Fonte: WIKIPEDIA
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La teoria delle catastrofi è una teoria matematica della morfogenesi, iniziata dal matematico e filosofo francese René Thom negli anni '50 e '60, e rappresenta un originale tentativo di applicazione dei più recenti risultati della topologia all'interpretazione dei fenomeni naturali.
Thom suggerì dunque di impiegare la teoria topologica dei sistemi dinamici, avente la sua origine negli studi effettuati da Henri Poincaré, per modellare i mutamenti discontinui che si presentano con una certa frequenza nei fenomeni naturali, in particolare in biologia. Esempi significativi di cambiamenti improvvisi causati da piccole alterazioni nei parametri del sistema sono le transizioni di fase, i movimenti tellurici, i cedimenti strutturali, i crolli dei mercati finanziari. Thom evidenziò inoltre l'importanza, in questo contesto, della stabilità strutturale, intesa come insensibilità del sistema a piccole perturbazioni, rimarcando il fatto che tale requisito implica che il sistema stesso può essere descritto localmente da una di sette forme standard, le cosiddette catastrofi elementari.
Nel linguaggio matematico, una catastrofe è un punto critico (o stazionario, o singolare) degenere (o non regolare) di una superficie liscia (ovunque derivabile) definita in uno spazio euclideo di dimensione n, in quanto a tali punti corrispondono biforcazioni radicali nel comportamento del sistema. Nel caso n=2, è facile mostrare che, per le curve lisce, si hanno solo tre tipologie di punti critici, ossia i punti di massimo locale, minimo locale ed i punti di flesso. Mentre gli estremi locali rappresentano punti critici non degeneri, i flessi sono invece punti critici degeneri, e pertanto rappresentano altrettante catastrofi.
Tale nuova impostazione nell'analisi dei fenomeni complessi si basa su una constatazione teorica molto rilevante, cioè sul fatto che in un dominio definito di fenomeni, per esempio una scatola contenente diverse sostanze chimiche, in un tempo relativamente breve, si raggiungono degli equilibri dinamici, che dipendono dalle condizioni iniziali del preparato, per cui per esempio, a seconda delle dosi iniziali i possibili domini di equilibrio possono essere 2.Chiaramente tra una condizione iniziale che porta all'equilibrio 1, e quella che porta all'equilibrio 2, esistono delle condizioni iniziali (instabili), per le quali non è possibile prevedere se il risultato sarà 1 o 2, in questi casi, si dice che il sistema è in condizioni "catastrofiche", nel senso che una piccola variazione delle concentrazioni iniziali in una direzione o l'altra, può comportare fortissime differenze sui risultati finali. Ebbene, la scoperta di Renè Thom consiste nel fatto che i punti di instabilità non sono soggetti a configurazioni caotiche, ma sono soggetti a forme topologicamente stabili e ripetibili, che peraltro, sono anche indipendenti dal substrato, nel senso che le forme di stabilità del caos sono indipendenti dal fenomeno fisico analizzato, sia esso fisico, chimico, biologico, linguistico, storico, psicologico o altro ancora.
Tali forme sono appunto le sette catastrofi elementari; lo stesso Thom le ha battezzate come segue:
Thom suggerì dunque di impiegare la teoria topologica dei sistemi dinamici, avente la sua origine negli studi effettuati da Henri Poincaré, per modellare i mutamenti discontinui che si presentano con una certa frequenza nei fenomeni naturali, in particolare in biologia. Esempi significativi di cambiamenti improvvisi causati da piccole alterazioni nei parametri del sistema sono le transizioni di fase, i movimenti tellurici, i cedimenti strutturali, i crolli dei mercati finanziari. Thom evidenziò inoltre l'importanza, in questo contesto, della stabilità strutturale, intesa come insensibilità del sistema a piccole perturbazioni, rimarcando il fatto che tale requisito implica che il sistema stesso può essere descritto localmente da una di sette forme standard, le cosiddette catastrofi elementari.
Nel linguaggio matematico, una catastrofe è un punto critico (o stazionario, o singolare) degenere (o non regolare) di una superficie liscia (ovunque derivabile) definita in uno spazio euclideo di dimensione n, in quanto a tali punti corrispondono biforcazioni radicali nel comportamento del sistema. Nel caso n=2, è facile mostrare che, per le curve lisce, si hanno solo tre tipologie di punti critici, ossia i punti di massimo locale, minimo locale ed i punti di flesso. Mentre gli estremi locali rappresentano punti critici non degeneri, i flessi sono invece punti critici degeneri, e pertanto rappresentano altrettante catastrofi.
Tale nuova impostazione nell'analisi dei fenomeni complessi si basa su una constatazione teorica molto rilevante, cioè sul fatto che in un dominio definito di fenomeni, per esempio una scatola contenente diverse sostanze chimiche, in un tempo relativamente breve, si raggiungono degli equilibri dinamici, che dipendono dalle condizioni iniziali del preparato, per cui per esempio, a seconda delle dosi iniziali i possibili domini di equilibrio possono essere 2.Chiaramente tra una condizione iniziale che porta all'equilibrio 1, e quella che porta all'equilibrio 2, esistono delle condizioni iniziali (instabili), per le quali non è possibile prevedere se il risultato sarà 1 o 2, in questi casi, si dice che il sistema è in condizioni "catastrofiche", nel senso che una piccola variazione delle concentrazioni iniziali in una direzione o l'altra, può comportare fortissime differenze sui risultati finali. Ebbene, la scoperta di Renè Thom consiste nel fatto che i punti di instabilità non sono soggetti a configurazioni caotiche, ma sono soggetti a forme topologicamente stabili e ripetibili, che peraltro, sono anche indipendenti dal substrato, nel senso che le forme di stabilità del caos sono indipendenti dal fenomeno fisico analizzato, sia esso fisico, chimico, biologico, linguistico, storico, psicologico o altro ancora.
Tali forme sono appunto le sette catastrofi elementari; lo stesso Thom le ha battezzate come segue:
piega;
cuspide;
coda di rondine;
farfalla;
ombelico ellittico o piramide;
ombelico iperbolico o portafoglio;
ombelico parabolico o fungo.
La teoria costituisce un importante antesignano della moderna teoria del caos e della teoria dei sistemi dissipativi sviluppata da Ilya Prigogine.
Nicholas Georgescu-Roegen, applicando il secondo principio della termodinamica all'economia, e in particolare all'economia della produzione, ha introdotto una teoria economica che discute i fondamentali della decrescita: ogni processo produttivo non diminuisce (e quindi incrementa irreversibilmente o lascia uguale) l'entropia del sistema-Terra: tanta più energia si trasforma in uno stato indisponibile, tanta più sarà sottratta alle generazioni future e tanto più disordine proporzionale sarà riversato sull'ambiente.
Nicholas Georgescu-Roegen (Costanza, 4 febbraio 1906 – Nashville, 30 ottobre 1994) è stato un economista rumeno, fondatore della bioeconomia (o economia ecologica).
Nato in Romania, si laureò in Statistica all'Università Sorbona di Parigi, ebbe importanti incarichi pubblici nel suo paese.
Nel 1946 emigrò negli Stati Uniti d'America; in passato aveva già avuto modo di conoscere quel paese dove si era già recato per studiare con Joseph A. Schumpeter che lo indirizzò verso gli studi in economia.
Fu professore di economia presso la Vanderbilt University di Nashville, Tennessee. La sua opera principale è The Entropy Law and the Economic Process pubblicata nel 1971.
Nato in Romania, si laureò in Statistica all'Università Sorbona di Parigi, ebbe importanti incarichi pubblici nel suo paese.
Nel 1946 emigrò negli Stati Uniti d'America; in passato aveva già avuto modo di conoscere quel paese dove si era già recato per studiare con Joseph A. Schumpeter che lo indirizzò verso gli studi in economia.
Fu professore di economia presso la Vanderbilt University di Nashville, Tennessee. La sua opera principale è The Entropy Law and the Economic Process pubblicata nel 1971.
Georgescu-Roegen (in particolare nelle opere posteriori al 1970), sostiene che qualsiasi scienza che si occupi del futuro dell'uomo, come la scienza economica, deve tener conto della ineluttabilità delle leggi della fisica, ed in particolare del secondo principio della termodinamica, secondo il quale alla fine di ogni processo la qualità dell'energia (cioè la possibilità che l'energia possa essere ancora utilizzata da qualcun altro) è sempre peggiore rispetto all'inizio.
Qualsiasi processo economico che produce merci materiali diminuisce la disponibilità di energia nel futuro e quindi la possibilità futura di produrre altre merci e cose materiali.
Inoltre, nel processo economico anche la materia si degrada ("matter matters, too"), ovvero diminuisce tendenzialmente la sua possibilità di essere usata in future attività economiche: una volta disperse nell'ambiente le materie prime precedentemente concentrate in giacimenti nel sottosuolo, queste possono essere reimpiegate nel ciclo economico solo in misura molto minore ed a prezzo di un alto dispendio di energia.
Materia ed energia, quindi, entrano nel processo economico con un grado di entropia relativamente bassa e ne escono con un'entropia più alta. Da ciò deriva la necessità di ripensare radicalmente la scienza economica, rendendola capace di incorporare il principio dell'entropia e in generale i vincoli ecologici.
Qualsiasi processo economico che produce merci materiali diminuisce la disponibilità di energia nel futuro e quindi la possibilità futura di produrre altre merci e cose materiali.
Inoltre, nel processo economico anche la materia si degrada ("matter matters, too"), ovvero diminuisce tendenzialmente la sua possibilità di essere usata in future attività economiche: una volta disperse nell'ambiente le materie prime precedentemente concentrate in giacimenti nel sottosuolo, queste possono essere reimpiegate nel ciclo economico solo in misura molto minore ed a prezzo di un alto dispendio di energia.
Materia ed energia, quindi, entrano nel processo economico con un grado di entropia relativamente bassa e ne escono con un'entropia più alta. Da ciò deriva la necessità di ripensare radicalmente la scienza economica, rendendola capace di incorporare il principio dell'entropia e in generale i vincoli ecologici.
Con il termine Bioeconomia si indica una teoria economica proposta da Nicholas Georgescu-Roegen per un'economia ecologicamente e socialmente sostenibile.
Egli riteneva che qualsiasi processo economico che produce merci materiali diminuisce la disponibilità di energia nel futuro e quindi la possibilità futura di produrre altre merci e cose materiali.
Inoltre, nel processo economico anche la materia si degrada ("matter matters, too"), ovvero diminuisce tendenzialmente la sua possibilità di essere usata in future attività economiche: una volta disperse nell'ambiente le materie prime precedentemente concentrate in giacimenti nel sottosuolo, queste possono essere reimpiegate nel ciclo economico solo in misura molto minore e a prezzo di un alto dispendio di energia. Tale principio è stato definito provocatoriamente dal suo autore, Georgescu-Roegen, Quarto principio della termodinamica.
Materia ed energia, quindi, entrano nel processo economico con un grado di entropia relativamente bassa e ne escono con un'entropia più alta. Da ciò deriva la necessità di ripensare radicalmente la scienza economica, rendendola capace di incorporare il principio dell'entropia e in generale i vincoli ecologici.
Parzialmente ispirata ai concetti della bioeconomia è la Permacultura, ossia l'insieme di pratiche agronomiche che si prefigge l'obiettivo di preservare la fertilità dei campi tramite imitazione della natura.
Egli riteneva che qualsiasi processo economico che produce merci materiali diminuisce la disponibilità di energia nel futuro e quindi la possibilità futura di produrre altre merci e cose materiali.
Inoltre, nel processo economico anche la materia si degrada ("matter matters, too"), ovvero diminuisce tendenzialmente la sua possibilità di essere usata in future attività economiche: una volta disperse nell'ambiente le materie prime precedentemente concentrate in giacimenti nel sottosuolo, queste possono essere reimpiegate nel ciclo economico solo in misura molto minore e a prezzo di un alto dispendio di energia. Tale principio è stato definito provocatoriamente dal suo autore, Georgescu-Roegen, Quarto principio della termodinamica.
Materia ed energia, quindi, entrano nel processo economico con un grado di entropia relativamente bassa e ne escono con un'entropia più alta. Da ciò deriva la necessità di ripensare radicalmente la scienza economica, rendendola capace di incorporare il principio dell'entropia e in generale i vincoli ecologici.
Parzialmente ispirata ai concetti della bioeconomia è la Permacultura, ossia l'insieme di pratiche agronomiche che si prefigge l'obiettivo di preservare la fertilità dei campi tramite imitazione della natura.
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