Social network, blog e microblogging. Avere centinaia di amici in rete, credendo che siano veri amici. Far sapere agli altri, in tempo reale, cosa si sta facendo o cosa si sta pensando. Scambiare foto con parenti e amici. Condividere ogni cosa. E ancora: fare comunicazione e informazione alternativa, ma creare anche strumenti sempre più perfezionati e coinvolgenti di marketing, se è vero che i profili personali - messi spontaneamente su Facebook - possono o potrebbero diventare stupende banche dati a fini commerciali. Questo - e altro ancora - è il mondo dei social network. Ieri MySpace, oggi Facebook, che vanta ormai oltre 250 milioni di utenti nel mondo. E domani: Twitter, la nuova piattaforma di microblogging che deve il suo successo crescente alla brevità dei testi (140 caratteri). Brevità che però consente ad ogni iscritto che lo utilizza di informare in tempo reale una grande quantità di follower, mandando i propri messaggi - o cinguettii (dal verbo inglese to twitter, che significa appunto cinguettare) – per informarli di ciò che si sta facendo.Esibizionismo? Narcisismo? Paura di essere soli e dell’anonimato? Forse. Ma è certo che l’innovazione tecnologica – ancora una volta - obbliga a modificare i comportamenti sociali e individuali. In meglio o in peggio? E che effetti stanno producendo questi social network sui giovani? Sono un mezzo di cui si può disporre, oppure alla fine si diventa talmente dipendenti da questa tecnica da perdere ogni identità e ogni libertà? I ragazzi sanno usare questo mezzo tecnico o ne sono tanto affascinati da perdere ogni controllo? Facebook e poi Twitter, sono davvero network sociali, oppure sono mode effimere, usa e getta, da sostituire con altre e più incredibili piattaforme? E fare rete è il nuovo modo di fare società, oppure è una modalità tecnica che distrugge la società? Sono tecniche che cambiano la società trasformandone i modi di socializzazione, di comunicazione, di organizzazione, di informazione, di divertimento. E come ogni tecnica, hanno due facce: libertà e creatività da un lato, dipendenza e minore libertà dall’altra. Perché su Facebook o su Twitter si va per essere visti, per farsi vedere e ri-conoscere dagli altri, unico modo per affermare il proprio io, negandolo allo stesso tempo. Un paradosso? No, effetto della tecnica, dalla catena di montaggio alla rete. Si perde la propria identità, ci si aliena dalla realtà, e si acquista l’identità offerta dalla macchina. Dover essere sempre connessi è dunque un’opportunità di socializzazione e di comunicazione tra persone, ma è anche una retorica – un nuovo conformismo - che rischia di uccidere ogni individualità?E’ davvero un mondo ambivalente e ambiguo, quello dei social network. Con molte possibilità di libertà e insieme molti rischi di non-libertà.Tra gli intervistati: Luca De Biase, responsabile di Nòva24, supplemento di innovazione e ricerca de Il Sole 24 Ore, e Giuseppe Sangiorgio, esperto di comunicazione.
Fonte: http://la1.rsi.ch/micromacro/welcome.cfm?idg=0&ids=1064&idc=39788
Nessun commento:
Posta un commento