lunedì 12 agosto 2013

Nuova tecnica archeologica ricostruisce le ultime ore di un defunto.

Resti del bambino di 10-13 anni esaminati con una nuova tecnica nel cimitero di Lindegaarde a Ribe, Danimarca (fonte: Sydvestjyske Museer)
Fonte: Gaianews.it
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Potrebbe sembrare la trama di una fiction poliziesca, tanto in voga oggi. Invece, ancora una volta, scienza e tecnologia ci stupiscono con possibilità impensabili fino a qualche anno fa.
Una nuova tecnica di indagine ha infatti consentito la ricostruzione dell’ultimo giorno di vita di un bambino, d’età compresa tra i 10 e i 13 anni, rinvenuto in una sepoltura medievale risalente a circa 800 anni fa nella città di Ribe, in Danimarca.
Il giorno prima di morire, il bambino fu sottoposto ad una potente dose di mercurio che avrebbe dovuto guarirlo da una grave malattia e che invece lo uccise, tra dolorose sofferenze.
Questo è quanto è stato ricostruito da Kaare Lund Rasmussen, della University of Southern Denmark, che insieme ad alcuni colleghi ha elaborato una nuova metodologia che può rivelare molti dettagli sugli ultimi istanti di vita di una persona.
Il mercurio desta particolare interesse fra gli archeologi, dato che molte culture ne hanno fatto un uso curativo in campo medico, dall’antica Grecia, all’Italia, ai Paesi scandinavi.
“Non so quali malattie avesse contratto il bambino, ma posso per certo affermare che gli è stata somministrata una dose letale di mercurio”, afferma Rasmussen.
La visione dettagliata della vita del bambino non è scaturita dalle analisi delle ossa – come finora  è sempre stato fatto con gli esami autoptici o in paleopatologia – ma dall’esame chimico del terreno dove era stato sepolto.
“Durante la decomposizione dei corpi” – spiega Rasmussen – “molti composti organici e inorganici vengono rilasciati nel terreno e se siamo in grado di localizzare un elemento che non si trova normalmente nel terreno, ma solo nelle vicinanze del corpo, possiamo ottenere informazioni sulle ultime ore di vita del defunto”.
“Il mercurio è un elemento che vale la pena di cercare”, aggiunge lo studioso.“E’ un elemento estremamente tossico e molti sono morti non tanto per la malattia, quanto per l’avvelenamento da mercurio utilizzato per curare la malattia”.
Il trattamento con il mercurio era una pratica curativa molto diffusa, ancora nel 1900.  Ad esempio, con il mercurio fu curata anche la scrittrice Karen Blixen”, cita Rasmussen. 
“In una sepoltura, laddove un rene si dissolve completamente, i composti del tessuto rimangono tuttavia nel suolo, se non vengono asportati dalle acque percolanti. Se al momento della morte ci fosse stato mercurio nel rene, questo si sarebbe trasformato rapidamente in solfuro di mercurio, indissolubile in acqua”.
La concentrazione di mercurio viene eliminata molto velocemente dai polmoni; poche ore, massimo un paio di giorni dopo la morte.
  “Quando abbiamo trovato alte concentrazioni di mercurio nel terreno che per tanto tempo è rimasto a contatto con il polmone del bambino, abbiamo concluso che il bambino era stato esposto ad inalazioni di mercurio durante le ultime 48 ore di vita”, spiega Rasmussen. 
E’ possibile comunque anche testare il contenuto in mercurio delle ossa, come è stato fatto per anni.
“Ma ci sono limitazioni, per le ossa. Mentre il terreno dà informazioni sulle ultime ore di vita, le ossa testimoniano una eventuale esposizione al mercurio per un periodo anteriore, da 3 a 10 anni prima della morte”, dice Rasmussen.
Rasmussen e il suo team hanno usato questa nuova tecnica, facendo campionature di terreno da 19 sepolture medievali nei cimiteri di Ribe e di Horsen in Danimarca.

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