martedì 1 settembre 2009

ELEA, IL PRIMO COMPUTER ITALIANO

Fonte:
a cura di Davide Coero Borga

Grande come un campo da tennis. Alto come un frigorifero. Un peso di 100 tonnellate e un consumo di 20 kilowattora. Era tra i primi computer al mondo. Per scoprire la sua storia siamo tornati indietro nel tempo di 50 anni, con una sigla: CEP, calcolatrice elettronica pisana.La prima calcolatrice elettronica a valvole, il primo computer della storia italiana, è nata a Pisa grazie al lavoro di giovani fisici ed elettronici reclutati da un cinese venuto dall'America che si chiamava Mario Tchou. Figlio di un diplomatico ed ex ambasciatore della Cina imperiale presso il Vaticano, Mario Tchou si è laureato al politecnico di Brooklyn e a 28 anni era già docente alla Columbia University di New York. Lo ha riportato in Italia Adriano Olivetti e gli ha dato l'incarico di formare un gruppo di lavoro capace di progettare e costruire un calcolatore elettronico tutto italiano.L'Olivetti, allora leader nel campo delle macchine da ufficio basate sulla meccanica, aveva la necessità di avviare un'iniziativa strategica per entrare nel settore, ancora pionieristico, dei calcolatori elettronici. Il lavoro di Tchou ha portato alla realizzazione della CEP e, poco tempo dopo, alla costruzione dell'ELEA. Presentato alla Fiera di Milano del 1959, era il più grande computer dell'epoca.Tchou ha raccolto i migliori cervelli italiani. Tutti giovani: "perché le cose nuove si fanno solo con i giovani. Solo i giovani ci si buttano dentro con entusiasmo, e collaborano in armonia senza personalismi e senza gli ostacoli derivanti da una mentalità consuetudinaria". E proprio uno di quei ragazzi, Renato Betti, oggi docente del Politecnico di Milano, è stato in trasmissione con noi per raccontarci quella storia.

Ascolta l'intervista a Renato Betti:
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Adriano Olivetti ha intuito che l'ingegno che animava il nostro Paese alla fine degli anni Cinquanta, poteva rendere l'Italia capace di competere ai massimi livelli sul piano scientifico e tecnologico. Natalia Levi Ginzburg, in Lessico famigliare, scrive di Olivetti: "Era timido e silenzioso, ma quando parlava, parlava allora a lungo e a voce bassissima, e diceva cose confuse ed oscure, fissando il vuoto con i piccoli occhi celesti, che erano insieme freddi e sognanti".Il settore meccanico e quello elettronico sono rimasti divisi, come le rispettive sedi, a Ivrea e a Borgolombardo. Forse, col tempo, sarebbe potuta andare diversamente. Ma il destino ha preceduto la perseveranza: Adriano è scomparso improvvisamente nel 1960, seguito l'anno successivo da Mario Tchou, morto a 37 anni in un incidente stradale.
Ma ancora oggi in provincia di Arezzo resiste un esemplare funzionante di quei primi calcolatori. Si tratta di un ELEA 9003/02. È conservato presso l'ISIS Enrico Fermi di Bibbiena. Qui abbiamo incontrato Stefano del Furia, docente di informatica e custode di questo gigantesco computer
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Ascolta l'intervista a Stefano del Furia:
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L'Olivetti ELEA 9003 non è stato soltanto il primo calcolatore elettronico italiano, ma anche uno dei primissimi al mondo costruito interamente a transistor. Consentiva prestazioni (velocità e affidabilità) assai maggiori e dimensioni molto più contenute rispetto ai precedenti sistemi a valvole. Oltre alla completa transistorizzazione, presentava soluzioni d'avanguardia anche dal punto di vista logico e funzionale, come la possibilità di operare in multiprogrammazione (fino a 3 processi in parallelo), il concetto di "interrupt" e la capacità di gestire un'ampia gamma di unità periferiche.Capace di elaborare 100.000 informazioni al secondo, con una memoria a nuclei di ferrite espandibile da 20 a 160 KB, l'ELEA 9003 gestiva fino a 20 unità a nastro magnetico, per una capacità complessiva di oltre 500 MB.

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