venerdì 2 ottobre 2009

Il virus dell’influenza suina penetra più in profondità nei polmoni.

Una nuova ricerca condotta da ricercatori britannici conferma recenti studi (come quello pubblicato ad opera di ricercatori della University of Maryland ed apparso questo mese sulla rivista PLoS Currents) che hanno appurato come il virus dell’influenza suina sia in grado di penetrare in maniera più profonda nei tessuti polmonari rispetto al normale virus dell’influenza stagionale.Uno dei motivi per cui questo tipo di influenza risulta più grave e pericolosa per alcune persone dunque consisterebbe nel fatto che è in grado di colpire un maggior numero di cellule.Secondo il nuovo studio, pubblicato recentemente sulla rivista Nature Biotechnology, l’influenza suina attacca i polmoni in profondità, mentre le cellule target dell’influenza stagionale restano quelle del naso, della gola e delle vie respiratorie superiori.
Il meccanismo che porta l’influenza suina a penetrare in profondità nei tessuti polmonari è semplice: il virus si lega ai recettori presenti all’esterno delle cellule riuscendo in questo modo a dirottarle ed a raggiungerne altre da infettare.
E’ anche vero, sostengono i ricercatori, che una volta entrato profondamente nei polmoni il virus diventa via via più debole nella sua attività, a differenza del virus dell’influenza stagionale che, legato alle cellule del sistema respiratorio superiore, mantiene la sua forza più a lungo.
La preoccupazione potrebbe sorgere qualora il virus, mutando, diventasse altrettanto virulento anche in profondità.
Se tale mutazione del virus finora non è stata registrata, è tuttavia importante per i ricercatori sapere come questo è in grado di diffondersi, per approntare le necessarie difese e far fronte in maniera efficace ad una sua eventuale evoluzione.

1 commento:

claudio sauro ha detto...

E' significativo che io curi da molti mesi pazienti con gli stessi sintomi dell'influenza suina, diarrea, vomito o nausea, cefalea ed in più spesso frequenti focolai broncopolmonari, ma questo prima che che si tirasse in ballo la storia dell'inflenza suina.
Perchè questa influenza da una forte diminuzione delle difese immunitarie, ma i focolai virali broncopolmonari da soli non sono mortali (a differenza della polmonite varicellosa per la quale ho perso un ragazzo di 18 anni nel 1980), diventano pericolosi perchè si sovrappongono dei ceppi batterici generalmente resistenti ad i comuni antibiotici.
Questi ceppi finora hanno sempre risposto bene ad i chinolonici, altrimenti penso si possano usare anche altri antibiotici per via iniettiva.
Ma poichè i chinolonici si possono somministrare facilmente per via orale, io li utilizzo sempre perchè rispondono bene anche negli anziani.
Nota bene però che l'influenza si è manifestata prevalentemente nella popolazione di mezza età e nei bambini.
Dare un chinolonico ad un bambino può essere piuttosto rischioso perchè potrebbe indurre crisi convulsive, per cui è meglio utilizzare un antibiotico iniettivo ad ampio spettro.
Relativamente alla vaccinazione, abbiamo avuto una riunione medica alcune sere fa, e sono sorti dei problemi in quanto non si sa ancora quando il vaccino sarà disponibile ed inoltre quante dosi saranno disponibili.
Inoltre si sa per certo che il vaccino della febbre suina da una notevole reazione in sede di inezione, ed inoltre non si conoscono gli effetti a lungo termine.
La maggior parte dei miei colleghi ha manifestato il desiderio di non farlo (a parte uno che si dichiarava disponibile)