Fonte: Sci-x
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Scienziati realizzano una dei più elementari e più vecchi esperimenti di idee nella fisica moderna, ossia l’eccitazione di una singola molecola con un singolo fotone. Questo apre la strada a ulteriori studi e ricerche, in cui singoli fotoni agiscono come portatori di informazione quantistica, che deve essere processata da emettitori singoli.
Fino dagli albori della fisica moderna, noi sappiamo che, benché gli eventi nella nostra vita di ogni giorno possano essere descritti dalla fisica classica, l’interazione tra luce e materia è regolata, nel profondo, dalle leggi della meccanica quantistica. Nonostante questa saggia conoscenza secolare, accedere veramente alle situazioni quantomeccaniche rimane impresa non banale, affascinante e degna di nota, anche in laboratorio. Recentemente, l'interesse in questo settore è stato potenziato al di là della curiosità accademica, in virtù delle potenzialità per forme nuove e più efficienti di elaborazione dell’informazione. In una delle proposte più di base, un singolo atomo o una singola molecola agiscono come un bit quantistico, che elabora i segnali che sono stati loro recapitati tramite singoli fotoni .Negli ultimi venti anni gli scienziati hanno dimostrato che singole molecole possono essere rivelate e che singoli fotoni possono essere generati. Tuttavia, l’eccitazione di una molecola con un fotone era rimasta irraggiungibile, perché la probabilità che una molecola veda e assorba un fotone è molto bassa. Risultato è che, solitamente, bisogna mandare miliardi di fotoni al secondo su una molecola, per ottenere da questa un segnale. Un modo comune per aggirare questa difficoltà nella fisica atomica è stata quella di costruire una cavità attorno all'atomo, in modo che un fotone rimanga intrappolato per tempi sufficienti lunghi, da permettere di avere una probabilità favorevole di interazione.
Gli scienziati dell’ETH di Zurigo e dell’Istituto Max Planck per la Scienza della Luce di Erlangen hanno ora dimostrato che si può anche far interagire un fotone in volo con una singola molecola.
Tra le molte sfide sul modo di eseguire un tale esperimento, c’è la realizzazione di una sorgente adatta di singoli fotoni, che abbiano frequenza e larghezza di banda giuste. Benchè laser di colori e specifiche differenti si possano trovare abbastanza facilmente in commercio, sorgenti di singoli fotoni non sono disponibili sul mercato. E così un team di scienziati guidati dal professor Vahid Sandoghdar ne ha costruita una propria. Per far questo, hanno sfruttato il fatto che quando un atomo o molecola assorbe un fotone compie una transizione ad uno stato eccitato. Dopo pochi nanosecondi, questo status decade, ritornando alla sua condizione iniziale e viene emesso esattamente un fotone.
Nel loro esperimento, il gruppo ha usato due campioni contenenti molecole fluorescenti inglobate in cristalli organici e li hanno raffreddati a circa 1,5 gradi Kelvin (-272° C). Molecole singole in ciascun campione sono state rivelate da una combinazione di selezione spettrale e spaziale. Per generare singoli fotoni, una singola molecola è stato eccitata nel campione di sorgente. Quando lo stato eccitato della molecola è decaduto, i fotoni emessi sono stati raccolti e ben focalizzato sul campione ‘obiettivo’, a distanza di pochi metri. Per garantire che una molecola in quel campione ‘veda’ i fotoni in arrivo, il team ha dovuto assicurarsi che avessero la stessa frequenza. Inoltre, i singoli fotoni, preziosi, dovevano interagire con la molecola bersaglio, in modo efficiente.
Una molecola ha la dimensione di circa un nanometro, ma la focalizzazione di un fascio di luce non può essere inferiore a poche centinaia di nanometri. Questo, di solito, significa che la maggior parte della luce che arriva gira intorno alla molecola, ossia senza che luce e molecola si ‘vedano’ reciprocamente. Tuttavia, se i fotoni che arrivano sono in risonanza con la transizione quantomeccanica della molecola, quest'ultima agisce come un disco, che è paragonabile all’area della luce focalizzata. In questo processo, la molecola funge da antenna, che cattura le onde luminose nelle sue vicinanze.
I risultati dello studio, pubblicati su Physical Review Letters, forniscono il primo esempio di comunicazione a lunga distanza tra le due antenne quanto-ottiche, in analogia agli esperimenti di Hertz e Marconi con antenne radio.
Negli esperimenti attuali, due singole molecole imitano lo scenario di trasmissione-ricezione radio, a livello di frequenze ottiche e attraverso un canale ottico non-classico, ossia un fascio costituito da un singolo fotone. Questo apre molte porte per ulteriori e stimolanti esperimenti, in cui i singoli fotoni agiscono come portatori di informazione quantistica, che deve essere elaborata da emettitori singoli.
http://www.ethz.ch/media/pressreleases
Testo originario integrale del prof. Vahid Sandoghdar
Immagine di Robert Lettow