Fonte: Le Scienze
I risultati di una ricerca ventennale indicano che la resistenza di una faglia e il rischio sismico a essa collegato possono essere influenzati da eventi che avvengono anche dall'altra parte del globo.
Terremoti di grande intensità che avvengono in regioni remote sono in grado di esercitare effetti negativi sulla capacità di "tenuta" di faglie che si trovino anche all'estremo opposto del globo. E' questa una delle più significative scoperte di una ricerca pubblicata su "Nature" proprio all'indomani dei terremoti che hanno colpito le Samoa e Sumatra. Com'è ben noto, la possibilità di prevedere i terremoti si è sempre scontrata con la complessità che caratterizza l'attività sismica del pianeta, una complessità talmente elevata da nascondere le relazioni che potrebbero esserci almeno fra alcuni di essi.Ora, a conclusione di uno studio iniziato oltre vent'anni fa, un gruppo di geologi della Carnegie Institution, della Rice University e dell'Università della California a Berkeley è riuscito a individuare una "subdola" e sfuggente relazione che li può collegare. Paul Silver, Taka'aki Taira, Fenglin Niu e Robert Nadeau, i coordinatori dello studio, sono riusciti infatti a monitorare sottili cambiamenti nella resistenza di una faglia profonda, un fattore centrale per il verificarsi dei terremoti che finora però non era possibile misurare dalla superficie terrestre. Con sismometri di altissima precisione i ricercatori sono infatti riusciti a osservare la presenza di piccoli progressivi cambiamenti nelle onde sismiche che si propagano lungo la zona della faglia di San Andreas, particolarmente nella regione circostante Parkfield. Questi cambiamenti sono indice di un indebolimento della faglia e corrispondono a periodi di aumento della frequenza di lievi terremoti lungo la faglia."I terremoti si verificano quando una faglia cede, o a causa dell'aumento dello stress o a causa dell'indebolimento della faglia stessa. I cambiamenti nella resistenza della faglia sono molto più difficili da misurare dei cambiamenti nello stress, specialmente per le faglie profonde. Il nostro risultato apre eccitanti possibilità di monitoraggio del rischio sismico e di comprensione delle cause dei terremoti", ha spiegato Taira.La sezione della faglia di San Andreas studiata dai ricercatori, quella in prossimità di Parkfield, è per i geologi un "sorvegliato speciale", tanto che si sono dotati di una estesa e sofisticata rete di sismometri di ultima generazione e di altri strumenti di rilevazione di svariati parametri geofisici. Le registrazioni relative ai numerosi piccoli terremoti che interessano la regione hanno in particolare rivelato che all'interno della zona di faglia esistevano aree con fratture riempite di fluidi. Ciò che ha attirato l'attenzione degli studiosi è il fatto che di tanto in tanto queste aree si spostavano leggermente. E che proprio durante questi periodi, le serie di piccoli e ripetuti terremoti diventavano più frequenti, un fatto che indicava un indebolimento della faglia. "Il movimento del fluido in queste fratture lubrifica la zona di faglia e quindi la indebolisce", spiega Niu. "Lo spostamento complessivo dei fluidi è di appena dieci metri a una profondità di tre chilometri, e quindi sono necessari sismometri particolarmente sensibili per rilevare questi cambiamenti."I ricercatori hanno anche notato che in due occasioni questi spostamenti si sono verificati dopo che la zona di faglia era stata disturbata dalle onde sismiche provenienti da due imponenti terremoti avvenuti a grande distanza, uno dei quali era quello che nel 2004 ha interessato Sumatra e le isole Andamane: la pressione esercitata da quelle onde sismiche è stata sufficiente a provocare uno spostamento dei fluidi nella sezione della faglia di San Andrea sotto osservazione. "E' possibile dunque che la forza della faglia e il rischio di terremoti si influenzato da eventi che avvengono dall'altra parte del globo", ha concluso Niu. (gg)
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