Il problema principale dei controlli biometrici attuali è che possono essere falsificati. Il mondo è pieno di gente che dimostra, con ricerche universitarie o più semplicemente nei telefilm, come ingannare un rilevatore di impronte digitali tramite una semplice fotografia o la riproduzione tridimensionale del dito.
Altri sistemi, invece, come il riconoscimento facciale, stanno migliorando ma la loro adozione è piuttosto lenta e vi sono perplessità sulla percentuale di falsi positivi e negativi. In questo incerto panorama, Fujitsu propone PalmSecure, un sistema basato sullo schema disegnato dalle vene della mano.
In pratica - spiega l'azienda - "viene scattata un'istantanea del sangue che si muove attraverso le vene. Molti altri sistemi di identificazione biometrica possono essere ingannati perché non richiedono l'uso di corpi viventi. Con il nostro prodotto si osserva il movimento dell'emoglobina deossidata che si sposta nelle vene".
Quindi per poter essere riconosciuti occorre proprio la mano originale, che sia attaccata al resto del corpo e con il sangue che la attraversa. Una riproduzione o una mano mozzata da scenario fanta-horror non andrebbero bene.
Dal punto di vista tecnico, un segnale (nella regione dell'infrarosso vicino) viene emesso da un sensore e colpisce la mano; il sangue venoso assorbe la luce e ciò che viene riemesso rappresenta lo schema disegnato dalle vene. Si tratta quindi sempre di un'immagine ma, a differenza di quelle delle impronte digitali non è statica: si tratta dell'immagine del sangue in movimento.
I tentativi di ingannare questo sistema eseguiti nelle università giapponesi, ha detto Fujitsu, sono falliti. Inoltre non c'è pericolo che lo schema delle vene vari nel tempo: a meno di seri incidenti, resta identico per tutta la vita.
Secondo gli ideatori, la scansione delle vene sarebbe preferibile a quella della retina in quanto non espone ai sensori una parte sensibile come l'occhio, e anche a ogni altro sistema perché non richiede contatto fisico, riducendo quindi al minimo la possibilità di scambiarsi batteri e microrganismi vari.
Di questa tecnologia, in realtà, si era iniziato a parlare già nel 2005: nel settembre di quell'anno avrebbero dovuto apparire sul mercato i primi sensori Palm vein insieme al software necessario, sia in versione Oem (integrati in portatili e Pc) sia con connessione Usb.
Per tre anni poi la vicenda è stata accantonata, per tornare alla luce in questi giorni grazie al rinnovato interesse delle agenzie statunitensi per la sicurezza nazionale, non completamente soddisfatte degli altri metodi.
Fausto Intilla - www.oloscience.com
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