Fonte: Galileo
Vernici, resine, schiume. Prodotte senza petrolio, a basso costo e impatto ambientale. Succede al CimtecLab, un laboratorio-azienda tutto italiano nell'Area Science Park di Trieste.
Immaginare un mondo senza petrolio è forse ancora un'utopia, ma qualche passo nella giusta direzione si comincia a fare. Anche nel campo dell'industria chimica. Vernici, adesivi, resine, materiali isolanti, laminati, schiume, materassi e imbottiture possono infatti essere realizzati senza ricorrere all’oro nero, a minor costo, a un più basso impatto ambientale e senza sottrarre risorse ad altri mercati. Basta saper come trattare gli scarti delle industrie alimentari.
La chimica che lo permette è nota dai primi del Novecento, abbandonata proprio a causa del boom del petrolio e dei polimeri sintetici. Serviva solo qualcuno che la riscoprisse. A farlo sono stati i ricercatori del CimtecLab, un laboratorio-azienda tutto italiano presso Area Science Park di Trieste. La storia è cominciata un paio di anni fa, quando un gruppo di ricercatori ha sviluppato la tecnologia necessaria per ottenere materiali polimerici biocompatibili dal Cnsl (Casew Nut Shell Liquid), un derivato tossico del trattamento del guscio degli anacardi. Questa sostanza è attualmente prodotta in grandi quantità in India e Vietnam, ma anche in Africa, Nigeria e Brasile, per un totale di circa un milione di tonnellate all’anno. Distillando il Cnsl, i ricercatori sono riusciti a ottenere un’altra sostanza dalle caratteristiche molto interessanti, chiamata cardanolo. La tecnica di distillazione utilizzata non solo è ecologica, ma permette un alto recupero e un’elevata purezza del prodotto finale (95%). Partendo dalla struttura molecolare di base, i chimici sono stati in grado di ottenere nuove molecole attraverso passaggi di sintesi semplici ed economici. E di mettere a punto protocolli, di cui ora hanno il brevetto a livello mondiale, per creare una serie vastissima di nuove sostanze. Gli ultimi test sono terminati lo scorso 9 ottobre e molti dei derivati hanno già avuto l'approvazione dell'Unione Europea, mentre altri sono in corso di registrazione. I prodotti, che dovrebbero essere sul mercato dall’inizio del 2010, avranno il marchio Exaphen e comprendono schiume da impiegare a partire dalla fabbricazione di frigoriferi fino ad arrivare alle imbottiture, vernici per l’industria nautica e per i mobilifici, pannelli edili, sigillanti, isolanti termici. Tutti con proprietà ritardanti di fiamma (con ridotta infiammabilità), antibatteriche, anti-idrolisi (resistenti all'aggressione dell'acqua) e anti-invecchiamento.Quelli del CimtecLab non sono certo i primi prodotti naturali che cercano di sostituire il petrolio. Ci si è già provato con derivati di soia e mais. Ma, rispetto a questi, i nuovi polimeri hanno caratteristiche fisiche migliori e sono più economici, senza contare il fatto che per la loro realizzazione non si attinge a potenziali risorse alimentari, ma si sfrutta un prodotto di scarto tossico. In più, lo scarto dello scarto, legnoso e secco, viene usato come rinforzo di materiali compositi. Restano alcuni punti critici: "Il prodotto finale non è biodegradabile e i reagenti intermedi derivano ancora dal petrolio", spiega Pietro Campaner, ricercatore della New Materials Division di CimtecLab", ma ci stiamo lavorando e stiamo anche pensando a come utilizzare gli scarti dell’industria del pesce e l’olio di sansa". Ma davvero le imprese hanno un’anima tanto ecologista da cambiare la loro filiera? “Negli Usa l’aspetto etico influisce molto sulle scelte delle aziende”, risponde Campaner, “mentre qui da noi la leva è ancora il prezzo: il costo di produzione di alcuni di questi nuovi composti è un terzo di quelli derivati dal petrolio”.Non esiste una lista dei materiali che è possibile ottenere con questo metodo e qui sta forse l’aspetto più interessante della storia: non si vende solo il prodotto finito, ma le idee per inventarne di nuovi man mano che qualche industria ne sente il bisogno. Insomma, di necessità virtù.
La chimica che lo permette è nota dai primi del Novecento, abbandonata proprio a causa del boom del petrolio e dei polimeri sintetici. Serviva solo qualcuno che la riscoprisse. A farlo sono stati i ricercatori del CimtecLab, un laboratorio-azienda tutto italiano presso Area Science Park di Trieste. La storia è cominciata un paio di anni fa, quando un gruppo di ricercatori ha sviluppato la tecnologia necessaria per ottenere materiali polimerici biocompatibili dal Cnsl (Casew Nut Shell Liquid), un derivato tossico del trattamento del guscio degli anacardi. Questa sostanza è attualmente prodotta in grandi quantità in India e Vietnam, ma anche in Africa, Nigeria e Brasile, per un totale di circa un milione di tonnellate all’anno. Distillando il Cnsl, i ricercatori sono riusciti a ottenere un’altra sostanza dalle caratteristiche molto interessanti, chiamata cardanolo. La tecnica di distillazione utilizzata non solo è ecologica, ma permette un alto recupero e un’elevata purezza del prodotto finale (95%). Partendo dalla struttura molecolare di base, i chimici sono stati in grado di ottenere nuove molecole attraverso passaggi di sintesi semplici ed economici. E di mettere a punto protocolli, di cui ora hanno il brevetto a livello mondiale, per creare una serie vastissima di nuove sostanze. Gli ultimi test sono terminati lo scorso 9 ottobre e molti dei derivati hanno già avuto l'approvazione dell'Unione Europea, mentre altri sono in corso di registrazione. I prodotti, che dovrebbero essere sul mercato dall’inizio del 2010, avranno il marchio Exaphen e comprendono schiume da impiegare a partire dalla fabbricazione di frigoriferi fino ad arrivare alle imbottiture, vernici per l’industria nautica e per i mobilifici, pannelli edili, sigillanti, isolanti termici. Tutti con proprietà ritardanti di fiamma (con ridotta infiammabilità), antibatteriche, anti-idrolisi (resistenti all'aggressione dell'acqua) e anti-invecchiamento.Quelli del CimtecLab non sono certo i primi prodotti naturali che cercano di sostituire il petrolio. Ci si è già provato con derivati di soia e mais. Ma, rispetto a questi, i nuovi polimeri hanno caratteristiche fisiche migliori e sono più economici, senza contare il fatto che per la loro realizzazione non si attinge a potenziali risorse alimentari, ma si sfrutta un prodotto di scarto tossico. In più, lo scarto dello scarto, legnoso e secco, viene usato come rinforzo di materiali compositi. Restano alcuni punti critici: "Il prodotto finale non è biodegradabile e i reagenti intermedi derivano ancora dal petrolio", spiega Pietro Campaner, ricercatore della New Materials Division di CimtecLab", ma ci stiamo lavorando e stiamo anche pensando a come utilizzare gli scarti dell’industria del pesce e l’olio di sansa". Ma davvero le imprese hanno un’anima tanto ecologista da cambiare la loro filiera? “Negli Usa l’aspetto etico influisce molto sulle scelte delle aziende”, risponde Campaner, “mentre qui da noi la leva è ancora il prezzo: il costo di produzione di alcuni di questi nuovi composti è un terzo di quelli derivati dal petrolio”.Non esiste una lista dei materiali che è possibile ottenere con questo metodo e qui sta forse l’aspetto più interessante della storia: non si vende solo il prodotto finito, ma le idee per inventarne di nuovi man mano che qualche industria ne sente il bisogno. Insomma, di necessità virtù.
Tiziana Moriconi
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