Fonte: La Stampa
Al Cern un test senza precedenti decifra le metamorfosi del riscaldamento globale e il ruolo del Sole. "I raggi cosmici generano gli ioni intorno ai quali si formano i cumuli: così replicheremo il processo in laboratorio".
di DAVIDE PATITUCCI:
La data si avvicina: il 7 dicembre si aprirà a Copenaghen la conferenza sul clima dell’Onu e i delegati di 194 Paesi dovranno decidere quali contromisure prendere per contrastare il riscaldamento del Pianeta. L’accordo resta lontano, soprattutto tra i Paesi più ricchi - per anni i grandi inquinatori - e le economie emergenti, Cina e India in testa, poco inclini ad accettare vincoli a una crescita sempre impetuosa. Intanto, anche gli scienziati si preparano a questa scadenza che molti giudicano decisiva e intervengono nel dibattito con l'unico strumento a loro disposizione: il rigore del metodo galileiano. Intanto, nel più grande laboratorio di fisica del mondo, il Cern di Ginevra, gli studiosi si apprestano a dare il via, quasi in contemporanea all’accensione dell’acceleratore di particelle Lhc, all'esperimento «Cloud» (l’acronimo, che sta per «Cosmic leaving outdoor droplets», è il termine inglese di nuvola): per la prima volta utilizzerà proprio un acceleratore di particelle per ricreare in laboratorio una delle realtà più evanescenti in natura, le nuvole. E’ un tentativo senza precedenti, che, in realtà, ha un’origine antica: l’idea di coinvolgere il laboratorio di Ginevra in questo tipo di studio nasce alcuni anni fa, in seguito alla partecipazione dell'ex direttore del Cern stesso, Robert Aymar, a una sessione dei Seminari di Erice dedicata ai mutamenti climatici. Scopo del progetto, a cui prendono parte una ventina d'istituti di Russia, Usa e Unione Europea, è studiare l'influenza sulla formazione delle nuvole, e di conseguenza sul clima terrestre, dei raggi cosmici, il cui flusso è correlato all'attività del Sole.Il momento sembra particolarmente azzeccato. La nostra stella, anche se non ce ne accorgiamo, sembra essersi un po’ addormentata. Da quasi 700 giorni, ormai, la sua superficie non presenta macchie, come rilevano le immagini della sonda europea «Soho». Un record assoluto da quando (era la prima metà dell'Ottocento) si raccoglie questo tipo di dati. Una condizione che sta mettendo in allerta gli studiosi, come dimostra «Sky&Telescope», la rivista di astronomia più diffusa al mondo, che ha dedicato al fenomeno la copertina con un titolo eloquente: «Che cosa non funziona nel nostro Sole?».Le macchie solari, regioni della fotosfera caratterizzate da una temperatura più bassa rispetto al resto della superficie, furono osservate per la prima volta da Galileo Galilei 400 anni fa. Caratterizzate da una periodicità di circa 11 anni, la loro assenza è spesso associata a un irrigidimento delle temperature sulla Terra. Sarebbe bastato che il genio pisano fosse vissuto alcuni decenni dopo, tra il 1645 e il 1715, e non avrebbe visto nulla. In quel periodo, infatti, la nostra stella attraversò una fase di letargo, battezzata «minimo di Mauner». Una lunga quiete, accompagnata sul nostro pianeta da un calo della temperatura globale, noto come piccola era glaciale. «Le prove di un collegamento tra la storia climatica della Terra e l'attività solare sono talmente marcate che non è più possibile ignorarle», dice adesso Jasper Kirkby, portavoce del progetto «Cloud».E aggiunge: «Se le variazioni nel Sole sembrano condizionare il clima terrestre, il meccanismo con cui ciò avviene, però, non è noto. Scopo di “Cloud”, quindi, è capire attraverso lo studio delle interazioni dei raggi cosmici - le “ceneri” del Big Bang formate perlopiù da protoni, con aerosol e particelle di vapore acqueo in sospensione - se questi fasci energetici possono o meno avere un ruolo nella formazione delle nuvole. Nell'ultimo secolo, infatti, il vento solare, una pioggia di particelle che si staccano dalla fotosfera e come tanti minuscoli proiettili investono la Terra, ha prodotto un aumento della schermatura contro i raggi cosmici del 15%, con la conseguente diminuzione della copertura nuvolosa».Ma come si formano le nuvole? Secondo gli scienziati del Cern, quando i raggi cosmici entrano nell'atmosfera, sottraggono elettroni ai gas circostanti, lasciando una scia di molecole cariche, gli ioni. E’ attorno a questi ioni che si aggregano poi alcune particelle di aerosol, fino a formare dei nuclei di condensazione, che, legando in successione molecole d'acqua, generano le nuvole. Un processo che ora, a Ginevra, gli studiosi cercheranno di replicare in una camera di tre metri di diametro, utilizzando al posto dei raggi cosmici un fascio di particelle generato da un sincrotrone. «Il vantaggio di questo esperimento rispetto alle tradizionali osservazioni atmosferiche - precisa Kirkby - è che potremo per la prima volta controllare il flusso dei raggi cosmici e ciò che succede nella camera, osservando in dettaglio le tappe del processo. Si tratta di un progetto ambizioso ed eccitante, perché la sua natura interdisciplinare unisce specialisti di diverse materie, tra cui fisici dell'atmosfera, chimici, fisici solari e delle particelle. Studieranno il fenomeno da prospettive differenti e quindi le probabilità di successo saranno maggiori». Chi è Jasper Kirkby FisicoRUOLO: E’ IL RESPONSABILE DELPROGETTO «CLOUD»RICERCHE: PROGETTAZIONE DI ACCELERATORI DI PARTICELLEIL SITO: HTTP://PUBLIC.WEB.CERN.CH/ PUBLIC/WELCOME.HTML
1 commento:
Io vorrei sapere se esiste effettivamente una relazione fra macchie solari e temperatura sulla terra.
Effettivamente durante la piccola era glaciale( dopo Galileo) vi è stata una riduzione della temperatura accompagnata dalla scomparsa delle macchie solari, però sappiamo che la temperatura terrestre è legata ad altri fattori, es l'inclinazione dell'asse, l'aatività vulcanica, ed almeno un altra decina che ora non ricordo ma che mi aveva elencato mio fratello docente universitario di geofisica (ora in pensione).
Inoltre si è constatata effettivamente una relazione frà la riduzione delle macchie del sole ed una riduzione dell'energia che il sole emette come luce e raggi cosmici?
Inoltre se consideriamo l'irraggiamento del sole sulla terra, di quanto sarebbe calato dopo che sono scomparse le macchie solari?
Sono state fatte delle misurazioni?
Si è potuto stabilire con certezza che una riduzione delle macchie corrisponde ad un minor irraggiamento del sole sulla terra.
Se questo fosse vero, di quanto è calato l'irraggiamento del sole?
Rispetto all'epoca di Galileo, una riduzione dell'attività solare sarebbe in grado di ridurre la temperatura sulla terra anche se esistono altri fattori come l'effetto serra che tendono ad aumentarla e che forse sono ancora più incisivi?
Alcune domande alle quali penso sia difficile dare risposta.
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