FONTE
Secondo gli studiosi, si tratterebbe di un "metallo invertito" con i nuclei di deuterio che si muvono nel campo degli elettroni stazionari.
Un campione di deuterio ultradenso - un cubo di 10 centimetri di lato peserebbe 130 tonnellate - è stato prodotto da un gruppo di ricerca del Dipartimento di chimica dell'Università di Goteborg, in Svezia, guidato da Leif Holmlid.
Secondo le attuali conoscenze, si tratta di una forma di materia coinvolta nei processi che portano alla formazione delle stelle, e potrebbe essere presente all'interno dei pianeti giganti come Giove.
Il deuterio ultra-denso, denominato D(-1) è stato osservato in quest'ultimo studio, pubblicato sulla rivista "International Journal of Mass Spectrometry", utilizzando la tecnica di esplosione coulombiana indotta da un laser ultrapotente e misurando l'energia cinetica e la massa dei prodotti della reazione. Il valore dell'energia cinetica, in particolare, ha permesso di risalire alla distanza interatomica D-D, stimata in 2,3 ± 0,1 picometri (millesimi di miliardesimi di metro) in buon accordo con il valore di 2,5 picometri ottenuto per via teorica.
Secondo gli studiosi, si tratterebbe di un "metallo invertito" con i nuclei di deuterio che si muvono nel campo degli elettroni stazionari.
Non si tratta però di una semplice esercitazione di laboratorio: gli autori prefigurano infatti importanti applicaizoni pratiche in campo energetico.
“Un importante obiettivo della nostra ricerca è che un simile materiale possa essere utilizzato come combustibile molto efficiente negli esperimenti di fusione nucleare a confinamento inerziale innescata da laser ultrapotenti”, ha commentato Leif Holmlid.
Tale tipo di tecnologia è stata testata finora su deuterio criogenico noto anche come “ghiaccio di deuterio”, con scarsi risultati. Nella pratica infatti, è risultato molto difficile comprimere il deuterio a livelli sufficienti a raggiungere le alte temperature richieste per innecascare il processo di fusione nucleare.
Quello ora ottenuto è uno stato della materia un milione di volte più denso del deuterio criogenico, una circostanza, questa, che potrebbe rendere sufficientemente agevole superare tale difficoltà utilizzando impulsi laser di potenza elevata.
Sulle possibilità di sfruttamento tecnologico della scoperta gli autori sembrano molto ottimisti. “Se si riuscisse a produrre grandi quantità di questo materiale, il processo di fusione potrebbe diventare la sorgente energetica del futuro, e molto prima di quanto ritenuto finora”, ha concluso Holmlid.
Inoltre, gli stessi studiosi sono fiduciosi di poter progettare il processo di fusione del deuterio in modo che i prodotti finali siano esclusivamente elio e idrogeno, evitando così di ottenere trizio radioattivo, come si intende fare in alcuni modelli ipotizzati finora. (fc)
Secondo le attuali conoscenze, si tratta di una forma di materia coinvolta nei processi che portano alla formazione delle stelle, e potrebbe essere presente all'interno dei pianeti giganti come Giove.
Il deuterio ultra-denso, denominato D(-1) è stato osservato in quest'ultimo studio, pubblicato sulla rivista "International Journal of Mass Spectrometry", utilizzando la tecnica di esplosione coulombiana indotta da un laser ultrapotente e misurando l'energia cinetica e la massa dei prodotti della reazione. Il valore dell'energia cinetica, in particolare, ha permesso di risalire alla distanza interatomica D-D, stimata in 2,3 ± 0,1 picometri (millesimi di miliardesimi di metro) in buon accordo con il valore di 2,5 picometri ottenuto per via teorica.
Secondo gli studiosi, si tratterebbe di un "metallo invertito" con i nuclei di deuterio che si muvono nel campo degli elettroni stazionari.
Non si tratta però di una semplice esercitazione di laboratorio: gli autori prefigurano infatti importanti applicaizoni pratiche in campo energetico.
“Un importante obiettivo della nostra ricerca è che un simile materiale possa essere utilizzato come combustibile molto efficiente negli esperimenti di fusione nucleare a confinamento inerziale innescata da laser ultrapotenti”, ha commentato Leif Holmlid.
Tale tipo di tecnologia è stata testata finora su deuterio criogenico noto anche come “ghiaccio di deuterio”, con scarsi risultati. Nella pratica infatti, è risultato molto difficile comprimere il deuterio a livelli sufficienti a raggiungere le alte temperature richieste per innecascare il processo di fusione nucleare.
Quello ora ottenuto è uno stato della materia un milione di volte più denso del deuterio criogenico, una circostanza, questa, che potrebbe rendere sufficientemente agevole superare tale difficoltà utilizzando impulsi laser di potenza elevata.
Sulle possibilità di sfruttamento tecnologico della scoperta gli autori sembrano molto ottimisti. “Se si riuscisse a produrre grandi quantità di questo materiale, il processo di fusione potrebbe diventare la sorgente energetica del futuro, e molto prima di quanto ritenuto finora”, ha concluso Holmlid.
Inoltre, gli stessi studiosi sono fiduciosi di poter progettare il processo di fusione del deuterio in modo che i prodotti finali siano esclusivamente elio e idrogeno, evitando così di ottenere trizio radioattivo, come si intende fare in alcuni modelli ipotizzati finora. (fc)
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