martedì 19 gennaio 2010

Shiva ...la macchina che serve a "sperimentare" i terremoti.


Fonte: Corriere.it

Entrata in funzione all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di Roma.
Ecco la «macchina dei terremoti»
Serve a studiare come vengono stritolate le rocce più resistenti dalle scosse sismiche. Obiettivo: comprendere il meccanismo di questi fenomeni e prevederli.

MILANO - Mentre il mondo guarda inorridito le immagini di morte e distruzione che vengono da Haiti, nei laboratori dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) di Roma è entrata in funzione Shiva, la più potente macchina esistente in un laboratorio europeo per studiare i processi che accompagnano la frattura delle rocce allo scatenarsi di un grande terremoto. Si tratta di un apparato che è la combinazione di un tornio e di una pressa, dalle prestazioni eccezionali perché è capace di imprimere a un campione di roccia velocità e pressioni del tutto simili a quelle che si manifestano allo scattare di un terremoto, quando nelle rocce profonde o superficiali della Terra si apre una frattura (detta anche faglia) i cui lembi sfregano e scorrono, generando spesso onde sismiche distruttive e liberando energie paragonabili a quelle di ordigni nucleari. Come si vede nel filmato dell'Ingv, la fusione anche dei più duri e resistenti materiali rocciosi, in poche frazioni di secondo, è proprio quel che succede lungo le superfici di scorrimento delle rocce. Il geofisico dell’Ingv Giulio Di Toro, responsabile del gruppo sperimentale che si dedica a questi studi, ricorda che Shiva, nella mitologia indù, è la divinità della distruzione, ma in questo caso il nome sta per «Slow to High Velocity Apparatus», con riferimento alle prestazioni dello straordinario apparecchio.


MODELLO SPERIMENTALE-Com’è possibile, dall’analisi del comportamento di un campione roccioso di pochi grammi (nel caso del video messo online dall’Ingv si tratta di «gabbro», ossia una roccia vulcanica intrusiva), trarre informazioni su fenomeni così imponenti come i processi di fagliazione, che spesso interessano porzioni di rocce lunghe decine di chilometri? «Il nuovo apparato sperimentale installato all’Ingv consente di studiare l’attrito delle rocce quando sono sottoposte a condizioni di sollecitazione tipiche di un terremoto: velocità di scivolamento fino a 10 metri al secondo e pressioni pari allo spessore di diversi chilometri di roccia –spiega Di Toro-. Dovendo impiegare provini di pochi centimetri di diametro, altrimenti la macchina avrebbe costi spropositati, siamo in grado di determinare il comportamento meccanico della roccia campione solo in un punto della faglia. Per estendere lo studio a tutta la faglia, gli studi sperimentali di dettaglio vanno integrati da quelli diretti delle faglie naturali . A questo scopo, stiamo conducendo una serie di ricerche nelle Alpi, dove affiorano delle faglie ormai inattive, per studiarne la geometria. Così, sommando studi sperimentali con studi sul terreno, possiamo avere una visione più completa della meccanica dei terremoti». Shiva fa parte di un progetto di più ampio respiro, finanziato dalla Unione Europea, che comprende rilevamenti geologici, mineralogici e geochimici, con l’obiettivo di mettere insieme informazioni aggiuntive rispetto a quelle ricavabili dalla sola analisi dei tracciati sismici, nella speranza di arrivare a una migliore comprensione dei meccanismi che precedono e accompagnano la rottura delle faglie sismogenetiche, e di poter formulare previsioni attendibili su dove e quando si manifesteranno almeno le scosse più distruttive.

Franco Foresta Martin
15 gennaio 2010

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