venerdì 22 febbraio 2013

Una ricerca mira a rivelare un'ipotetica quinta forza fondamentale della natura dovuta all'interazione a lunga distanza tra gli spin delle particelle.

Rappresentazione artistica dello schema sperimentale: lo spin degli elettroni posti all'interno del mantello terrestre dovrebbe interagire, in linea teorica, con lo spin delle particelle sulla superficie (Marc Airhart (University of Texas at Austin) and Steve Jacobsen (Northwestern University)).
Fonte: Le Scienze
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Una ricerca mira a rivelare un'ipotetica quinta forza fondamentale della natura dovuta all'interazione a lunga distanza tra gli spin delle particelle. L'apparato sperimentale con cui verificare questa forza sconosciuta è il nostro pianeta, in particolare i minerali ferrosi che abbondano nel mantello terrestre. Se confermata, questa interazione permetterebbe di studiare punti del mantello inaccessibili con le tecniche attuali.
La viscere della Terra potrebbero diventare un apparato sperimentale naturale per rivelare gli effetti di un'ipotetica "quinta forza". Se venisse confermata, quest'ultima potrebbe per converso fornire un nuovo metodo con cui studiare in dettaglio la composizione degli strati più profondi del nostro pianeta. Sono le due conclusioni speculari di un articolo firmato dai ricercatori dell’Amherst College e dell’Università del Texas a Austin sulla rivista “Science”.

Come si può leggere in un qualsiasi testo di fisica, in natura ci sono quattro forze fondamentali: gravitazionale, elettromagnetica, nucleare forte e nucleare debole. La quinta forza, un’ipotesi formulata da una parte della comunità dei fisici, legherebbe gli spin delle particelle a lunga distanza. Molte estensioni del modello standard prevedono infatti l’esistenza di nuove particelle, che verrebbero scambiate in modo virtuale tra fermioni, cioè tra particelle caratterizzate da valori di spin multipli dispari di 1/2. Tutto questo determinerebbe l’esistenza di interazioni spin-spin molto diverse da quelle che emergono nel contesto dell’elettromagnetismo e che risulterebbero dallo scambio di un bosone vettore (una particella cioè dello stesso tipo di quelle che mediano le forze fondamentali conosciute). Un'altra possibilità contemplata dagli autori è che l'interazione spin-spin sia mediata da una particella ancora più esotica chiamata unparticle, di massa nulla.
Il fatto che l'interazione sia a lunga distanza, consentirebbe in linea di principio di collegare la materia che si trova sulla superficie terrestre con quella a migliaia di chilometri di profondità, cioè nel mantello, lo spesso strato che separa la crosta terrestre dal nucleo ferroso del nostro pianeta. Secondo
gli autori dello studio, proprio l’interazione tra particelle lontane fornirebbe informazioni preziose su una parte del nostro pianeta che risulta inaccessibile con i metodi tradizionali.

In base al modello geologico attuale, il mantello è costituito in gran parte da minerali del ferro. Gli atomi in questi minerali e le particelle da cui sono composti gli atomi stessi sono immersi nel campo magnetico terrestre e quindi i loro spin hanno una specifica orientazione.

I ricercatori coordinati da Larry Hunter, professore di fisica dell’Amherst College, hanno realizzato innanzitutto un modello al computer per mappare i valori attesi delle densità e delle direzioni degli elettroni dei minerali delle viscere della Terra, che hanno chiamato geolettroni. Questi dati sono stati combinati con alcuni risultati ottenuti dal laboratorio di Jung-Fu "Afu" Lin, professore associato della Jackson School of Geosciences dell'Università del Texas e coautore dello studio, che riguardano gli spin elettronici in minerali sottoposti a condizioni di alta temperatura e pressione, paragonabili a quelle presenti all’interno della Terra. L’obiettivo era verificare se gli spin di elettroni, neutroni e protoni in vari laboratori della Terra potessero avere differenti energie in funzione della direzione in cui sono orientati rispetto al campo geomagnetico. Il confronto ha per ora fornito un limite superiore alla presenza dell'interazione spin-spin tra due elettroni, la cui intensità è risultata inferiore a circa un millesimo di quella della forza gravitazionale.

“Sappiamo per esempio che un magnete ha un’energia più bassa quando è orientato parallelamente al campo geomagnetico: è il principio di funzionamento della bussola”, ha sottolineato Hunter. “Nei nostri esperimenti riusciamo a eliminare questa interazione magnetica e a verificare se esiste qualche ‘altra’ interazione che possa essere interpretata come un’interazione a lunga distanza tra gli spin del nostro apparato e gli spin degli elettroni che si trovano all’interno della Terra, allineati con il campo magnetico terrestre. È questa l’interazione spin-spin a distanza che cerchiamo”.

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