martedì 30 luglio 2013

Catturata al Polo sud l’eco oscura del Big Bang: «modi B» rilevati per la prima volta.

Il South Pole Telescope. Crediti: Ryan Keisler
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Rilevati per la prima volta, grazie al South Pole Telescope, i cosiddetti «modi B»: un segnale in polarizzazione presente nella radiazione cosmica di fondo. L'osservazione, a lungo attesa dai cosmologi, offre un modo inedito per calcolare la massa del neutrino.
Erano miliardi di anni che i “modi B”, i pesciolini più sfuggenti in quell’immenso e torbido oceano che è la radiazione cosmica di fondo a microonde, solcavano inosservati quel brodo di fotoni antico quanto l’universo. Affermare che i cosmologi ne sospettassero l’esistenza è poco: che ci fossero ne erano praticamente certi. Solo che per catturarli occorreva una rete a maglie troppo fini rispetto a quelle disponibili: nell’ordine di una parte su 10 milioni, per dirla a modo loro.
Ora un team guidato da Duncan Hanson, dell’università canadese Mc Gill, annuncia d’esserci riuscito: lo fa con un articolo messo in rete nei giorni scorsi su arXiv e appena ripreso dalle pagine di Nature. Il risultato è stato ottenuto grazie alle misure su 100 gradi quadrati di cielo raccolte, fra marzo e novembre del 2012, dal South Pole Telescope: un gigante da 10 metri – situato presso la stazione antartica Amundsen-Scott – che monta uno strumento con due array di bolometri, a 95 e 150 GHz, sensibili alla polarizzazione.
Ma cosa sono, questi “modi B”? «Sono una delle due componenti del pattern della polarizzazione presente nella radiazione di fondo cosmico», spiega Alessandro Gruppuso, ricercatore presso l’INAF IASF di Bologna. «L’altra componente è detta “modi E”, in analogia con la suddivisione fra campi magnetici ed elettrici usata per i campi elettromagnetici. L’interesse dei cosmologi per i modi B sta nel fatto che, a imprimerli sulla polarizzazione, sono le onde gravitazionali primordiali previste dai modelli inflazionari».
Questo però vale solo per i modi B, appunto, primordiali. Già, perché esistono anche una sorta di modi B indiretti, secondari, generati dall’interazione fra i modi E primordiali e l’effetto di lensing gravitazionale. Ora, se è vero che l’osservazione dei modi B primordiali rappresenterebbe un risultato clamoroso, anche vedere i modi B da effetto lensing è un colpo degno di nota: per dirne una, apre una strada inedita al calcolo della massa del neutrino, una scorciatoia che potrebbe consentire di battere sul tempo gli esperimenti di fisica particellare impegnati nella stessa impresa.
Ebbene, è proprio questo secondo tipo di modi B che il telescopio antartico è riuscito a intrappolare. Per i primi occorre ancora un po’ di pazienza. «Quelli emersi dalle osservazioni del South Pole Telescope sono i modi B della CMB polarizzata dovuti all’effetto del lensing gravitazionale sui modi E. È indubbiamente un grande successo», dice infatti Reno Mandolesi, responsabile dello strumento LFI del satellite dell’ESA Planck, «che ci rende ottimisti sui risultati attesi il prossimo anno dall’analisi dei dati in polarizzazione di Planck: la rivelazione dei modi B primordiali».
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