Fonte: Le Scienze
I processi per dissalare l'acqua di mare richiedono una quantità minima di energia che non può essere ridotta, e la tecnologia attuale si sta avvicinando a quel limite. Allo stato attuale, un terzo della popolazione mondiale vive in paesi sottoposti a stress idrico e l'aumento della popolazione, la contaminazione delle sorgenti di acqua dolce e il cambiamento climatico faranno ulteriormente crescere questa percentuale nei prossimi dieci anni. Proprio per aumentare le risorse idriche disponibil,i negli ultimi anni in molti paesi sono stati costruiti grandi impianti di dissalazione dell'acqua di mare e si prevede che in futuro ne verranno costruiti molti altri.Tuttavia - osserva William Phillip, che con il collega Menachem Elimelech dell'Università di Yale ha dedicato al problema un ampio studio ora pubblicato su Science - "la dissalazione dell'acqua di mare è un processo ad alta intensità energetica; consuma molta più energia che trattare tradizionali sorgenti di acqua fresca", ha detto Phillip. "Tuttavia, queste fonti tradizionali non saranno in grado di soddisfare la crescente domanda di acqua in tutto il mondo. Capire dove si inserisca la dissalazione dell'acqua di mare in questo ventaglio di opzioni di approvvigionamento è un problema critico."Il principale metodo di dissalazione dell'acqua di mare oggi utilizzato ricorre infatti all'osmosi inversa, un processo in cui l'acqua di mare viene forzata attraverso una membrana che filtra il sale. Per ridurre la quantità di energia necessaria per spingere l'acqua attraverso da anni gli scienziati si sono concentrati sul miglioramento del flusso d'acqua testando nuovi materiali, come i nanotubi di carbonio. Nel nuovo studio, Elimelech e Phillip dimostrano però che l'osmosi inversa richiede una quantità minima di energia che non può essere ridotta, e che la tecnologia attuale si sta avvicinando a quel limite. Secondo i ricercatori, per ottenere guadagni reali in termini di efficienza è necessario quindi puntare sulle fasi pre e post-trattamento della dissalazione.Secondo gli autori la dissalazione deve essere considerata solo l'ultima risorsa nel tentativo di fornire acqua fresca per le popolazioni del mondo, a cui ricorrere solo dopo aver sfruttato le diverse altre opzioni esistenti, fra cui il trattamento delle fonti d'acqua di bassa qualità, il riciclo, il riutilizzo e la conservazione delle acque. Queto ordine di priorità è dettato anche dal fatto che non esistono di fatto studi sulle possibili conseguenze sugli ecosistemi marini di una eventuale diffusione su grande scala degli impianti di dissalazione.Ciò non toglie, concludono i ricercatori, che la dissalazione abbia un grande ruolo da svolgere oggi e nel futuro: "Tutto questo richiederà nuovi materiali e una nuova chimica, ma crediamo che è su questo che dobbiamo concentrare i nostri sforzi futuri. Il problema della mancanza d'acqua può solo peggiorare, e dobbiamo essere pronti ad affrontare la sfida con il miglioramento di tecnologie sostenibili." (gg)
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