Fonte: Le Scienze
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Lo studio ha rivelato che non tutte le parti del genoma sono ugualmente interessate da mutazioni e che uno specifico tipo di mutazione dà conto di quasi la metà di esse.
Un gruppo di ricercatori del Max Planck Institut per la biologia dello sviluppo a Tübingen, in Germania, e dell'Università dell'Indiana a Bloomington è riuscito per la prima volta a misurare direttamente la velocità con cui si verificano le mutazioni nelle piante. La scoperta, di cui viene riferito in un articolo pubblicato su "Science" getta nuova luce su un processo fondamentale dell'evoluzione e contribuisce a spiegare perché la resistenza agli erbicidi possa comparire nel giro di pochi anni. Oggi confrontare i genomi di animali o piante imparentate è un lavoro sostanzialmente di routine. In questi confronti, tuttavia, vengono ignorate le mutazioni che sono andate perse nel corso dei milioni di anni che separano le diverse specie dal loro antenato comune. In questo studio i ricercatori hanno cercato di individuare le tracce dell'evoluzione prima che si mettesse in opera la selezione e per farlo hanno seguito passo passo tutti i cambiamenti genetici che si sono verificati nel corso di 30 generazioni in cinque linee filogenetiche di Arabidopsis thaliana. Dall'accurata analisi di tutti questi genomi i ricercatori, diretti da Detlef Weigel, hanno potuto desumere che ne corso di pochi anni una ventina di coppie di basi è risultata mutata in ciascuna delle cinque linee. "La probabilità che una qualsiasi lettera del genoma cambi in una singola generazione è dunque di una si 140 milioni", ha detto Michael Lynch, che ha partecipato alla ricerca. Altrimenti detto, ogni seme ha in media una mutazione in ciascuna delle due copie di genoma che eredita per via materna e paterna. Il numero di mutazioni per individuo può sembrare molto esiguo, ma se si considera che ciò significa che in una popolazione di 60 milioni di pante ciascuna lettera del genoma è cambiata almeno una volta e che ogni pianta di Arabidopsis produce migliaia di semi per generazione, la prospettiva cambia. Lo studio ha peraltro rivelato che non tutte le parti del genoma sono interessate da mutazioni nella stessa misura e che uno specifico tipo di mutazione (G:C→A:T) dava conto di quasi la metà di tutte le mutazioni rinvenute. Sulla base di questi nuovi dati, i ricercatori hanno poi stimato che la separazione di A. thaliana dalla sua specie più prossima, A. lyrata, potrebbe essere avvenuta non cinque milioni di anni fa, come finora si è ritenuto, ma ben 20 milioni di anni fa. I ricercatori ritengono che un'analoga analisi condotta su altre piante e altri animali potrebbe condurre a una revisione delle stime relative al momento di domesticazione di diverse specie. (gg)
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