Fonte: Galileo
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Un gruppo di studenti dell'Università di Edimburgo ha realizzato microrganismi capaci di individuare con precisione gli ordigni.
Batteri ingegnerizzati in grado di localizzare le mine antipersona. Li hanno messi a punto alcuni studenti dell'Università di Edimburgo grazie al BioBricking, una tecnica che permette l'assemblaggio delle molecole batteriche a partire dai singoli elementi che le compongono, in una sorta di "Lego biochimico". I microrganismi così creati, innocui per persone e animali, reagiscono quando entrano in contatto con gli elementi chimici sprigionati dagli esplosivi sepolti sotto il suolo: spruzzando sul terreno una soluzione di batteri e reagenti, si formerebbero delle macchie verdi a indicare le zone che nascondono gli ordigni.
Secondo l'organizzazione Handicap International, ogni anno tra le 15.000 e le 20.000 persone muoiono o risultano ferite a causa di mine inesplose, ancora sotterrate in 87 paesi del mondo, tra cui Somalia, ex-Yugoslavia, Cambogia, Iraq ed Afghanistan. Le mine antipersona – di cui l'Italia è stata uno dei principali paesi produttori fino al 1994 – uccidono dieci volte più civili che soldati, e tre vittime su dieci sono bambini. Il principale freno all'eliminazione delle mine terrestri è di natura economica: il loro stesso uso sarebbe obsoleto se si scoprisse un metodo capace di rendere la rimozione meno costosa della costruzione e del posizionamento.
La soluzione proposta dagli studenti scozzesi renderebbe possibile bonificare aree estese con risultati visibili in poche ore. Inoltre, sebbene non ci siano ancora piani per commercializzare il prodotto, i ricercatori sostengono che la loro sia un'alternativa accessibile ed economica rispetto agli attuali sensori anti-mine. “Il nostro studio - spiegato Alistair Elfick, supervisore del progetto - mostra quanto le innovazioni scientifiche possano giovare alla società in senso ampio, e come grazie alle nuove tecnologie sia possibile manipolare le molecole destinandole a un uso specifico". (a.p.)
Riferimento: University of Edinburgh
Secondo l'organizzazione Handicap International, ogni anno tra le 15.000 e le 20.000 persone muoiono o risultano ferite a causa di mine inesplose, ancora sotterrate in 87 paesi del mondo, tra cui Somalia, ex-Yugoslavia, Cambogia, Iraq ed Afghanistan. Le mine antipersona – di cui l'Italia è stata uno dei principali paesi produttori fino al 1994 – uccidono dieci volte più civili che soldati, e tre vittime su dieci sono bambini. Il principale freno all'eliminazione delle mine terrestri è di natura economica: il loro stesso uso sarebbe obsoleto se si scoprisse un metodo capace di rendere la rimozione meno costosa della costruzione e del posizionamento.
La soluzione proposta dagli studenti scozzesi renderebbe possibile bonificare aree estese con risultati visibili in poche ore. Inoltre, sebbene non ci siano ancora piani per commercializzare il prodotto, i ricercatori sostengono che la loro sia un'alternativa accessibile ed economica rispetto agli attuali sensori anti-mine. “Il nostro studio - spiegato Alistair Elfick, supervisore del progetto - mostra quanto le innovazioni scientifiche possano giovare alla società in senso ampio, e come grazie alle nuove tecnologie sia possibile manipolare le molecole destinandole a un uso specifico". (a.p.)
Riferimento: University of Edinburgh
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