giovedì 10 gennaio 2013

Luigi Maxmilian Caligiuri: La freccia del tempo.Passato, futuro ed entropia dell’Universo.

Luigi Maxmilian Caligiuri
Perché il tempo scorre sempre in avanti? Perché ricordiamo il passato e non il futuro? Le nuove cosmologie basate sul vuoto e sulla gravita quantistica potrebbero mettere in discussione la teoria del Big Bang ed i concetti stessi di tempo ed Universo.
Se qualcuno vi dicesse che le caratteristiche dell'Universo in cui viviamo, così meravigliosamente ricco di strutture, processi dinamici ed evolutivi dipendono essenzialmente dal fatto che in questo è possibile trovare molte più uova integre che strapazzate, non pensereste che costui sia un bel po' folle? Be' se aveste risposo affermativamente avreste sbagliato clamorosamente !
Una delle caratteristiche fondamentali del nostro Universo, forse la più importante dal momento che essa determina la possibilità della vita stessa, consiste nell’esistenza della cosiddetta “freccia del tempo”, ossia del fenomeno secondo il quale il tempo (qualunque definizione provvisoria ne vogliamo dare) sembra “scorrere” sempre nella stessa direzione, dal passato al futuro, secondo una sorta di “senso unico”. La freccia del tempo è dunque un aspetto fondamentale di ogni processo nell’Universo ed una sua reale comprensione, fin troppo rimandata e spesso “evitata” dalla fisica fondamentale “ufficiale”, è indispensabile per capire cosa sia l’Universo e come questo si evolverà in futuro.
Ma perché il tempo ci sembra scorrere nella medesima direzione? Perché ricordiamo il passato e non il futuro? Perché la causa precede sempre l’effetto? Senza soffermarci qui su una discussione approfondita sul concetto stesso di tempo e sulla sua caratterizzazione ontologia ed epistemologica nell’ambito della fisica fondamentale (sulla quale torneremo diffusamente in una serie di successivi approfondimenti), per comprendere il significato della freccia del tempo immaginiamo di far rotolare già dal tavolo un bicchiere: con buona probabilità esso, dopo aver urtato il pavimento, si infrangerà in una moltitudine di frammenti di dimensioni e forme diverse che si spargeranno in maniera più o meno casuale sul pavimento. Nel processo l’energia iniziale del sistema si trasforma alla fine in calore disperso nell’ambiente. Supponiamo ora di aver filmato tutta la scena e di riprodurla in senso inverso a quello della registrazione: ciò che vedremmo è un insieme di frammenti di vetro che pian piano si avvicinano riformando il bicchiere intero che risale dal pavimento fino al tavolo e comincia a rotolare. Ovviamente chiunque guardasse il filmato si accorgerebbe immediatamente che tale scena non corrisponde ad alcun processo reale. Il motivo è che sequenze di tale tipo (un bicchiere che si rompe, un organismo che invecchia e muore, un cubetto di ghiaccio che si scioglie nell’acqua tiepida, etc.) costituiscono un esempio di ciò che chiamiamo processo irreversibile, ossia che avviene, con probabilità schiacciante, sempre nello stesso ordine. Ebbene i processi irreversibili costituiscono la base della freccia del tempo, è evidente che il fatto che le cose avvengano secondo un certo ordine (A precede B e non viceversa) ha profondissime implicazioni su tutto ciò che accade nell’universo ed in particolare sul principio di causalità, fondamento della scienza moderna.

Reversibilità, entropia, equilibrio
Una freccia del tempo ci appare dunque del tutto naturale, nondimeno la sua presenza costituisce uno dei più grandi enigmi della fisica, dal momento che se si analizzano in profondità le leggi fondamentali della fisica (quelle cioè che regolano il mondo microscopico o quello ad esso assimilabile) queste appaiono, per quanto ne sappiamo, sostanzialmente reversibili (fatta eccezione per il fenomeno del collasso della funzione d’onda in fisica quantistica che sembra violare tale principio e sul quale ci sarebbe molto da discutere relativamente alla sua interpretazione “ortodossa”) o, per meglio dire, invarianti per inversione temporale. Ciò significa che dato un insieme di leggi dinamiche e la conoscenza delle condizioni di un sistema fisico ad un dato istante di tempo, in linea di principio, è possibile conoscere lo stato del sistema in un qualsiasi istante di tempo nel futuro così come nel passato, dal momento che le leggi dinamiche e dunque l’evoluzione del sistema non distinguono il passato dal futuro ossia non contengono una freccia del tempo. Si pensi ad esempio ad un pendolo che oscilla; se ignoriamo l’attrito (che è appunto costituisce la parte irreversibile del fenomeno) non possiamo stabilire se stiamo osservando un sistema che evolve nel futuro o nel passato; la stessa cosa vale, ad esempio, osservando l’urto elastico di due sfere in un piano orizzontale.
Ma se la freccia del tempo non deriva, per quanto ne sappiamo, dalle leggi della fisica, allora qual’è la sua origine? La risposta fenomenologica a tale domanda è da ricercare nel grado di complessità dei sistemi considerati; infatti il sistema composto dalle due sfere, così come il pendolo sono esempi di sistemi estremamente semplici, ma l’esempio del bicchiere che scivola e si rompe, il cubetto di ghiaccio che si scioglie, un organismo vivente che cresce e, ovviamente, l’Universo stesso sono esempi di sistemi complessi, ossia composti da un enorme numero di particelle soggette ad una moltitudine di interazioni. Ad ogni sistema complesso è possibile associare una grandezza fisica nota come entropia che, in termini elementari, è una misura del numero di modi (microstati) in cui i suoi costituenti elementari (in senso classico e quantistico) possono configurarsi senza modificarne lo stato macroscopico (macrostato). Ad esempio un cubetto di ghiaccio di data forma e dimensioni ha un’entropia inferiore della corrispondente massa d’acqua liquida poiché il numero di modi in cui le molecole d’acqua possono disporsi per formarlo è consistentemente inferiore di quello sufficiente a formare la stessa massa di acqua liquida (nel ghiaccio le molecole devono occupare posizioni ben determinate dalla struttura del solido, mentre nel liquido possono assumere praticamente qualsiasi posizione). Analogamente un uovo intero ha un’entropia molto più bassa dello stesso uovo strapazzato, così l’entropia di una tazza di caffè e di un cucchiaino di zucchero separati ha entropia minore del sistema zucchero sciolto più caffè.
In termini puramente statistici quindi i sistemi caratterizzati da entropia elevata sono anche i più probabili semplicemente perché esistono più modi di realizzarli.
Tutti i processi irreversibili in cui si manifesta una freccia del tempo (l’uovo che si trasforma in frittata, il ghiaccio che si scioglie nell’acqua più calda, un organismo che invecchia e muore, lo zucchero che si scioglie nel caffè, etc.) sono caratterizzati da un comportamento comune: l’entropia aumenta man mano che il sistema si evolve dallo stato iniziale a quello finale.
Sebbene il fatto che l’entropia aumenti può essere interpretata come una questione puramente statistica e insito nelle leggi fondamentali, nondimeno risulta talmente importante da costituire uno dei pilasti della fisica: il secondo principio della termodinamica. Questo principio afferma che l’entropia di un sistema isolato (ossia che è soggetto soltanto ad mutue tra le parti che lo compongono) non può diminuire e determina la tendenza inesorabile dei sistemi complessi a passare da macrostati ad entropia minore a macrostati ad entropia maggiore e che ci appare come il passaggio da ciò che noi chiamiamo passato (entropia minore) a ciò che chiamiamo futuro (entropia maggiore).
L’evoluzione “naturale” di siffatti sistemi tende a raggiungere una condizione di equilibrio: maggiore è il valore dell’entropia più il sistema si trova vicino all’equilibrio; il valore massimo dell’entropia compatibile con le condizioni del sistema caratterizza dunque lo stato di equilibrio di quel sistema.
In tal modo il cammino che porta un sistema verso l’equilibrio definisce una successione di stati che sperimentiamo come flusso del tempo. Una volta che il sistema ha raggiunto l’equilibrio nessuna ulteriore evoluzione è più possibile (almeno in senso macroscopico) e la freccia del tempo si annulla. La formulazione del II principio della termodinamica appare quindi in perfetto accordo con il comportamento dei sistemi complessi osservato nel nostro Universo, ma alla base della sua validità si nasconde un’ipotesi fondamentale, molto spesso ignorata o poco compresa: il sistema deve trovarsi “inizialmente” (e tale richiesta sembra introdurre una sorta di “asimmetria” temporale come vedremo nella seconda parte di questo articolo) in uno stato a bassa entropia, compatibilmente con le condizioni consentite per il sistema stesso. Se così non fosse, questo si troverebbe vicino ad uno stato di equilibrio, ossia non avrebbe modo di evolversi nel tempo. Ma se accettiamo la teoria del Big Bang ed assumiamo che l’Universo si è evoluto per circa 13 miliardi di anni, aumentando sempre la propria entropia e dando origine all’incredibile moltitudine di sistemi oggi osservabili, significa che la sua evoluzione deve essere iniziata a partire da uno stato molto lontano dall’equilibrio, ossia caratterizzato da un valore di entropia eccezionalmente basso, anche considerando che lo stesso stato attuale dell’Universo ha un’entropia molto inferiore a quella che potrebbe avere.

Un inizio molto, forse troppo speciale: l’enigma delle condizioni iniziali dell’Universo
Sfortunatamente il secondo principio da solo non è in grado di spiegare la freccia del tempo: esso afferma che gli stati ad entropia elevata sono più probabili di quelli a bassa entropia ma non ci dice perché lo stato iniziale dell’universo fosse a così bassa entropia (più correttamente ad entropia molto più bassa rispetto a quella che avrebbe potuto avere) ossia uno stato altamente improbabile se consideriamo esclusivamente il punto di vista del II principio. Infatti se lo stato primordiale dell’Universo fosse scelto a caso ci sarebbe stata una schiacciante probabilità di trovarlo in uno stato di entropia elevata vale prossimo all’equilibrio.
L’unico modo di spiegare la freccia del tempo è dunque quello di ammettere che lo stato iniziale dell’universo sia stato un improbabile stato caratterizzato da un valore di entropia particolarmente basso (posizione anche nota come ipotesi sul passato).
Se così non fosse stato, il tempo si sarebbe “bloccato” dando origine ad uno stato molto simile a quello di un gas all’equilibrio termodinamico in cui nulla di interessante si sarebbe potuto sviluppare (e men che meno la vita e la complessità del nostro Universo) tranne alcune prevedibili fluttuazione statistiche più o meno ampie (che pone il serio problema dei cervelli di Boltzmann discusso nel seguito).
In sostanza dunque la freccia del tempo dipende dal fatto che lo stato di partenza dell’universo fosse molto peculiare e non uno stato casuale nel quale non si sarebbe potuto distinguere il passato dal futuro.
Anche i dati sperimentali, se analizzati criticamente, sembrano confermare tale impostazione.
La radiazione di fondo dell’Universo ci fornisce una fotografia dell’universo primordiale e mostra che in prossimità dell’inizio del tempo (ammesso che questo coincida con il Big Bang, cosa peraltro tutta da dimostrare) materia e radiazione erano distribuite in maniera estremamente uniforme. Tuttavia, in generale, uno stato di questo tipo è associato ad un’entropia elevata. Se consideriamo infatti un gas all’equilibrio termico posto in un contenitore, il maggior numero di microstati associati a tale stato è caratterizzato da una distribuzione pressoché uniforme delle molecole del gas nel contenitore (fig. 1).


Figura 1. Evoluzione temporale di un sistema di molte particelle inizialmente distribuito asimmetricamente in un recipiente diviso da un setto rigido.

Pertanto, ad un primo superficiale sguardo, questa uniformità dovrebbe essere il riflesso di uno stato iniziale molto più uniforme che, in una valutazione dell’entropia che non tiene conto della gravità, sarebbe associato ad uno stato ad alta entropia, in contrasto con la richiesta di bassa entropia delle condizioni iniziali.
Ma ulteriori problemi sorgono se si considera l’effetto della gravità (e nello specifico all’ancora sostanzialmente incompresa gravità quantistica), ignorato nell’esempio del gas a temperatura uniforme .
La gravità infatti tende ad aggregare la materia rendendola più grumosa: così in un sistema governato dalla gravità lo stato estremamente più probabile sarebbe rappresentato da un buco nero caratterizzato ha un’entropia enormemente maggiore di quello di una distribuzione uniforme di materia (a differenza di quanto accade in un sistema in cui la gravità non è importante) (fig. 2).


Figura 2. Distribuzione delle molecole in un sistema a molte particelle all’aumentare dell’entropia in assenza ed in presenza della forza di gravità.

Una distribuzione uniforme sembrerebbe quindi ancora più improbabile, allora come mai saremmo stato così “fortunati” da avere uno stato iniziale dell’universo caratterizzato dalla “giuste” condizioni necessarie a garantire lo sviluppo dell’Universo nella forma in cui ci appare oggi?
Il problema di spiegare la freccia del tempo equivale a spiegare lo stato di bassa entropia dell’universo iniziale.
Sembra quasi che il nostro Universo sia stato finemente calibrato in modo da iniziare in uno stato molto distante da quello di possibile equilibrio (ossia di entropia straordinariamente bassa rispetto al valore che avrebbe potuto avere). Ma è possibile spiegare tali specialissime condizioni iniziali come il risultato di un’evoluzione dinamica “naturale” a partire da uno stato generico ed altamente probabile, senza ricorrere a principi antropici a hoc o ad una incredibile quanto improbabile coincidenza o, peggio, ad un miracolo?
Vedremo come le possibili risposte a tali profonde domande implichino una profonda rivisitazione di molte delle attuali convinzioni sulla nascita dell’universo, sulla teoria del Big Bang e sul concetto stesso di tempo in cui un ruolo chiave potrebbe essere rappresentato dalla tanto agognata teoria delle gravità quantistica.
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Nella prima parte di questo articolo è stato evidenziato come lo stato iniziale dell’Universo dovesse essere estremamente speciale e caratterizzato da un valore di entropia particolarmente basso e come tale circostanza escludesse la possibilità di poter considerare questo come uno stato scelto a caso tra una moltitudine di casi possibili. Da dove deriva tale specialità? E’ una conseguenza “naturale” delle leggi della Fisica o dobbiamo ammettere l’intervento di un Creatore, impegnato a “regolare” finemente tutti i parametri dell’Universo primordiale nel modo “giusto”?
Da dove viene l’Universo? Esiste un “inizio” del tempo? Cosa c’era prima del Big Bang? Da dove vengono le leggi della Fisica? La teoria del Big Bang fa risalire l’origine dell’Universo osservabile ad un evento esplosivo avvenuto da dieci a venti miliardi di anni fa ed assume che tutta la materia dell’Universo fosse già presente al momento dell’esplosione, ma non è in grado di spiegarne l’origine, nè il perché dell’esplosione e le sue modalità, ossia, sostanzialmente non è in grado di spiegare le caratteristiche dello stato iniziale dell’Universo, né tantomeno quel valore di entropia particolarmente basso che doveva caratterizzarlo. Essa risulta inoltre incapace di dirimere la questione dell’orizzonte (consistente nell’estrema uniformità della radiazione di fondo a microonde) e della piattezza (legato alla ridotta curvatura spaziale dell’attuale Universo).

L’universo inflazionario ed il Multiverso
Nel 1995 Alan Guth propose un’idea rivoluzionaria in grado di spiegare contemporaneamente il problema dell’orizzonte e quello della curvatura: l’inflazione, secondo la quale l’universo avrebbe subito, nei primissimi istanti della sua esistenza, un processo di espansione esponenziale a partire da uno stato di falso vuoto (FV).
In fisica il vuoto non coincide con il “nulla” ma con uno stato di energia minima di una data teoria, una cui caratteristica particolarmente importante consiste nella sua energia intrinseca, descritta tramite opportuni campi scalari, ossia funzioni matematiche il cui valore nei diversi punti dello spaziotempo ne determina la densità. Da ciò deriva una delle proprietà più sorprendenti del vuoto quantistico, ossia la sua capacità di generare effetti antrigravitazionali (repulsivi) all’interno della regione di spazio da esso occupata.
L’inflazione è determinata dal decadimento di uno specifico campo scalare, l’inflatone, da uno stato di FV dominato da una forma di super - energia oscura, ad uno di vero vuoto (VV) ad energia minima. Tale fenomeno, di natura quantistica, è simile (ma non identico) al decadimento di una sostanza radioattiva ed è legato al principio di indeterminazione di Heisenberg (effetto tunnel quantistico).
In particolare il decadimento del vuoto quantistico è simile al comportamento dell’acqua bollente: bolle di VV si generano casualmente all’interno del FV e crescono esponenzialmente; l’interno delle bolle è costituito sostanzialmente da VV con tutta l’energia del FV concentrata nelle pareti della bolla che ne determina l’espansione per antigravità. Quando le bolle collidono e si fondono, l’energia del FV accumulata nelle pareti si converte in radiazione e materia, dando origine ad un VV pieno di particelle e radiazione che è altro non è che il BB. Contemporaneamente, il FV tra le bolle si espande anch’esso ma ad un ritmo più elevato rispetto all’espansione delle bolle (fig. 1).


Figura 1. Nascita casuale di bolle di vero vuoto all’interno del falso vuoto in espansione.

Se la frequenza di formazione delle bolle è adeguata e se si tiene conto delle fluttuazioni quantistiche cui è soggetto il campo scalare durante il decadimento, queste, prima di collidere, hanno tempo di espandersi abbastanza per risolvere i problemi cosmologici della piattezza e dell’orizzonte. Ma queste bolle sono ancora circondate da regioni di FV in rapida espansione; infatti il FV non decade mai completamente perché la sua velocità di decadimento è inferiore a quella di espansione (per cui c’è sempre una maggiore quantità di FV disponibile per ulteriore formazione di bolle), dando luogo così alla cosiddetta inflazione eterna nel futuro.
Nell’ambito di tale modello, il nostro universo potrebbe essere contenuto completamente all’interno di una di queste bolle ed il BB non costituirebbe più un evento singolare isolato ma solo uno dei tanti (infiniti) BB che si verificano nell’eternità del futuro; un osservatore all’interno della bolla vivrebbe il “suo” BB come unico e non si accorgerebbe della presenza delle altre bolle (se non in caso di collisione) che evolverebbero come universi a se stanti (potenzialmente caratterizzati da leggi fisiche anche diverse dalle nostre a seconda dei diversi tipi di VV previsti per i campi scalari).
Tale scenario cosmologico viene comunemente indicato con il termine Multiverso, vale a dire una struttura frattale contenente più universi - bolla (anche detti pocket - universe) immersi nello spaziotempo da cui si originano. Nel Multiverso, la domanda su cosa ci sia stato prima del BB ammette la semplice risposta: “altri BB”. Tuttavia se l’inflazione ed il Multiverso che essa implica sono in grado di risolvere alcuni problemi di calibrazione fine del nostro universo osservabile (piattezza, orizzonte, uniformità ed isotropia su larga scala) esse non rispondono alla domanda fondamentale sull’estrema specialità ed improbabilità delle condizioni iniziali (ed in particolare dell’entropia iniziale). E’ necessario pertanto cercare spiegazioni più profonde in grado di andare oltre l’inflazione.

Possibili soluzioni al problema dell’entropia iniziale: i baby universi e gli stati coerenti del vuoto quantistico
Quanto sono “naturali” le condizioni iniziali che innescano l’inflazione? Abbiamo visto che se lo stato iniziale dell’universo fosse stato scelto a caso, con schiacciante probabilità esso sarebbe stato molto simile ad uno spazio vuoto, caratterizzato da alta entropia e da un valore basso e positivo di energia del vuoto (spazio di de Sitter) soggetto a fluttuazioni quantistiche più o meno ampie. Dunque, la probabilità che una di queste dia origine ad una piccola regione dominata da una forma di super energia del vuoto (FV) caratterizzata dalle condizioni giuste da innescare l’inflazione è estremamente bassa. Da dove derivano allora tali condizioni?
L’unico modo per giustificare tali condizioni senza rinunciare alla reversibilità delle leggi della fisica (che appaiono tali ad un livello fondamentale) è di ammettere che il BB stesso non rappresenti affatto l’inizio del tempo del nostro universo osservabile (o degli altri eventuali universi bolla nel Multiverso).
Del resto la teoria del BB, basata sulla relatività generale (RG) e sulla meccanica quantistica (MQ), non afferma affatto che il tempo non possa esistere prima del BB, in quanto in corrispondenza all’istante iniziale, costituito da una singolarità (volume nullo e densità, temperatura, pressione e curvatura dello spaziotempo infinite), la teoria stessa perde di significato, richiedendo la formulazione di una teoria della gravità quantistica (GQ).
Nella GQ (in particolare nella versione a loop) il tempo non ha un inizio, anzi il tempo stesso non esiste a livello fondamentale, ma emerge su scala macroscopica come descrizione media dell’evoluzione dei sistemi complessi, così come la temperatura descrive macroscopicamente il moto medio delle singole particelle di un gas (ipotesi del tempo termico).
Se il tempo non esiste a livello di GQ ed il BB non è l’inizio del tempo ma un qualunque “istante” di una storia eterna, rimane il problema di spiegare come mai in questo istante, qualunque esso sia, l’entropia dell’universo risultasse così bassa e come mai, di conseguenza, non viviamo in uno spazio di de Sitter caratterizzato da alta entropia che, essendo uno stato prossimo all’equilibrio, non avrebbe una freccia del tempo.
Come è possibile che lo stato più probabile possibile, quello di de Sitter, possa decadere in uno stato a più alta entropia che contempli la possibilità dell’inflazione? Una soluzione è rappresentata dalla generazione dei cosiddetti universi baby.
La GQ prevede che, oltre alle fluttuazioni quantistiche dei campi (come l’inflatone), sia lo stesso spazio tempo a fluttuare, piegandosi, dilatandosi ma soprattutto dividendosi in più parti, di dimensioni estremamente ridotte, capaci di separarsi da un universo più grande ed evolversi come universi a se stanti: gli universi baby.
Questi sono diversi dagli universi - bolla della teoria dell’inflazione, che rimangono spazialmente connessi allo spaziotempo di origine, poiché risultano disconnessi dall’universo genitore (fig. 2). Nella formazione degli universi baby l’inflatone può trovarsi in uno stato iniziale di VV, caratterizzato da bassa densità di energia ed alta entropia, e, in seguito a fluttuazioni quantistiche (effetto tunnel), “saltare” in uno stato di FV a densità di energia maggiore ma entropia minore, creando, all’interno di piccole regioni dello spaziotempo di partenza, le condizioni di innesco dell’inflazione per formare un minuscolo universo bolla in espansione.


Figura 2. Creazione di universi baby per fluttuazioni quantistiche di una piccola porzione del vuoto di de Sitter.

A questo punto intervengono le fluttuazioni quantistiche dello spaziotempo, previste dalla GQ, che determinano una protrusione della porzione di spaziotempo che dà origine una strozzatura sotto forma di cunicolo spazio temporale (wormhole) la quale, essendo instabile, si dissolve in breve tempo disconnettendo il baby universo. Quest’ultimo, in presenza di un campo inflatonico adeguato, segue la storia della teoria del BB sviluppandosi come universo autonomo e, virtualmente, senza limiti. Il microscopico universo baby, inizialmente dominato da super energia del vuoto, è caratterizzato da un valore di entropia particolarmente basso, mentre l’universo “genitore” non ha mutato il suo valore di entropia dal momento che il nuovo nato ha energia pari a zero (come previsto dalla teoria della RG trattandosi di un universo chiuso), l’entropia totale del sistema universo baby + universo genitore è dunque aumentata (in accordo con il secondo principio della termodinamica). Di conseguenza, nell’ambito del multiverso, non esisterebbe uno stato di equilibrio, in quanto l’entropia avrebbe sempre modo di crescere tramite il meccanismo di creazione di universi baby. Ciò significa che non sarebbe necessario scegliere lo stato iniziale con particolare accuratezza poiché qualsiasi stato si consideri come iniziale, aspettando abbastanza a lungo, questo evolverà verso lo stato caratterizzato da maggior entropia ossia uno spazio vuoto di de Sitter con formazione di universi baby che, a loro volta, saranno soggetti ad inflazione e successivi BB locali con produzione di radiazione e materia. In un tale contesto cosmologico, ovviamente, l’emergere di una freccia del tempo sarebbe oltre che naturale, inevitabile e coerente con il II principio della termodinamica.
Un tale Multiverso avrebbe inoltre il vantaggio di essere totalmente simmetrico rispetto all’inversione di qualsiasi coordinata temporale arbitraria dando origine, nel passato, ad universi baby nei quali la freccia del tempo locale punta in direzione opposta a quella dei baby universi del futuro (fig. 3) senza che ci sia violazione della teoria della relatività dal momento che tra questi non è possibile alcuna forma di comunicazione. La fondamentale importanza teorica di un tale approccio risiede inoltre nel fatto di non richiedere che lo stato “iniziale” (che ora indica un generico istante nella storia del Multiverso) abbia un valore di entropia particolarmente basso, dal momento che, qualunque sia tale valore, alla fine esso evolverà verso la configurazione di spazio vuoto + universi baby.
Tuttavia, per quanto plausibile, lo scenario sopra delineato presuppone la conoscenza degli stati del vuoto associati alla GQ che oggi non possediamo ancora. Una proposta teorica alternativa, alla quale in particolare lo scrivente sta lavorando, riguarda la possibilità di estendere la teoria della coerenza elettrodinamica quantistica, già applicata con successo alla materia condensata, a stati coerenti del vuoto quantistico per spiegare la bassa entropia dello stato iniziale del nostro universo osservabile. Un sistema coerente, non chiuso, può infatti assorbire energia a bassa entropia dall’ambiente circostante abbassando così il suo valore di entropia. In uno stato iniziale di vuoto quantistico una porzione molto piccola di spazio può, per fluttuazioni quantistiche, porsi in uno stato supercoerente, diminuendo la propria entropia a scapito dell’ambiente circostante, portandosi contemporaneamente in uno stato energetico di FV, dal quale potrebbe scaturire l’inflazione ed il successivo BB della cosmologia tradizionale.


Figura 3. Frecce del tempo negli universi baby nati dal vuoto di de Sitter. L’entropia totale aumenta sempre a partire da un istante generico iniziale caratterizzato da un valore di entropia qualsiasi. L’evoluzione è simmetrica nel passato rispetto al futuro

Universi dal nulla, il significato del tempo e la realtà della leggi della Fisica
Il quadro teorico sopra delineato è basato sull’effetto tunnel quantistico. Questo permette la creazione, dal “nulla”, di baby universi; lo stato “precedente” al tunneling è uno stato privo di materia, di spazio ma anche di tempo (in senso macroscopico) in quanto la misura del tempo presuppone il cambiamento. Ma tale stato non può essere uno stato di nulla assoluto semplicemente perché il suo decadimento non può che essere regolato dalle leggi stesse della fisica. Ma allora cosa determina il tunneling? Per quanto sembri paradossale la risposta a tale domanda è che non c’è bisogno di alcuna causa dal momento che la causalità presuppone un prima (causa) ed un dopo (effetto) che non possono esistere in assenza di tempo. Uno degli aspetto più paradossali della fisica quantistica è proprio la non necessità causale di molti processi fisici (quali ad esempio, il decadimento radioattivo: se si aspetta un certo tempo l’atomo decadrà ma non c’è alcuna causa specifica che determini il decadimento in quel preciso istante). Nell’eternità del nulla non ci sono istanti di tempo ed una fluttuazione quantistica può avvenire senza una specifica causa. Tutto ciò porta a riconsiderare profondamente il concetto di tempo e la sua esistenza a livello fondamentale; la GQ (ed alcune formulazioni della teoria delle stringhe) fa a meno di tale concetto, almeno nella sua accezione macroscopica, ma esistono anche altre formulazioni cosmologiche che fanno uso ad esempio di un tempo puramente matematico (immaginario) detto tempo euclideo, slegato da un diretto significato fisico, fino a concezioni più radicali, ed estremamente interessanti, che negano anche l’esistenza del tempo a livello macroscopico (come la teoria degli “Adesso” di Barbour). Nondimeno rimane aperto un problema ancora più profondo, forse il più fondamentale di tutti: se il tempo, lo spazio e la materia - energia non esistono a livello fondamentale, cosa è la realtà? Sicuramente, ad un livello più fondamentale non possiamo che trovare le leggi stesse della fisica ossia, in ultima analisi, delle strutture puramente matematiche che godrebbero di un’esistenza indipendente dal mondo fisico che esse stesse determinano; ma allora dove sarebbero scritte tali leggi? Forse queste risiedono proprio nella nostra mente, o piuttosto in una mente cosmica di cui riusciamo a condividere un minima parte. Non abbiamo ancora una risposta ultima a tale domanda, che forse scaturirà da una coerente Teoria del Tutto, ma certamente il fatto di essere giunti a porsela costituisce, di per sé, uno dei più grandi risultati di quell’immensa avventura umana che è la ricerca scientifica e della sua capacità di spingersi fino agli estremi confini della nostra immaginazione.

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