Notizie e curiosità in ambito scientifico. Un blog di Fausto Intilla (teorico, aforista, inventore e divulgatore scientifico). Official Website: www.oloscience.com
No, c'è ancora una grande quantità di petrolio nelle viscere della Terra. Siamo però molto vicini al "picco di Hubbert", ovvero al massimo storico della capacità di estrazione.
Cos'è il picco di Hubbert?
Il picco di Hubbert è il momento in cui l'estrazione di petrolio raggiunge il suo valore massimo. Successivamente al picco, il ritmo a cui il petrolio viene estratto inizia a decrescere progressivamente, fino ad arrivare a zero. Complessivamente, la curva di estrazione ha una forma "a campana", i cui dettagli dipendono però da numerosi fattori.
Chi è Hubbert?
M. K. Hubbert era un geologo statunitense che lavorava nel settore petrolifero. Nel 1956, quando l'estrazione di petrolio degli Stati Uniti era in rapida crescita, sviluppò un modello sulla base del quale predisse che l'estrazione avrebbe raggiunto un massimo nel 1970, e avrebbe poi iniziato a decrescere. All'epoca questa previsione non fu presa sul serio, tuttavia la quantità di petrolio estratta giornalmente raggiunse effettivamente un massimo nel 1971. Questa previsione così accurata è stata probabilmente dovuta alle condizioni di libero mercato quasi perfette presenti negli USA, non riscontrabili in altre situazioni, tuttavia ciò che conta è il principio di base, cioè il fatto che il ritmo di estrazione di una data risorsa non rinnovabile non può aumentare all'infinito.
Perché deve esistere il picco di Hubbert?
Perché il petrolio esiste in quantità limitata. Quindi, così come c'è stato un momento del passato in cui la sua estrazione era nulla, ci sarà un momento nel futuro in cui sarà di nuovo nulla, quando non ne sarà più rimasto da estrarre. Di conseguenza, deve esistere un momento in cui essa è massima. A seconda dell'evoluzione delle condizioni di mercato questo massimo potrà essere più o meno esteso nel tempo, o anche articolarsi in due picchi successivi, ma è inevitabile che da un certo punto in poi il ritmo di estrazione inizi a decrescere in maniera irreversibile. E' quanto, ad esempio, sta accadendo con la produzione di petrolio nel Mare del Nord, che ha raggiunto il picco nell'anno 2000. Va notato che il declino dell'offerta che segue il picco non ha necessariamente la velocità della crescita che l'ha preceduto. Secondo alcuni studiosi infatti il declino verso lo zero potrebbe essere molto più rapido della crescita verso il picco.
Ma il petrolio non si riforma continuamente negli strati profondi della Terra?
Sfortunatamente non è così. Anche se un piccolo gruppo di scienziati continua a pensare che il petrolio sia stato generato durante i primi istanti di formazione del nostro pianeta, la stragrande maggioranza della comunità scientifica ritiene che il petrolio e tutti i cosiddetti combustibili fossili, come il carbone, il metano, ecc., siano stati originati dalla trasformazione di grandi quantità di materiale vivente decomposto. Gran parte del petrolio mondiale si è formato tra 100 e 150 milioni di anni fa, quando, per un fenomeno di riscaldamento globale, l'atmosfera terrestre divenne così calda da provocare un’autentica esplosione di alghe che soffocarono i mari dell’epoca consumando l'ossigeno disciolto nell'acqua. Una versione enormemente più intensa delle mucillagini nell’Adriatico di qualche anno fa. Il fenomeno non mise in crisi l’industria turistica, ancora di là da venire, ma diede il via al processo di formazione del petrolio. Il materiale, sedimentato e decomposto in modo meno efficiente di quanto avviene in presenza di ossigeno, è stato poi seppellito in zone profonde grazie al movimento della crosta terrestre. Intorno ai 2 chilometri di profondità, dove c’erano le condizioni di pressione e temperatura adatte, quel materiale organico si è lentamente trasformato in petrolio.
Come si determina il momento del picco?
Esistono modelli più o meno complessi. Una regola semplice e approssimata, che sembra funzionare piuttosto bene, è che, per una data regione geografica, il picco si verifica quando è stata estratta metà di tutta la risorsa disponibile.
Quanto petrolio è stato estratto finora, e quanto ne rimane da estrarre?
Le stime sulle risorse petrolifere sono incerte, ma si ritiene che la quantità totale di petrolio che esisteva sulla terra prima che cominciassimo a estrarlo ammontasse a circa duemila miliardi di barili. Di questi, fino ad oggi ne abbiamo estratti circa mille, ovvero circa la metà.
Quando avverrà il picco?
Secondo le più recenti stime dell'ASPO (Associazione per lo studio del picco del petrolio) il picco si verificherà nel 2007. Dopo quella data, l'offerta di petrolio inizierà a diminuire. La rapidità con cui avverrà questa progressiva diminuzione è oggetto di studio, alcuni modelli prevedono che la diminuzione potrebbe essere molto più rapida e violenta della crescita che si è avuta nel corso del ventesimo secolo.
Come fate a essere sicuri che, con gli sviluppi della tecnologia, non si trovino nuovi grandi giacimenti, aumentando la quantità di petrolio ancora da estrarre e posticipando la data del picco?
La certezza non esiste. Tuttavia, è risaputo che le scoperte di nuovi giacimenti sono in calo dagli anni '60. In effetti, dal 1985 circa la quantità di petrolio consumato ogni anno è superiore a quella di nuovo petrolio scoperto, e il divario tra le due si allarga sempre più. Però attualmente si riesce ad estrarre solo una parte del petrolio presente nei giacimenti. Certamente i miglioramenti tecnologici renderanno possibile in futuro sfruttare le riserve esistenti in modo più completo. C'è un limite fisico alla frazione del petrolio presente in un giacimento che può essere estratta, dato dalla quantità di energia necessaria per estrarlo. All'inizio dello sfruttamento di un giacimento questa è bassa, perché il petrolio fuoriesce grazie alla propria pressione (come nel film con James Dean "Il gigante"), tuttavia man mano che si procede con lo sfruttamento occorre sempre più energia per "spingerlo" fuori dal terreno. Si raggiunge un punto in cui l'energia necessaria per estrarre un barile di petrolio è pari a quella contenuta nel medesimo barile. A quel punto non ha più senso procedere con l'estrazione, perché si consumerebbe più di energia di quella ottenuta.
Cosa avverrà dopo il picco?
I prezzi aumenteranno. Questo è causato dal fatto che l'offerta di petrolio non sarà in grado di soddisfare la domanda. Ci si aspetta anche un aumento della volatilità dei prezzi, ovvero forti oscillazioni nel loro valore, dovute ad effetti di natura speculativa. Entrambe le cose si stanno verificando in questo periodo; un altro elemento che sembra indicare che il picco è vicino.
Di quanto aumenterà il prezzo del petrolio?
E' molto difficile predire i valori futuri del prezzo. Uno dei fattori è che per moltissimi utilizzi il petrolio è una risorsa insostituibile, per cui la gente tende a comprarlo anche se costa molto (gli economisti parlano di domanda molto "anelastica", ovvero un grande aumento del prezzo causa una piccola diminuzione della domanda). Poiché l'aumento del prezzo ha la funzione di riequilibrare domanda e offerta, è prevedibile che gli aumenti saranno consistenti. Non va poi sottovalutato l'impatto dell'aumento di volatilità.
Quali saranno le conseguenze dell'aumento del prezzo del petrolio dovuto al raggiungimento del picco di Hubbert?
Lo sviluppo economico dell'intera umanità è oggi prevalentemente basato sulla disponibilità di petrolio a basso costo. Il petrolio entra direttamente o indirettamente in tutti i settori dell'economia. Solo per fare un esempio, l'agricoltura moderna è pesantemente dipendente dal petrolio, sia come combustibile per i macchinari agricoli che per la produzione di fertilizzanti e pesticidi. Se non si inizia da subito a prendere provvedimenti per ridurre la nostra dipendenza dal petrolio, è facile predire che le conseguenze del picco saranno recessione, impoverimento della società, guerre per le risorse, conflitti globali.
Dunque sarà una catastrofe?
Non necessariamente. Lo smodato uso di petrolio delle società industrializzate ha molte conseguenze negative, primo fra tutti il fenomeno del riscaldamento globale, causato dall'immissione in atmosfera di anidride carbonica (CO2) generata nella combustione degli idrocarburi. Se opportunamente governata, la graduale decrescita dell'offerta petrolifera potrebbe risultare benefica, stimolando la transizione all'uso di energie rinnovabili come il solare e l'eolico e l'adozione di processi produttivi più efficienti in termini di consumo di risorse. E' però importante non farsi cogliere impreparati.
Cosa posso fare per tutelarmi?
Il nostro consiglio è di valutare attentamente la dipendenza dal petrolio nella vita quotidiana. Mentre per alcune cose c'è poco da fare (ad esempio per il fatto che la produzione agricola è fortemente dipendente dall'uso del petrolio), nel settore più critico, quello dei trasporti, ciascuno di noi può iniziare a prepararsi, cercando di organizzare la propria vita in modo da essere sempre meno dipendente dall'uso dell'auto privata. Più in generale, può essere opportuno abituarsi da subito ad uno stile di vita più sobrio e meno consumistico, anche in considerazione del fatto che ogni prodotto consumato costituisce oggi un contributo al raggiungimento del picco di Hubbert. In ogni caso, poiché non è né pensabile né auspicabile un ritorno ad un passato pre-industriale che era tutt'altro che roseo, è essenziale, come sta cercando di fare ASPO-Italia, diffondere la consapevolezza del fatto che l'era dell'abbondanza di petrolio a basso costo sta volgendo al termine, e chiedere ai decisori politici a tutti i livelli di interessarsi al problema, predisponendo politiche di transizione all'uso di altre sorgenti di energia e stimolando al massimo la ricerca scientifica in campo energetico.
1 commento:
Il petrolio sta per finire?
No, c'è ancora una grande quantità di petrolio nelle viscere della Terra. Siamo però molto vicini al "picco di Hubbert", ovvero al massimo storico della capacità di estrazione.
Cos'è il picco di Hubbert?
Il picco di Hubbert è il momento in cui l'estrazione di petrolio raggiunge il suo valore massimo. Successivamente al picco, il ritmo a cui il petrolio viene estratto inizia a decrescere progressivamente, fino ad arrivare a zero. Complessivamente, la curva di estrazione ha una forma "a campana", i cui dettagli dipendono però da numerosi fattori.
Chi è Hubbert?
M. K. Hubbert era un geologo statunitense che lavorava nel settore petrolifero. Nel 1956, quando l'estrazione di petrolio degli Stati Uniti era in rapida crescita, sviluppò un modello sulla base del quale predisse che l'estrazione avrebbe raggiunto un massimo nel 1970, e avrebbe poi iniziato a decrescere. All'epoca questa previsione non fu presa sul serio, tuttavia la quantità di petrolio estratta giornalmente raggiunse effettivamente un massimo nel 1971. Questa previsione così accurata è stata probabilmente dovuta alle condizioni di libero mercato quasi perfette presenti negli USA, non riscontrabili in altre situazioni, tuttavia ciò che conta è il principio di base, cioè il fatto che il ritmo di estrazione di una data risorsa non rinnovabile non può aumentare all'infinito.
Perché deve esistere il picco di Hubbert?
Perché il petrolio esiste in quantità limitata. Quindi, così come c'è stato un momento del passato in cui la sua estrazione era nulla, ci sarà un momento nel futuro in cui sarà di nuovo nulla, quando non ne sarà più rimasto da estrarre. Di conseguenza, deve esistere un momento in cui essa è massima. A seconda dell'evoluzione delle condizioni di mercato questo massimo potrà essere più o meno esteso nel tempo, o anche articolarsi in due picchi successivi, ma è inevitabile che da un certo punto in poi il ritmo di estrazione inizi a decrescere in maniera irreversibile. E' quanto, ad esempio, sta accadendo con la produzione di petrolio nel Mare del Nord, che ha raggiunto il picco nell'anno 2000. Va notato che il declino dell'offerta che segue il picco non ha necessariamente la velocità della crescita che l'ha preceduto. Secondo alcuni studiosi infatti il declino verso lo zero potrebbe essere molto più rapido della crescita verso il picco.
Ma il petrolio non si riforma continuamente negli strati profondi della Terra?
Sfortunatamente non è così. Anche se un piccolo gruppo di scienziati continua a pensare che il petrolio sia stato generato durante i primi istanti di formazione del nostro pianeta, la stragrande maggioranza della comunità scientifica ritiene che il petrolio e tutti i cosiddetti combustibili fossili, come il carbone, il metano, ecc., siano stati originati dalla trasformazione di grandi quantità di materiale vivente decomposto. Gran parte del petrolio mondiale si è formato tra 100 e 150 milioni di anni fa, quando, per un fenomeno di riscaldamento globale, l'atmosfera terrestre divenne così calda da provocare un’autentica esplosione di alghe che soffocarono i mari dell’epoca consumando l'ossigeno disciolto nell'acqua. Una versione enormemente più intensa delle mucillagini nell’Adriatico di qualche anno fa. Il fenomeno non mise in crisi l’industria turistica, ancora di là da venire, ma diede il via al processo di formazione del petrolio. Il materiale, sedimentato e decomposto in modo meno efficiente di quanto avviene in presenza di ossigeno, è stato poi seppellito in zone profonde grazie al movimento della crosta terrestre. Intorno ai 2 chilometri di profondità, dove c’erano le condizioni di pressione e temperatura adatte, quel materiale organico si è lentamente trasformato in petrolio.
Come si determina il momento del picco?
Esistono modelli più o meno complessi. Una regola semplice e approssimata, che sembra funzionare piuttosto bene, è che, per una data regione geografica, il picco si verifica quando è stata estratta metà di tutta la risorsa disponibile.
Quanto petrolio è stato estratto finora, e quanto ne rimane da estrarre?
Le stime sulle risorse petrolifere sono incerte, ma si ritiene che la quantità totale di petrolio che esisteva sulla terra prima che cominciassimo a estrarlo ammontasse a circa duemila miliardi di barili. Di questi, fino ad oggi ne abbiamo estratti circa mille, ovvero circa la metà.
Quando avverrà il picco?
Secondo le più recenti stime dell'ASPO (Associazione per lo studio del picco del petrolio) il picco si verificherà nel 2007. Dopo quella data, l'offerta di petrolio inizierà a diminuire. La rapidità con cui avverrà questa progressiva diminuzione è oggetto di studio, alcuni modelli prevedono che la diminuzione potrebbe essere molto più rapida e violenta della crescita che si è avuta nel corso del ventesimo secolo.
Come fate a essere sicuri che, con gli sviluppi della tecnologia, non si trovino nuovi grandi giacimenti, aumentando la quantità di petrolio ancora da estrarre e posticipando la data del picco?
La certezza non esiste. Tuttavia, è risaputo che le scoperte di nuovi giacimenti sono in calo dagli anni '60. In effetti, dal 1985 circa la quantità di petrolio consumato ogni anno è superiore a quella di nuovo petrolio scoperto, e il divario tra le due si allarga sempre più. Però attualmente si riesce ad estrarre solo una parte del petrolio presente nei giacimenti. Certamente i miglioramenti tecnologici renderanno possibile in futuro sfruttare le riserve esistenti in modo più completo. C'è un limite fisico alla frazione del petrolio presente in un giacimento che può essere estratta, dato dalla quantità di energia necessaria per estrarlo. All'inizio dello sfruttamento di un giacimento questa è bassa, perché il petrolio fuoriesce grazie alla propria pressione (come nel film con James Dean "Il gigante"), tuttavia man mano che si procede con lo sfruttamento occorre sempre più energia per "spingerlo" fuori dal terreno. Si raggiunge un punto in cui l'energia necessaria per estrarre un barile di petrolio è pari a quella contenuta nel medesimo barile. A quel punto non ha più senso procedere con l'estrazione, perché si consumerebbe più di energia di quella ottenuta.
Cosa avverrà dopo il picco?
I prezzi aumenteranno. Questo è causato dal fatto che l'offerta di petrolio non sarà in grado di soddisfare la domanda. Ci si aspetta anche un aumento della volatilità dei prezzi, ovvero forti oscillazioni nel loro valore, dovute ad effetti di natura speculativa. Entrambe le cose si stanno verificando in questo periodo; un altro elemento che sembra indicare che il picco è vicino.
Di quanto aumenterà il prezzo del petrolio?
E' molto difficile predire i valori futuri del prezzo. Uno dei fattori è che per moltissimi utilizzi il petrolio è una risorsa insostituibile, per cui la gente tende a comprarlo anche se costa molto (gli economisti parlano di domanda molto "anelastica", ovvero un grande aumento del prezzo causa una piccola diminuzione della domanda). Poiché l'aumento del prezzo ha la funzione di riequilibrare domanda e offerta, è prevedibile che gli aumenti saranno consistenti. Non va poi sottovalutato l'impatto dell'aumento di volatilità.
Quali saranno le conseguenze dell'aumento del prezzo del petrolio dovuto al raggiungimento del picco di Hubbert?
Lo sviluppo economico dell'intera umanità è oggi prevalentemente basato sulla disponibilità di petrolio a basso costo. Il petrolio entra direttamente o indirettamente in tutti i settori dell'economia. Solo per fare un esempio, l'agricoltura moderna è pesantemente dipendente dal petrolio, sia come combustibile per i macchinari agricoli che per la produzione di fertilizzanti e pesticidi. Se non si inizia da subito a prendere provvedimenti per ridurre la nostra dipendenza dal petrolio, è facile predire che le conseguenze del picco saranno recessione, impoverimento della società, guerre per le risorse, conflitti globali.
Dunque sarà una catastrofe?
Non necessariamente. Lo smodato uso di petrolio delle società industrializzate ha molte conseguenze negative, primo fra tutti il fenomeno del riscaldamento globale, causato dall'immissione in atmosfera di anidride carbonica (CO2) generata nella combustione degli idrocarburi. Se opportunamente governata, la graduale decrescita dell'offerta petrolifera potrebbe risultare benefica, stimolando la transizione all'uso di energie rinnovabili come il solare e l'eolico e l'adozione di processi produttivi più efficienti in termini di consumo di risorse. E' però importante non farsi cogliere impreparati.
Cosa posso fare per tutelarmi?
Il nostro consiglio è di valutare attentamente la dipendenza dal petrolio nella vita quotidiana. Mentre per alcune cose c'è poco da fare (ad esempio per il fatto che la produzione agricola è fortemente dipendente dall'uso del petrolio), nel settore più critico, quello dei trasporti, ciascuno di noi può iniziare a prepararsi, cercando di organizzare la propria vita in modo da essere sempre meno dipendente dall'uso dell'auto privata. Più in generale, può essere opportuno abituarsi da subito ad uno stile di vita più sobrio e meno consumistico, anche in considerazione del fatto che ogni prodotto consumato costituisce oggi un contributo al raggiungimento del picco di Hubbert. In ogni caso, poiché non è né pensabile né auspicabile un ritorno ad un passato pre-industriale che era tutt'altro che roseo, è essenziale, come sta cercando di fare ASPO-Italia, diffondere la consapevolezza del fatto che l'era dell'abbondanza di petrolio a basso costo sta volgendo al termine, e chiedere ai decisori politici a tutti i livelli di interessarsi al problema, predisponendo politiche di transizione all'uso di altre sorgenti di energia e stimolando al massimo la ricerca scientifica in campo energetico.
Fonte: http://www.aspoitalia.it/domande-frequenti-mainmenu-29#1
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