Le Stanze dal Libro di Dzyan[1] costituiscono l'argomento principale del primo e secondo volume de La dottrina segreta (The secret doctrine), opera di teosofia in otto volumi pubblicata nel 1888 da Helena Petrovna Blavatsky.
La parte I del primo volume, intitolata Cosmogenesi, contiene sette stanze[2] in versi ermetici e simbolici composte dalla Blavatsky, per ognuna delle quali l'autrice dedica, successivamente, un capitolo di commento in cui spiega i suoi stessi versi. Il secondo volume intitolato Antropogenesi ne contiene altre dodici, sempre seguite da commento e interpretazione.
Come esempio del linguaggio ermetico utilizzato dalla Blavatsky, viene riportata di seguito la prima stanza del primo volume:
« 1. - L'Eterna Genitrice, ravvolta nelle sue Vesti Eternamente Invisibili, era rimasta sopita ancora una volta per Sette Eternità.2. - Il Tempo non era, poiché giaceva addormentata nel Seno Infinito della Durata.3. - La Mente Universale non era, poiché non vi erano Ah-hi per contenerla.4. - Le Sette Vie alla Beatitudine non erano. Le grandi Cause del Dolore non erano, perché non vi era alcuno per produrle ed esserne preso.5. - Solo Tenebre riempivano il Tutto illimitato, poiché Padre, Madre e Figlio erano nuovamente Uno; ed il Figlio non si era ancora destato per la nuova Ruota e per il suo Pellegrinaggio su di essa.6. - I Sette Sublimi Signori e le Sette Verità avevano cessato di essere e l'Universo, Figlio della Necessità, era immerso in Paranishpanna, pronto ad essere esalato da ciò che è, e tuttavia non è. Nulla era.7. - Le Cause dell'Esistenza erano state abolite; il Visibile che fu e l'Invisibile che è, riposavano nell'Eterno Non-Essere-l'Essere Uno.8. - Sola, l'Unica Forma di Esistenza si stendeva illimitata, infinita, incausata, nel Sonno Senza Sogni, e la Vita pulsava inconscia nello Spazio Universale, attraverso quella Onnipresenza che è percepita dall'Occhio Aperto di Dangma.9. - Ma dov'era Dangma quando Alaya dell'Universo era in Paramartha, e la Grande Ruota era Anupadaka? »
(La dottrina segreta, opera citata, pag. 85)
Le Stanze sarebbero state composte dalla Blavatsky interpretando il linguaggio iconografico di un presunto manoscritto tibetano molto antico, il Libro di Dzyan (o Libro di Dzan), che sarebbe servito come base sapienziale per la La dottrina segreta.
La Blavatsky descrive il manoscritto, di cui avrebbe avuto visione diretta, come un testo antico di millenni redatto in lingua Senzar[3] e conservato in un luogo segreto del Tibet. Scritto «su foglie di palma, ma rese inalterabili al fuoco, all'acqua e all'aria mediante qualche processo specifico ignoto»[4], il libro tratterebbe della cosmogenesi e dell'evoluzione dell'uomo fino alla distruzione di Atlantide.
Altri versi attribuiti al Libro di Dzyan sono stati pubblicati da Alice Bailey in A Treatise on Cosmic Fire nel 1925.
Del Libro di Dzyan non è stata fornita alcuna fonte originale né esiste alcuna citazione anteriore alla pubblicazione della Blavatsky o esterna alla saggistica esoterica afferente o meno a movimenti teosofici[5]. Al di là delle interpretazioni fornite della Blavatsky, la completa mancanza di riscontri di questo manoscritto originale così come della misteriosa lingua pre-sanscrita in cui sarebbe stato redatto, rende dubbia la sua reale esistenza.
La teosofista Sylvia Cranston (pseudonimo di Anita Atkins) avanzò l'ipotesi che i versi delle stanze fossero interamente una creazione originale[6] della Blavatsky negando, conseguentemente, l'esistenza del manoscritto.
David Reigle, un orientalista affiliato alla Società Teosofica, reputa, invece, il manoscritto connesso ad un testo del Buddhismo Vajrayana, il Kalachakra Tantra.
L'esoterista inglese Nicholas Goodrick-Clarke ha suggerito, recentemente, che la fonte di ispirazione delle stanze andrebbe ricercata nel Taoismo cinese e nella Cabala ebraica.
Il Libro di Dzyan ha avuto anche una certa fortuna narrativa. È citato nei racconti horror-fantasy Il diario di Alonzo Typer[7] e L'abitatore del buio - scritti entrambi da Howard Phillips Lovecraft nel 1935 - come uno dei testi alla base dei miti di Cthulhu al pari del famoso Necronomicon; come tale viene ripreso dallo scrittore August Derleth[8] e, successivamente, da tutte le edizioni del gioco di ruolo Il richiamo di Cthulhu della Chaosium.
In Alone in the Dark del 2001, un fumetto tratto dalla famosa serie di videogiochi omonima[9] ispirata ai miti di Cthulhu, il Libro di Dzyan viene considerato il lascito di una antica razza di alieni vissuta milioni di anni prima nell'Antartide similmente alla Grande razza di Yith descritta da Lovecraft.
Il libro fa parte anche della bibliografia utilizzata dall'autore di fumetti italiano Luca Enoch per Gea.
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