mercoledì 1 ottobre 2014

Telefonini carichi più a lungo, si avvicina l'era del grafene. Anche transistor superpotenti e schermi flessibili.

Struttura atomica dell'interfaccia grafene-allumina (fonte: Alessandro Baraldi, università degli Studi di Trieste)
Fonte: ANSA Scienze 
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Non più telefonini da mettere in carica tutte le sere, nè computer surriscaldati, futuri transistor notevolmente più potenti di quelli attuali e monitor sottilissimi e flessibili: tutto questo diventerà possibile alla tecnologia, nata in Italia, che per la prima volta permette di sfruttare in pieno tutte le capacità del grafene.

Descritta sulla rivista Nature Communications, la tecnica si deve al gruppo di Alessandro Baraldi, docente di Fisica della Materia dell'Università di Trieste e responsabile del Laboratorio di Scienze delle Superfici del centro Elettra Sincrotrone Trieste. Allo studio hanno partecipato ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e di Regno Unito, Danimarca e Spagna. "Siamo orgogliosi - osserva Baraldi - di avere aggiunto un nuovo piccolo tassello al complicato puzzle che, quando completo, consentirà di passare dall'era del silicio all'era del grafene".

''Il grafene ha l'eccezionale capacità di trasportare gli elettroni a temperatura ambiente e con essi la corrente elettrica'', spiega Baraldi. Questo però avviene quando il grafene è ''da solo'' e finora non è stato possibile combinarlo con un altro materiale senza danneggiarne la struttura e senza renderlo meno efficiente. Per questo, prosegue, ''nei dispositivi elettronici dove il grafene verrà impiegato sempre più diffusamente, come smartphone, schermi flessibili e celle a combustibile, le sue proprietà vengono irrimediabilmente degradate durante il processo di trasferimento dalle superfici dei metalli sui quali viene cresciuto alle superfici dei materiali ai quali deve essere abbinato''.

La tecnica messa a punto Trieste riesce a risolvere il problema: ''Abbiamo cresciuto il grafene sulla superficie di una lega di nickel-alluminio'', spiega Luca Omiciuolo, primo autore della pubblicazione e studente del dottorato in Nanotecnologie dell'Università di Trieste. ''Successivamente - aggiunge - abbiamo ossidato in modo selettivo gli atomi di alluminio posti al di sotto del grafene fino a formare uno strato dello spessore di circa 2 milionesimi di millimetro (nanometri) di ossido di alluminio, in modo così efficace da ripristinare le proprietà elettroniche che rendono unico il grafene nel suo stato isolato''. In questo modo si è ottenuto un ''grafene di altissima qualità'' che ''poggia su uno strato sottilissimo di ossido e questo costituisce la combinazione ideale per l'uso nei dispositivi elettronici".

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