in primavera e' attesa la versione potenziata di Virgo, il rivelatore europeo che si trova in Italia, a Cascina (Pisa), frutto della collaborazione tra Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e Consiglio nazionale delle ricerche francese (Cnrs).

Costruiti nel 2004 e potenziati nel 2015, i rivelatori Ligo (Laser InterferometerGravitational-WaveObservatory) si trovano ad Handford, nello Stato di Washington, e a Livingston, nella Louisiana. Entrambi hanno ripreso a lavorare a pieno ritmo dal 30 novembre, dopo una lunga fase di aggiornamento tecnico, cominciata in gennaio.

I tecnici hanno testato varie configurazioni per cercare di migliorare ulteriormente le prestazioni di entrambi i rivelatori, che adesso sono finalmente pronti a partire per la seconda fase di raccolta dei dati. La prima, che aveva portato alla scoperta delle onde gravitazionali, era avvenuta fra settembre 2015 e gennaio 2016, con un miglioramento di sensibilita' di circa il 25%.

Ancora pochi mesi e alle osservazioni si unira' il rivelatore Virgo, che fa parte dell'Osservatorio Gravitazionale Europeo (Ego). "Tra poco diventera' operativo anche Virgo", ha detto all'ANSA Fulvio Ricci, portavoce della collaborazione Virgo, riferendosi alla versione avanzata del rivelatore (Advanced Virgo).

"La luce gia' 'circola' all'interno dello strumento - ha aggiunto - e siamo nella fase di messa a punto. Dobbiamo ancora lavorare ma l'obiettivo e' di essere operativi in primavera". Virgo e' tecnologicamente identico all'americano Ligo ma con dimensioni leggermente ridotte. "Virgo ha una sensibilita' minore - ha aggiunto Ricci - ma quando Ligo e Virgo lavoreranno insieme saranno in grado non solo di vedere le onde gravitazionali ma indicare con grande precisione da dove sono state generate". Un dato preziosissimo, che servira' per orientare i telescopi tradizionali e tentare di osservare anche in modo 'classico' lo stesso evento registrato dai rilevatori gravitazionali.

domenica 4 dicembre 2016

Osservate le particelle bizzarre previste da Ettore Majorana: Sono contemporaneamente la loro antiparticella.

Fonte: ANSA Scienze
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Sono finalmente un po' meno misteriose le elusive e bizzarre particelle teorizzate dal fisico Ettore Majorana negli anni '30, che sono contemporaneamente anche la loro antiparticella. Per la prima volta è stato possibile infatti dargli un'occhiata da vicino. A riuscirci i fisici guidati da Ernst Meyer, dell'università di Basilea, il cui lavoro è pubblicato sulla rivista npj Quantum Information.

Come Giano, l'antica divinità romana, i fermioni sono particelle bifronti perchè sono contemporaneamente la loro antiparticella, ossia la loro particella speculare nel mondo dell'antimateria, e potrebbero essere utili per trasportare informazioni nei computer quantistici. I fisici svizzeri, con il loro esperimento, hanno confermato la teoria secondo cui le particelle di Majorana possono essere generate e misurate, in un superconduttore, alla fine di filamenti fatti di singoli atomi di ferro. Sono inoltre riusciti a rendere visibile per la prima volta il loro interno.

In un superconduttore hanno fatto evaporare singoli atomi di ferro, che si sono organizzati in una fila fatta di singoli atomi, che ha raggiunto la sorprendente lunghezza di 70 nanometri. I ricercatori hanno poi esaminato queste catene mono-atomiche, e servendosi delle immagini e misure ricavate al microscopio, hanno avuto chiare indicazioni dell'esistenza dei singoli fermioni alla fine di questi fili, sotto certe condizioni e ad una determinata lunghezza. E nonostante la distanza tra le due particelle alla fine della catena, queste risultavano ancora collegate. Insieme formano un nuovo stato esteso attorno a cui l'intero filamento può essere occupato o meno da un elettrone. Una proprietà, conclude lo studio, che può essere adoperata per realizzare i computer quantistici.

Stelle di neutroni aiutano a studiare la fisica quantistica: Visto fenomeno inedito teorizzato 80 anni fa.

Rappresentazione artistica della luce emessa da una stella dei neutroni (a sinistra) viene polarizzata mentre viaggia nel vuoto (fonte: ESO/L. Calçada)
Fonte: ANSA Scienze
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Per capire meglio la fisica quantistica bisogna farsi guidare dalle stelle: quelle di neutroni, per l'esattezza. Questi oggetti celesti estremamente densi, residui di stelle massicce esplose come supernovae, sono infatti dotati di un fortissimo campo magnetico e permettono di osservare fenomeni altrimenti non riproducibili in laboratorio. Ne e' un esempio la stella di neutroni RX J1856.5-3754, distante 400 anni luce dalla Terra, che ha consentito di osservare per la prima volta gli indizi di un effetto quantistico previsto da circa 80 anni e mai rilevato finora, che prende il nome di birifrangenza del vuoto.

La scoperta si deve al gruppo di ricerca internazionale guidato dall'italiano Roberto Mignani, dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) di Milano, che lavora anche presso l'Università polacca di Zielona Gora. Lo studio, in pubblicazione sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, dimostra che lo spazio vuoto attorno alla stella di neutroni risente cosi' tanto del fortissimo campo magnetico del corpo celeste da comportarsi come un prisma, influenzando la polarizzazione della luce che lo attraversa. Il gruppo di Mignani e' giunto a questa conclusione usando le osservazioni della stella di neutroni RX J1856.5-3754 fatte con lo strumento Fors2 del Very Large Telescope (Vlt) dell'Osservatorio europeo meridionale (Eso) in Cile.

''Questo e' l'oggetto piu' debole per cui sia stata mai misurata la polarizzazione'', ricorda Vincenzo Testa, ricercatore dell'Inaf di Roma che ha partecipato all'indagine. ''Questo effetto puo' essere rilevata solo in presenza di forti campi magnetici davvero potenti, come quelli che circondano le stelle di neutroni - aggiunge Roberto Turolla, dell'Universita' di Padova e associato Inaf, che ha partecipato allo studio -. Cio' dimostra, ancora una volta, che le stelle di neutroni sono laboratori preziosi dove studiare le leggi fondamentali della natura''.