lunedì 10 maggio 2010

DARPA, Progetto "Repair": impianti cerebrali utili a riparare malfunzionamenti e menomazioni della materia grigia.

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Roma - La fusione permanente tra uomo e macchina è sempre più vicina, e se transumanesimo ha da essere si dovrà necessariamente metter mano al cervello e alle sue complicate interconnessioni sinaptiche. Al DARPA, il braccio hi-tech del Pentagono votato alle sperimentazioni estreme, stanno appunto pensando a trasformare in realtà i racconti cyber-punk di William Gibson con il progetto REPAIR.Il problema principale da risolvere, spiega il professore associato Krishna Shenoy della Stanford University coinvolto nel progetto, è la sostanziale impotenza davanti cui si trova oggi la comunità medica quando si tratta di porre rimedio a ferite, menomazioni e malfunzionamenti della materia cerebrale che custodisce la vita di un individuo.L'obiettivo di REPAIR è appunto quello di "comprendere - e poi essere in grado di modificare - il comportamento del cervello in risposta a un trauma". DARPA finanzierà REPAIR e le quattro istituzioni coinvolte con una somma iniziale di 14,9 milioni di dollari in due anni, impegnando 10 team di ricerca dotati di competenze che vanno dalle neuroscienze alla psichiatria, dalla neuroplastica ai semiconduttori elettronici.
Massiccio il compito che attende i ricercatori, i quali non solo dovranno capire in dettaglio come funzionano le interconnessioni tra i neuroni delle varie parti funzionali del cervello - prima animale e infine umano - ma anche e soprattutto come utilizzare le possibilità offerte dall'optogenetica (la precisa stimolazione esterna dei singoli neuroni dell'encefalo) per "leggere un segnale dalla regione A, bypassare l'area B danneggiata e portare quel segnale a C".Nella più ottimistica delle ipotesi, i ricercatori promettono di realizzare impianti cerebrali funzionanti (fibre ottiche, microchip e chissà cos'altro) da testare in laboratorio sugli animali da qui a quattro anni. E se al DARPA giustificano i fondi impegnati per REPAIR con la possibilità di curare i traumi cerebrali dei veterani dell'Iraq o Afghanistan (il 10-20 per cento delle truppe che tornano negli States), un eventuale successo del progetto porterebbe indubbi benefici anche ai quasi 2 milioni di americani (e non solo) che cadono vittima ogni anno di infortuni. Le questioni filosofiche sulla "disumanizzazione" degli impianti cerebrali, infine, sono tutt'altra storia.
Alfonso Maruccia

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