Siamo prossimi a un avanzamento tecnologico che ci consentirà di potenziare il cervello umano oltre l'immaginabile. Lo sostiene Andy Coghlan sul New Scientist, riportando quanto emerso nel meeting Neuroscience in Context, che si è chiuso ieri a Berlino (A Coghlan, Will designer brains divide humanity? NewSci, May 13, 2009).
A Berlino filosofi, neurologi, antropologi, tecnologi provenienti da tutto il mondo si sono francamente confrontati su questi temi e sulle ripercussioni etiche di questa nuova fase di sviluppo dell'umana specie.
Lambros Malafouris del britannico McDonald Institute for Archaeological Research di Cambridge ritiene che questa non è che una nuova fase del processo della storia umana, perché gli uomini hanno sempre cercato di potenziare le capacità del proprio cervello.
Andreas Roepstorff della danese Aarhus University, toccando il tema della plasticità cerebrale, ha mostrato immagini di risonanza magnetica che mostrano che le aree del cervello che controllano la respirazione sono più ampie nei soggetti che praticano meditazione.
Merlin Donald della canadese Queens University di Kingston, ha parlato della attuale maggiore fluidità mentale e capacità di sintonizzarsi con le esperienze delle altre persone tramite le nuove tecnologie in termini di “superplasticità”, legata a una cognizione distribuita, radicata in un enorme sistema culturale.
Il futurologo Ray Kurzweil ha focalizzato il suo intervento sui contributi diretti che la tecnologia porterà al potenziamento del cervello umano, principalmente con protesi neurali e ingegneria genetica, verso un futuro orientato al cyborg che avrà un punto di svolta (“singolarità”) nell'anno 2045.
Andy Clark, filosofo della University of Edinburgh, sostiene fortemente l'idea di un futuro in cui tutti gli esseri umani avranno la possibilità di interfacciarsi con i computer, per migliorare le capacità di immagazzinamento e di recupero delle memorie.
Dieter Birnbacher, filosofo della University of Dusseldorf, ha sottolineato i rischi per la dignità umana che la possibilità di un automiglioramento basato esclusivamente sulla tecnologia porta in seno e si chiede: che cosa sarà considerato “normale”, che differenza c'è rispetto al doping sportivo, chi ci assicura che tali cambiamenti non si tradurranno in una divisione della specie in potenziati e non, con conseguenti discriminazioni e stigma sociale?
John Dupré della britannica University of Exeter condivide sostanzialmente le preoccupazioni di Birnbacher, prefigurandosi un mondo diviso in due specie umane completamente differenti, e invita a prendere in considerazione alternative di potenziamento non tecnologiche, quali cultura, educazione e arricchimento degli stimoli ambientali: studi recenti hanno ad esempio dimostrato che le cure materne sono in grado di modificare la stessa espressione genica del bambino.
Questi rischi potranno essere evitati? Chris Gosden, archeologo della University of Oxford, pensa di sì, se gli strumenti di potenziamento riusciranno ad avere la diffusione delle attuali nuove tecnologie di comunicazione quali telefoni cellulari e computer.
Coghlan chiude il resoconto del meeting di Berlino ricordando che gli impianti cerebrali sono già disponibili e venogono applicati attualmente a persone con gravi disabilità: ad esempio, interfacce uomo macchina già consentono a pazienti paralizzati di muovere il cursore sul monitor di un computer, usare la posta elettronica, comandare l'impianto elettrico e la televisione; Andrew Schwartz sta sviluppando alla University of Pittsburgh microchip da impiantare nel cervello per mettere in grado i soggetti di muovere braccia meccaniche o di parlare attraverso sistemi computerizzati mediante comunicazioni wireless. Lo stesso esercito USA sta da tempo lavorando a progetti di potenziamento dei militari che fanno tesoro delle recenti scoperte delle neuroscienze, attraverso la Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA), alla quale vengono destinate ingenti risorse governative.
A Berlino filosofi, neurologi, antropologi, tecnologi provenienti da tutto il mondo si sono francamente confrontati su questi temi e sulle ripercussioni etiche di questa nuova fase di sviluppo dell'umana specie.
Lambros Malafouris del britannico McDonald Institute for Archaeological Research di Cambridge ritiene che questa non è che una nuova fase del processo della storia umana, perché gli uomini hanno sempre cercato di potenziare le capacità del proprio cervello.
Andreas Roepstorff della danese Aarhus University, toccando il tema della plasticità cerebrale, ha mostrato immagini di risonanza magnetica che mostrano che le aree del cervello che controllano la respirazione sono più ampie nei soggetti che praticano meditazione.
Merlin Donald della canadese Queens University di Kingston, ha parlato della attuale maggiore fluidità mentale e capacità di sintonizzarsi con le esperienze delle altre persone tramite le nuove tecnologie in termini di “superplasticità”, legata a una cognizione distribuita, radicata in un enorme sistema culturale.
Il futurologo Ray Kurzweil ha focalizzato il suo intervento sui contributi diretti che la tecnologia porterà al potenziamento del cervello umano, principalmente con protesi neurali e ingegneria genetica, verso un futuro orientato al cyborg che avrà un punto di svolta (“singolarità”) nell'anno 2045.
Andy Clark, filosofo della University of Edinburgh, sostiene fortemente l'idea di un futuro in cui tutti gli esseri umani avranno la possibilità di interfacciarsi con i computer, per migliorare le capacità di immagazzinamento e di recupero delle memorie.
Dieter Birnbacher, filosofo della University of Dusseldorf, ha sottolineato i rischi per la dignità umana che la possibilità di un automiglioramento basato esclusivamente sulla tecnologia porta in seno e si chiede: che cosa sarà considerato “normale”, che differenza c'è rispetto al doping sportivo, chi ci assicura che tali cambiamenti non si tradurranno in una divisione della specie in potenziati e non, con conseguenti discriminazioni e stigma sociale?
John Dupré della britannica University of Exeter condivide sostanzialmente le preoccupazioni di Birnbacher, prefigurandosi un mondo diviso in due specie umane completamente differenti, e invita a prendere in considerazione alternative di potenziamento non tecnologiche, quali cultura, educazione e arricchimento degli stimoli ambientali: studi recenti hanno ad esempio dimostrato che le cure materne sono in grado di modificare la stessa espressione genica del bambino.
Questi rischi potranno essere evitati? Chris Gosden, archeologo della University of Oxford, pensa di sì, se gli strumenti di potenziamento riusciranno ad avere la diffusione delle attuali nuove tecnologie di comunicazione quali telefoni cellulari e computer.
Coghlan chiude il resoconto del meeting di Berlino ricordando che gli impianti cerebrali sono già disponibili e venogono applicati attualmente a persone con gravi disabilità: ad esempio, interfacce uomo macchina già consentono a pazienti paralizzati di muovere il cursore sul monitor di un computer, usare la posta elettronica, comandare l'impianto elettrico e la televisione; Andrew Schwartz sta sviluppando alla University of Pittsburgh microchip da impiantare nel cervello per mettere in grado i soggetti di muovere braccia meccaniche o di parlare attraverso sistemi computerizzati mediante comunicazioni wireless. Lo stesso esercito USA sta da tempo lavorando a progetti di potenziamento dei militari che fanno tesoro delle recenti scoperte delle neuroscienze, attraverso la Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA), alla quale vengono destinate ingenti risorse governative.
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