Quattro differenti "marcatori" elettrofisiologici, fra loro convergenti e complementari, caratterizzano il pasaggio di un'informazione allo stato di coscienza da uno stato pre-conscio.
Quattro specifici, distinti processi si combinano per dare luogo alla "firma" che contraddistingue quell'attività cerebrale che noi esperiamo come coscienza. Lo dimostra una ricerca pubblicata sull'ultimo numero della rivista on line ad accesso pubblico PLoS Biology in cui Stanislas Dehaene, Lionel Naccache, Raphael Gaillard e collaboratori dell'INSERM, a Gif sur Yvette, in Francia, hanno studiato l'attività cerebrale di persone a cui erano stati presentati due differenti tipi di stimoli, uno percepibile coscientemente, l'altro no. L'esperimento è stato possibile grazie alla collaborazione di diversi pazienti che per la terapia di gravi forme di epilessia dovevano comunque essere sottoposti a un intervento per il posizionamento di una serie di micro-elettrodi nel cervello, rendendo così possibile la registrazione, con una risoluzione spaziale e temporale mai ottenuta in precedenza, dell'attività elettrofisiologica intracerebrale. I ricercatori hanno presentato loro su un monitor una serie di parole "mascherate" e non mascherate mentre misuravano i cambiamenti nell'attività cerebrale e il livello di consapevolezza della loro visione delle parole. Confrontando la risposta elettrofisiologica dei neuroni ai due differenti tipi di stimoli, i ricercatori hanno così potuto isolare quattro differenti marcatori elettrofisiologici fra loro convergenti e complementari che caratterizzano l'accesso di un'informazione alla coscienza 300 millisecondi dopo la percezione. Tutte le misure hanno lasciato intravedere un coinvolgimento in uno stato di riverberazione di attività cerebrale a vasto raggio. "Questo lavoro suggerisce che una più matura concezione dei processo di coscienza dovrebbe considerare, invece di un unico marcatore (il correlato neuronale della coscienza). Uno schema di attivazione distribuito e coerente dell'attività cerebrale", spiega Lionel Naccache. I risultati vanno a corroborare il modello di coscienza che prevede l'esistenza di uno spazio di lavoro globale, e che ipotizza che un'informazione in arrivo diventi cosciente quando vengono soddisfatte tre condizioni. In primo luogo, l'informazione deve essere rappresentata da reti di neuroni sensoriali, come quelli della corteccia visiva primaria. Inoltre, la rappresentazione deve durare sufficientemente a lungo per avere accesso al (o "arrivare all'attenzione del") secondo stadio di elaborazione distribuita nella corteccia cerebrale, il principale centro di associazione fra tipi differenti di informazione. Infine, questa combinazione di propagazione dell'informazione "dal basso verso l'alto" e di amplificazione dell'informazione "dall'alto verso il basso" deve innescare, attraverso l'attenzione, un'attività coerente fra differenti centri cerebrali. Attività coerente che sarebbe quella, secondo il modello, che esperiamo come coscienza. Gli autori sottolineano che, secondo questo modello, la coscienza è sempre coscienza "di" qualcosa e che non esiste uno stato di coscienza "puro" svincolato dal contenuto del pensiero. (gg)
Quattro specifici, distinti processi si combinano per dare luogo alla "firma" che contraddistingue quell'attività cerebrale che noi esperiamo come coscienza. Lo dimostra una ricerca pubblicata sull'ultimo numero della rivista on line ad accesso pubblico PLoS Biology in cui Stanislas Dehaene, Lionel Naccache, Raphael Gaillard e collaboratori dell'INSERM, a Gif sur Yvette, in Francia, hanno studiato l'attività cerebrale di persone a cui erano stati presentati due differenti tipi di stimoli, uno percepibile coscientemente, l'altro no. L'esperimento è stato possibile grazie alla collaborazione di diversi pazienti che per la terapia di gravi forme di epilessia dovevano comunque essere sottoposti a un intervento per il posizionamento di una serie di micro-elettrodi nel cervello, rendendo così possibile la registrazione, con una risoluzione spaziale e temporale mai ottenuta in precedenza, dell'attività elettrofisiologica intracerebrale. I ricercatori hanno presentato loro su un monitor una serie di parole "mascherate" e non mascherate mentre misuravano i cambiamenti nell'attività cerebrale e il livello di consapevolezza della loro visione delle parole. Confrontando la risposta elettrofisiologica dei neuroni ai due differenti tipi di stimoli, i ricercatori hanno così potuto isolare quattro differenti marcatori elettrofisiologici fra loro convergenti e complementari che caratterizzano l'accesso di un'informazione alla coscienza 300 millisecondi dopo la percezione. Tutte le misure hanno lasciato intravedere un coinvolgimento in uno stato di riverberazione di attività cerebrale a vasto raggio. "Questo lavoro suggerisce che una più matura concezione dei processo di coscienza dovrebbe considerare, invece di un unico marcatore (il correlato neuronale della coscienza). Uno schema di attivazione distribuito e coerente dell'attività cerebrale", spiega Lionel Naccache. I risultati vanno a corroborare il modello di coscienza che prevede l'esistenza di uno spazio di lavoro globale, e che ipotizza che un'informazione in arrivo diventi cosciente quando vengono soddisfatte tre condizioni. In primo luogo, l'informazione deve essere rappresentata da reti di neuroni sensoriali, come quelli della corteccia visiva primaria. Inoltre, la rappresentazione deve durare sufficientemente a lungo per avere accesso al (o "arrivare all'attenzione del") secondo stadio di elaborazione distribuita nella corteccia cerebrale, il principale centro di associazione fra tipi differenti di informazione. Infine, questa combinazione di propagazione dell'informazione "dal basso verso l'alto" e di amplificazione dell'informazione "dall'alto verso il basso" deve innescare, attraverso l'attenzione, un'attività coerente fra differenti centri cerebrali. Attività coerente che sarebbe quella, secondo il modello, che esperiamo come coscienza. Gli autori sottolineano che, secondo questo modello, la coscienza è sempre coscienza "di" qualcosa e che non esiste uno stato di coscienza "puro" svincolato dal contenuto del pensiero. (gg)
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