Fonte: Le Scienze
Se nei fibroblasti che circondano un tumore viene danneggiato il gene PTEN, la struttura e la biochimica dell’ambiente risultano alterate in un modo che favorisce lo sviluppo della neoplasia.
Fino a poco tempo fa si riteneva che fra le due popolazioni diverse di cellule presenti all’interno di una massa tumorale – quelle maligne a crescita rapida e incontrollata e quelle normali che lo circondano – non vi fosse una significativa interazione.In seguito è si è potuto dimostrare come in realtà le cellule normali influenzino quelle all’interno di tumore in modo da favorirne la "deriva" maligna, ma come ciò avvenisse era finora rimasto ignoto.Un nuovo studio svolto presso la Ohio State University e ora pubblicato sull’ultimo numero di “Nature” potrebbe contribuire a chiarire il mistero. In esso si dimostra infatti come la perdita di un gene chiamato PTEN possa alterare l’ambiente del tumore in modo tale da alimentarne la crescita. Il gene PTEN, che codifica per una proteina che riveste un ruolo cruciale nella regolazione del metabolismo cellulare, appare non espresso in molti tumori maligni che colpiscono l’uomo. Quest’ultimo studio mostra in particolare che quando questo gene risulta danneggiato nei fibroblasti, una delle principali componenti cellulari del tessuto che circonda il tumore, la struttura e la biochimica dell’ambiente in cui la neoplasia si sviluppa vengono alterate. Per esempio, salgono i livelli di collagene, i macrofagi migrano all’interno del tumore e il numero di vasi sanguigni aumenta. Tutti questi eventi, infine, favoriscono la crescita del tumore.Nello studio i ricercatori hanno rimosso il gene PTEN dai fibroblasti delle ghiandole mammarie di alcuni topi, riscontrando poi come quel gene ne regolasse un altro, denominato Ets2, che determina i cambiamenti che avvengono nell’ambiente tumorale quando il PTEN è mancante."Il nostro studio dimostra che il gene PTEN nei fibroblasti circostanti ha un ruolo cruciale nel sopprimere lo sviluppo tumorale”, ha spiegato Michael Ostrowski, direttore del Molecular Biology and Cancer Genetics Program del Comprehensive Cancer Center della Ohio State University. “Il risultato potrebbe portare a nuovi trattamenti per il tumore della mammella e forse anche per altri tumori solidi, nei quali si potrebbero utilizzare molecole in grado di agire sulle cellule che circondano il tumore, oltre alle cellule cancerose.” (fc)
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