Cellule di foglie di Arabidopsis thaliana (fonte: Fernán Federici and Jim Haseloff , University of Cambridge) |
Fonte: ANSA Scienze
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Dopo gli Ogm, arrivano le piante sintetiche, o meglio 'geneticamente inventate'. A differenza degli organismi geneticamente modificati, le sequenze di Dna innestate in queste piante sono artificiali, ossia progettate e costruite in laboratorio. Sono il primo passo verso i computer viventi o verso i microprocessori fatti di fibre vegetali. Le descrivono sulla rivista Science June Medford e Ashoka Prasad, dell'università americana del Colorado.
Un gigantesco esperimento
I tentativi in corso da tempo nei laboratori di tutto il mondo cominciano ad avere i primi successi: ''è un gigantesco esperimento, ma credo che per decenni resterà in laboratorio. L'obiettivo in questo momento non è tanto ottenere piante in grado di fare determinate cose, quanto capire come funziona il Dna vegetale'', osserva Roberto Defez, dell'Istituto di Bioscienze e Biorisorse (Ibbr) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) a Napoli. ''E' come avere di fronte - aggiunge - un televisore complicatissimo e smontarlo per vedere quali pezzi servono a produrre video o suono''. Una volta compresi meglio i segreti del Dna delle piante allora, per Defez, si potrà passare a sviluppare organismi in grado di fare quello che vogliamo. Tuttavia ''la strada è ancora lunga, inoltre, una cosa è produrre queste piante in laboratorio, un'altra è farlo nell'ambiente reale''.
Circuiti genetici
L'approccio riproduce quell'elettronica: si assemblano circuiti genetici, ossia sequenze che governano interi processi metabolici. Ma a differenza dei circuiti elettronici che richiedono connessioni utilizzando dei cavi, le funzioni dei geni richiedono una sorta di passa-parola molecolare. Di conseguenza per governare bene i meccanismi che si vogliono realizzare in modo artificiale, è cruciale conoscere alla perfezione la cascata di eventi generata dai geni o gruppi di geni. Altri metodi consistono nello 'smontare' il Dna, eliminando per esempio i geni che non codificano, e nel rimontarlo; altri ancora innestano nel genoma della pianta gruppi di geni prelevati da batteri. Prima di passare alla realizzazione pratica, tutti questi processi vengono simulati al computer per programmare la risposta desiderata.
Sensori e computer biologici
In questo modo è stato ottenuto, per esempio, tabacco con una proteina che permette alla pianta di percepire alcune sostanze chimiche e di segnalarne la presenza cambiando colore, ossia diventando più chiara grazie a una perdita di clorofilla. Per Pierdomenico Perata, esperto di Fisiologia vegetale e rettore della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, l'obiettivo di questi esperimenti è verificare se è possibile riprodurre il concetto di calcolo usando elementi biologici come Dna e proteine allo scopo di ottenere veri e propri 'computer viventi'. Questi organismi, secondo l'esperto, potrebbero essere alla base di una nuova generazione di sensori o, in futuro lontano, per realizzare microprocessori biologici per i computer.
Un gigantesco esperimento
I tentativi in corso da tempo nei laboratori di tutto il mondo cominciano ad avere i primi successi: ''è un gigantesco esperimento, ma credo che per decenni resterà in laboratorio. L'obiettivo in questo momento non è tanto ottenere piante in grado di fare determinate cose, quanto capire come funziona il Dna vegetale'', osserva Roberto Defez, dell'Istituto di Bioscienze e Biorisorse (Ibbr) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) a Napoli. ''E' come avere di fronte - aggiunge - un televisore complicatissimo e smontarlo per vedere quali pezzi servono a produrre video o suono''. Una volta compresi meglio i segreti del Dna delle piante allora, per Defez, si potrà passare a sviluppare organismi in grado di fare quello che vogliamo. Tuttavia ''la strada è ancora lunga, inoltre, una cosa è produrre queste piante in laboratorio, un'altra è farlo nell'ambiente reale''.
Circuiti genetici
L'approccio riproduce quell'elettronica: si assemblano circuiti genetici, ossia sequenze che governano interi processi metabolici. Ma a differenza dei circuiti elettronici che richiedono connessioni utilizzando dei cavi, le funzioni dei geni richiedono una sorta di passa-parola molecolare. Di conseguenza per governare bene i meccanismi che si vogliono realizzare in modo artificiale, è cruciale conoscere alla perfezione la cascata di eventi generata dai geni o gruppi di geni. Altri metodi consistono nello 'smontare' il Dna, eliminando per esempio i geni che non codificano, e nel rimontarlo; altri ancora innestano nel genoma della pianta gruppi di geni prelevati da batteri. Prima di passare alla realizzazione pratica, tutti questi processi vengono simulati al computer per programmare la risposta desiderata.
Sensori e computer biologici
In questo modo è stato ottenuto, per esempio, tabacco con una proteina che permette alla pianta di percepire alcune sostanze chimiche e di segnalarne la presenza cambiando colore, ossia diventando più chiara grazie a una perdita di clorofilla. Per Pierdomenico Perata, esperto di Fisiologia vegetale e rettore della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, l'obiettivo di questi esperimenti è verificare se è possibile riprodurre il concetto di calcolo usando elementi biologici come Dna e proteine allo scopo di ottenere veri e propri 'computer viventi'. Questi organismi, secondo l'esperto, potrebbero essere alla base di una nuova generazione di sensori o, in futuro lontano, per realizzare microprocessori biologici per i computer.
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